Il convegno

Italia Startup: “Dal piano Industria 4.0 tante opportunità, non solo meno tasse”

All’incontro-confronto tra l’Associazione di rappresentanza dell’ecosistema e le Regioni è emerso uno scenario contrastante: terreno creativo fertile, ma restano burocrazia, scarsi investimenti e la mancata percezione di nuovi benefici. Come quelli del piano Calenda per la digitalizzazione delle industrie

Pubblicato il 10 Mar 2017

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Marco Bicocchi Pichi, presidente di Italia Startup

“Secondo l’ultimo sondaggio di Pagnoncelli il 69% degli italiani pensa che la crisi sia al suo picco e di questi il 39% si aspetta che il peggio debba ancora venire. Questa paura è frutto anche della non conoscenza degli sforzi fatti e di quanto di buono il sistema produttivo italiano sta producendo. Certo, si può migliorare. Ma il quadro è positivo”: è con queste parole che Marco Bicocchi Pichi ha introdotto il convegno di questa mattina, 10 marzo, alla Casa del Cinema di Villa Borghese a Roma. Assessori regionali, rappresentanti del Ministero dello Sviluppo Economico e della Commissione Attività Produttive della conferenza delle Regioni hanno risposto all’invito dell’associazione Italia Startup, presieduta da Bicocchi Pichi, e del partner Warrant Group, per discutere lo stato dell’arte dell’innovazione sui territori italiani. E per capire se e dove si possa osare di più. Come ha detto il presidente cinese a Davos, questo è sia il migliore sia il peggiore dei tempi. È il migliore perché la crescita mondiale è forte, perché mai così tante persone sono uscite dalla povertà e perché mai la produzione mondiale di beni e servizi è cresciuta così tanto. Ma è anche il peggiore perché non c’è percezione dei benefici di tutto questo” ha aggiunto Pichi.

Anche il quadro uscito dall’incontro è double face. Se da una parte c’è un tessuto creativo fertile e giovane, diffuso in tutte le Regioni invitate a parlare, dall’altro l’Italia e i suoi enti locali non riescono a risolvere gli atavici problemi: “Il nostro sistema è frammentato e parcellizzato come nessun altro al mondo. – ha continuato il presidente – e in più ci sono scarsi investimenti, nonostante il nostro Paese abbia uno dei surplus di risparmi privati più alti sulla scena mondiale. Ma c’è paura ad investire ed è difficile che il privato scommetta sulle startup”.

Mancano ordine una visione comune, quella che Italia Startup, l’associazione no profit che dal 2012 a oggi ha riunito 2151 soci fra startup seed, consolidate, aziende, incubatori e acceleratori, investitori, abilitatori e persone fisiche, ha provato a creare in collaborazione con Warrant Group: “Abbiamo messo on line un sito (www.finanziamentistartup.eu) che raggruppa tutti i finanziamenti pubblici a disposizione. Sono 130, segno che il pubblico la sua parte di soldi li mette. – ha esordito Fiorenzo Bellelli, presidente di Warrant Group – I problemi nascono altrove, dagli ostacoli burocratici, dalla difficoltà nel trovare partner nel mondo della finanza e delle imprese e infine nell’accesso ai finanziamenti, dove i fondi di garanzia sono troppo rigidi. Ci vorrebbe anche maggiore assistenza agli startupper perché a volte non si conoscono bene tutti gli strumenti a disposizione. Per esempio, nel piano Industria 4.0 non c’è soltanto la detassazione del 30%, ma anche molte altre opportunità”.

Stefano Firpo, direttore generale del Mise che da tre anni segue la politica su startup e PMI, presente per un saluto, ha confermato la necessità di un “coordinamento” fra tutti gli attori coinvolti nel processo innovativo, soprattutto per quanto riguarda “le infrastrutture pubbliche e la fase di accelerazione delle startup”. Anche se, ha ammesso Firpo, “quello dell’innovazione è un mondo talmente veloce che a volte la pubblica amministrazione fa fatica a stargli dietro”.

Cosa si muove, quindi, nelle Regioni italiane? Ci sono terreni fertili o visioni illuminate fra la Valle d’Aosta e la Sicilia? “In tutta Italia ci sono più di 5.500 startup innovative che danno lavoro ormai a più di 23mila persone. E soprattutto sono considerate il supporto della nuova rivoluzione digitale” ha fatto notare Manuela Bora, coordinatrice della Commissione Attività Produttive della Conferenza delle Regioni, nonché assessore delle Marche. Le Regioni fra l’altro sono responsabili della programmazione per l’utilizzo dei fondi europei del periodo 2014-2020 che tutti i 7 assessori presenti a Roma hanno dichiarato di destinare a fondi di supporto alle startup, anche se in maniere e forme diverse. “Nelle Marche, dove c’è un’impresa ogni dieci abitanti, abbiamo stanziato 8 milioni di euro per supportare le fasi di realizzazione e commercializzazione delle startup. – ha continuato Bora – Abbiamo 313 startup registrate, soprattutto nel manifatturiero, e centinaia di idee che ci arrivano. Il problema su cui ci stiamo concentrando è come aiutarle a superare la ‘valle della morte’, cioè quel passaggio da idea a prodotto da immettere sul mercato che in molte non riescono a risolvere”.

Un problema condiviso da Mauro Parolini, assessore della Lombardia: “Quello della mortalità delle startup è un prezzo che non possiamo permetterci di pagare, dobbiamo sviluppare un sistema di condivisione del rischio per cui non devono essere solo i giovani imprenditori a rischiare”. Più volte nel corso dell’incontro sono state invocate la necessità di internazionalizzare le imprese italiane per raggiungere una dimensione europea in grado di attirare investitori e capitali. Ma il gap con le potenze europee e mondiali sembra strutturato anche nell’approccio alla questione.

“Il Friuli e il Piemonte sono le uniche Regioni italiane considerate nello studio dei livelli di ricerca e innovazione a livello europeo e devo dire che noi ce la siamo cavata bene. – ha sottolineato Sergio Bolzonello, assessore della regione friulana – Trieste e Pordenone sono nella classifica delle 10 città più innovative per quanto riguarda, rispettivamente, la ricerca e il manifatturiero. Questo è possibile perché le nostre startup operano all’interno di un sistema che comprende le Università e le aziende locali che chiedono quello di cui hanno bisogno a queste nuove realtà, in un’ottica funzionante di open innovation”.

Il circolo virtuoso che collega startup, aziende, università e territorio ha più difficoltà ad attecchire in regioni come la Liguria “che ha il tasso di popolazione più anziana d’Europa” ha ammesso l’assessore Edoardo Rixi. Un caso a parte è la Regione Campania, grazie al centro per sviluppatori Apple aperto a Napoli qualche mese fa: “Intorno alla iOS accademy stiamo costruendo un polo dell’innovazione con una filiale dell’università e altre imprese del settore pronte a sviluppare non solo prodotti al cliente ma anche di entrare nelle filiera B2B. – ha raccontato l’assessore campana Valeria Fascione – Inoltre abbiamo dato borse di studio a studenti italiani ed europei per attirare talenti anche dall’estero”. Menzione finale per l’unico caso di finanziamento a sportello e non per bando, quello deciso dalla Regione Puglia che ha creato Puglia Sviluppo, una società finanziaria a cui presentare progetti da finanziare, così “evitiamo la dispersione e riusciamo a entrare nel merito di ogni progetto” ha spiegato Pierpaolo Caliandro, dirigente della società.

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