Eurosistema

Open innovation, come funziona l’acceleratore del gruppo Axel Springer

“Uffici, mentorship, 25mila euro e incontri settimanali con venture capitalist e grandi aziende”. I fratelli Senoner, altoatesini, raccontano come stanno sviluppando la loro app (per la gestione dei dipendenti fuori sede) nel Plug and Play di Berlino, l’incubatore dell’editore tedesco

Pubblicato il 31 Gen 2017

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Arno Senoner, founder di Retime

Un’app per organizzare i dipendenti fuori sede, i collaboratori esterni che lavorano fuori dall’ufficio. “La maggior parte degli uffici risorse umane sprecano tempo e risorse per avere informazioni sui collaboratori esterni, dai tempi di lavoro ai progetti da seguire, dalla malattia alle vacanze ai viaggi, scontrini, documenti d’identità e comunicazione. Noi abbiamo creato un’app che permette di avere sotto mano lavoro e progetto, locazione, dati salario, ordini e tickets, messaggi e documenti d’identità digitali. Un’app dedicata alle nuove aziende digitali post-cartacee, che vogliono avere informazioni in tempo reale e risparmiare fino a 1200 euro al mese per collaboratore esterno”.

A presentare la sua idea è Arno Senoner, 45 anni, altoatesino, che nel 2015 ha fondato a Bolzano insieme al fratello Peter, 37 anni, Retime, startup dedicata al settore delle risorse umane. Startup che non è passata inosservata all’ecosistema tedesco. Retime, infatti, è una delle nuove imprese italiane accelerate nel Plug and Play Accelerator di Berlino, l’acceleratore del gruppo editoriale tedesco Axel Springer che aiuta il lancio di startup con l’ambizione di farne grandi imprese, magari unicorni.

LA CLASSIFICA – Startup, i 10 migliori ecosistemi al mondo

“Io e mio fratello siamo entrati nel mondo dell’imprenditoria negli anni ’90: avevamo una web agency che si occupava di software – racconta Arno Senoner -. Dopo anni di lavoro, abbiamo deciso di cambiare direzione e di sviluppare un prodotto: il settore delle risorse umane ci sembrava perfetto perché è l’anello in comune fra tutte le grandi imprese. Ci siamo accorti che il mercato promettente era quello dei collaboratori esterni: complice lo smart working e il lavoro sempre più flessibile, oggi in Europa si contano 70 milioni di impiegati mobili che lavorano fuori ufficio, così ci siamo lanciati. Dopo aver realizzato un prototipo e lanciato la versione beta, un amico mi ha parlato della call di Plug and Play. Non conoscevo l’acceleratore ma, leggendo i punti della call, mi sono reso conto che la posta in gioco era interessante. Così a luglio ci siamo presentati a Berlino, e da lì è iniziato il nostro percorso di accelerazione. Siamo l’unica startup italiana per questo programma, nell’acceleratore berlinese sono passati altri italiani: Lele Canfora, ideatore del software Deckard, e Marco Borghesi, ideatore di Oeex, una sorta di borsa per le energie rinnovabili”.

Dopo Londra quale sarà la nuova capitale europea delle startup?

Ma come funziona l’acceleratore tedesco? “L’acceleratore di Berlino nasce da una joint venture tra la casa editrice Axel Springer e Plug and Play, incubatore e acceleratore la

Da sinistra: Peter Senoner, Arno Senoner, Timo Casa (core team Berlino)

cui sede principale è in California – spiega l’imprenditore altoatesino – Tre volte all’anno, lancia una call per un programma di 4 mesi rivolto a 8-10 startup. Le imprese selezionate possono usufruire di uffici e spazi dell’acceleratore, di programmi di coaching e mentorship, e di diversi contatti con aziende e investitori che l’acceleratore mette a loro disposizione. Inoltre, è previsto un grant di 25mila euro in cambio del 5% della società: questo significa che, pur nella sua fase iniziale, la startup viene valutata 500mila euro”. Ma la cosa più importante, secondo Senoner, è il modo in cui Plug and Play cerca di mettere in contatto ecosistema tedesco e imprese: “Ogni martedì – racconta – c’è il pitch training: di fronte a un pubblico esterno composto da venture capitalist e rappresentanti di grosse aziende, Volkswagen tanto per citarne una, ci esercitiamo nella presentazione della startup. E, alla fine del programma di accelerazione, c’è il Demo Day, in cui abbiamo la possibilità di scambiare e fissare appuntamenti con aziende e investitori”.

Il miglior hub per le startup in Europa? È Berlino

“Certo – puntualizza Senoner – stabilire contatti con le aziende tedesche non è semplice. Il tessuto produttivo della Germania è fatto soprattutto di grandi realtà imprenditoriali, e le grosse aziende spesso hanno difficoltà a interfacciarsi con le proposte innovative presentate dalle startup. Da un lato sono interessate perché capiscono che in una società sempre più smart e veloce non possono non abbracciare i processi innovativi, ma dall’altra fanno fatica perché devono fare i conti con la loro storia e la loro tradizione”.

Le difficoltà, però, non non hanno impedito a Retime di riuscire comunque a trovare clienti: “quattro aziende, tre a Berlino e una a Bolzano, stanno sperimentando l’app” dice Senoner. Che non nasconde il suo sogno per il futuro: “Oggi la startup ha un team di otto persone, sede legale a Berlino e uffici a Bolzano e Vienna; ma l’ambizione è di tornare in Italia. Abbiamo puntato il mercato di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna: è lì il tessuto produttivo promettente per un’app come Retime”.

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