Nella settimana della moda che si chiude martedì 27 settembre gli occhi di tutti sono puntati sulle passerelle dei grandi marchi, come da tradizione. Ma il business ormai passa sempre di più dal web, e soprattutto da startup che sono determinanti per l’innovazione della fashion industry. Le nuove imprese tecnologiche però hanno ben chiaro come l’esperienza-moda non possa trasferirsi completamente online: per vendere sono ancora fondamentali il contatto visivo e tattile che solo lo shopping in un negozio fisico può offrire.
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Emblematico è il caso di Warby Parker, startup di design eyewear che, prima di aprire il suo store nel cuore di SoHo, ha iniziato online il proprio business vendendo occhialeria originale e di qualità a prezzi estremamente competitivi rispetto alla media. Il grande successo ottenuto ha fatto sì che quando, nel 2012, l’azienda ha inaugurato la prima boutique, il brand Warby Parker fosse già un simbolo culturale: nelle prime tre settimane oltre quattromila persone hanno affollato il negozio, con code fuori dalla porta nei weekend.
Altro case history degno di nota è quello di Bonobos, e-commerce newyorkese di abbigliamento maschile, che è stato tra i primi ad aprire anche un negozio fisico nel quale ripropone, disponibili per la prova da parte dei clienti, il campionario dei modelli presenti sul sito. E dopo aver visitato lo store, i clienti ricevono un’e-mail con indicate le preferenze espresse in quanto a stile e vestibilità, per poter finalizzare l’acquisto sul sito. In questo modo non solo il cliente può toccare con mano il prodotto prima di comprarlo, ma i negozi fisici, non avendo magazzino, possono essere molto più piccoli delle boutique al dettaglio contenendo i costi.
Una realtà simile esiste anche in Italia: Velasca, e-commerce di scarpe di qualità Made in Italy a prezzi accessibili, ha aperto infatti aperto un negozio a Milano e un temporary store a Monaco, e l’obiettivo è quello di aprirne altri a Londra, Parigi, Roma, Torino, New York e in Svezia, Norvegia, Danimarca e Germania.
E non dimentichiamo che anche Lanieri, la piattaforma di abiti su misura made in Italy, ha costruito la sua fortuna nell’ecommerce ma aprendo anche atelier in Italia e in Europa. E solo pochi giorni fa ha ricevuto un nuovo investimento di 3 milioni di euro. (Leggi LA STORIA Lanieri, così l’abito sartoriale si fa online)
Insomma, secondo l’Osservatorio NewsFromThePlatform di P101 (fondo di venture capital specializzato in investimenti in società digital e technology driven), la competitività nel mondo della fashion industry si gioca non solo nelle sfilate ma anche e soprattutto attraverso l’impostazione delle strategie di business dell’impresa, che devono stare al passo con i tempi e con l’innovazione tecnologica. Tanto che l’online fashion, specialmente in Italia, è un affare serio: stando a una recente ricerca dell‘Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, vale oltre 1,8 miliardi di euro, con una crescita del 25% rispetto al 2015, e rappresenta il 10% di tutto l’e-commerce in Italia, con una penetrazione pari al 5% del mercato retail (+1% rispetto al 2015). Se poi si considera l’evoluzione di questo settore negli ultimi 5 anni, il tasso di crescita medio annuo dell’abbigliamento online è stato pari al 30% circa, il doppio rispetto a quello dell’e-commerce nel suo complesso (+15% circa).