In principio era il cellulare: una cabina telefonica portatile con dodici tasti, un microfono e un altoparlante. Poi arrivarono i telefonini GSM e, con loro, la rivoluzione, sia tecnologica sia di linguaggio. Xé cn l’arrv degli SMS sul cell kambiò anke il modo di comunicare :0. E quindi il balzo tecnologico successivo: dall’unione del palmare (computer tascabile) con il cellulare (telefono portatile) nacque lo smartphone, divenuto un oggetto di culto soprattutto grazie all’iPhone. E mentre mamma Apple oggi detiene a livello globale una quota di mercato solo del 18,2% (ma con una capitalizzazione che supera i 500 miliardi di dollari), è la coreana Samsung, con il 30,8% a farla da padrone nella battaglia dei telefonini che ha già fatto vittime eccellenti quali Nokia e Motorola. Uno scenario particolarmente bellicoso nel quale ora si affaccia anche una startup che promette una rivoluzione, non tanto tecnologica quanto filosofica: Fairphone.
Al contrario delle multinazionali dell’elettronica, spesso e volentieri accusate (con successive timide ammissioni di colpa) di sfruttare la manodopera e soprattutto il lavoro minorile nelle fabbriche cinesi a basso costo, Fairphone basa la propria promessa di successo su sei punti: materiali ‘conflict-free’ (alluminio e tantalio non provengono da zone di guerra), rispetto dei diritti dei lavoratori, programma di smaltimento a fine vita, specifiche tecniche all’avanguardia, design ‘aperto’ (dual sim e possibilità di installare il sistema operativo preferito) e prezzo (325 euro) trasparente, con tanto di indicazioni dei singoli fornitori dei pezzi utilizzati.
Creata dagli olandesi Bas van Abel e Peter van der Mark nel 2010 come progetto di sensibilizzazione sul tema delle guerre scatenate in Congo per il possesso delle materie prime utilizzate nell’industria dell’elettronica, Fairphone ha lanciato il proprio nuovo smartphone attraverso un’operazione di crowdfunding raggiungendo quota 7.848 ordini, che hanno garantito fondi per due milioni e mezzo di euro. Un progetto che, sicuramente, al momento non ha dimensioni tali da spaventare i giganti dell’elettronica: 7.848 dispositivi rappresentano, su un totale di 210milioni di smartphone venduti nel mondo nel primo quadrimestre 2013, lo 0,0037%. Una goccia nel mare, che però – puntando tutto su tematiche equo-solidali – ha le potenzialità per crescere. Magari seguendo proprio l’invito di Steve Jobs: “Stay hungry, stay foolish”.