Liberalizzazioni

Siae, le controrisposte di Patamu: «Chiede soldi ai nostri iscritti»

Dopo un’intervista a EconomyUp, la startup aveva rivolto diverse domande al presidente Filippo Sugar, che aveva risposto. Adesso arriva la controreplica del founder Adriano Bonforti su tempi di disiscrizione, “concertini” e pagamenti che verrebbero richiesti anche a chi è fuori dalla Società Autori

Pubblicato il 21 Lug 2016

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Adriano Bonforti, fondatore di Patamu

Il caso Siae continua… anche a colpi di lettere.

La Società italiana degli autori ed editori è da qualche tempo al centro di un dibattito e adesso si attende il recepimento in Italia della direttiva europea sulla gestione collettiva dei diritti d’autore, la direttiva Barnier, che di fatto introdurrebbe in Italia una liberalizzazione, dopo oltre 130 anni di monopolio.
Le startup hanno cominciato ad aggredire il mercato dei diritti d’autore (Soundreef, Patamu)
In un’intervista a EconomyUp il presidente della Siae Filippo Sugar sostiene che il collecting è un lavoro complicato e sono gli stessi grandi player della musica a spingere per avere pochi interlocutori.
L’intervista ha prodotto un botta e risposta tra Sugar e Adriano Bonforti, founder di Patamu
Adesso arriva la replica di Bonforti, che ha inviato a EconomyUp questa lettera che pubblichiamo integralmente

Gentile Redazione di EconomyUp, approfitto di questa “apertura al dialogo” a distanza, avvenuta grazie alla vostra mediazione, per replicare alle risposte date dal Presidente della SIAE alle domande che ho posto come fondatore di Patamu.com. Colgo l’occasione per ringraziare il Presidente Sugar per essersi messo in gioco ed “esposto” in prima persona. Ho apprezzato il gesto. Se mi trovo ad analizzare nel dettaglio alcune affermazioni, non è per spirito di polemica fine a sé stessa, ma perché a mio parere è nell’interesse di tutti i player in gioco alzare l’asticella della trasparenza e della corretta informazione, anche nel particolarissimo mondo del diritto d’autore. Spero pertanto che questo dialogo intrapreso possa continuare con uno spirito costruttivo, perché potrebbe avere degli effetti con efficacia immediata che andrebbero a vantaggio di tutta la comunità di artisti in Italia.

Veniamo ora alle risposte che ha dato il Presidente SIAE alle mie domande, ed alle relative controrisposte.

Perché per disiscriversi dalla SIAE può essere ancora necessario aspettare 15 mesi, nonostante le indicazioni della direttiva Barnier? Una SIAE che dichiara ai quattro venti di essersi ammodernata non può addurre scuse tecniche per giustificare un periodo così enorme di tempo. Inoltre, perché non sono indicate chiaramente le tempistiche di disiscrizione sul sito?

PRESIDENTE SIAE – Le tempistiche per recedere sono indicate molto chiaramente sul nostro sito e non prevedono assolutamente 15 mesi di attesa. “Per gli Associati e i Mandanti è possibile in ogni momento interrompere il proprio rapporto di tutela con SIAE … Il recesso avrà effetto dal 1° gennaio successivo all’arrivo della suddetta comunicazione, …”. Nel caso più sfortunato possibile di un recesso inviato il 1 Gennaio, quindi, si tratta di attendere 12 mesi, ma ciò dipende dalla libera scelta di chi voglia recedere ed è perfettamente in linea con quanto previsto dalla Direttiva Barnier.

CONTRORISPOSTA – Sono felicemente sorpreso dalla risposta del Presidente Sugar. Infatti fino ad oggi la SIAE, se interpellata (e parlo anche per esperienza diretta, da ex associato) affermava che per potersi disiscrivere dalla SIAE o effettuare una limitazione di mandato fosse necessario effettuare la richiesta entro il 30 Settembre dell’anno precedente. Per fare un esempio, per disiscriversi a partire dal 1 Gennaio 2016, sarebbe stato necessario far pervenire la richiesta entro e non oltre il 30 Settembre 2015. Nel caso più sfortunato, dunque, inviando la richiesta il 1 Ottobre del 2015, si sarebbe dovuto attendere il 1 Gennaio 2017 per risultare disiscritti (di qui i famosi 15 mesi a cui faccio riferimento nella mia domanda). Prendo atto del fatto che finalmente anche le richieste di disiscrizione inviate nell’ultimo trimestre dell’anno sono valide dal primo giorno dell’anno solare successivo. Ora andrebbero informati di questa novità anche tutti gli addetti SIAE locali, per non dare informazioni contrastanti agli artisti. Inoltre, anche per la limitazione di mandato andrebbero indicate chiaramente modalità e tempistiche sul sito, rinunciando anche qui alla richiesta di preavviso prima del 30 settembre, che la SIAE, se interpellata telefonicamente, ancora richiede.

Dove è possibile sapere quanto la SIAE ottiene dai cosiddetti “concertini” non analitici che sono usati in gran parte per gli autori emergenti, e come ed a chi vengono redistribuiti quei proventi?

PRESIDENTE SIAE – Sulla nostra ordinanza di ripartizione sono disponibili tutte le informazioni sulle modalità di ripartizione dei concertini. Con il borderò digitale, la ripartizione è analitica al 100%.

CONTRORISPOSTA – Questa risposta non è accettabile da parte di una SIAE che voglia presentarsi come trasparente. Leggendo l’ordinanza di ripartizione (pagina 13) si trova che i “concertini” (semplificando, concerti in pub o locali) sono ripartiti in modo non analitico (a campione) nel 75% dei casi, ed in modo analitico solo nel 25% dei casi, peraltro estraendo con “criteri di selezione statistica” un quinto dei borderò (come se fosse una lotteria). Visto che tutti gli artisti “esordienti” (i più numerosi, e quelli che andrebbero più tutelati) rientrano praticamente sempre nella categoria “concertino”, chiedevo appunto nella mia domanda come e dove fosse possibile capire effettivamente a quanto ammontano le entrate per questa categoria di concerti, e chi ne riceve in ultima battuta i proventi economici. La ripartizione analitica attraverso il borderò digitale è un’ottima novità, ma appunto, una novità: sul sito SIAE il borderò digitale risulta attivo dal 1 Luglio 2016, il giorno in cui il Presidente Sugar ha risposto alle mie domande. La domanda è stata posta per capire dove sono finite per anni le ingenti risorse economiche prodotte dagli artisti esordienti (e che dunque a loro dovevano ritornare), e non può essere liquidata citando un servizio che è stato inaugurato il giorno stesso in cui è stata data la risposta.

Screenshot del portale SIAE in cui è indicato che il borderò digitale è attivo dal 1 Luglio 2016

Perché, nonostante il diritto demaniale (sul quale la SIAE basa la pretesa che venga compilato il borderò anche per opere non SIAE o di pubblico dominio) sia stato abolito, la SIAE chiede ed accetta ancora il pagamento dei diritti per l’esecuzione di opere di musica classica, o per opere di autori non SIAE, tra cui molti autori Patamu? Non è un controsenso che la SIAE, che dichiara di rispettare i diritti di tutti e pretende di avere l’esclusiva nel rappresentare i suoi artisti, richieda il pagamento dei diritti d’autore anche per gli artisti non iscritti? Per la SIAE vale il principio secondo cui i diritti d’autore sono intoccabili e sacri solo se si tratta di artisti SIAE?

PRESIDENTE SIAE – SIAE non incassa compensi e non prevede tariffe per esecuzioni di repertorio in pubblico dominio. Se invece all’interno della definizione di musica “classica” viene incluso anche il repertorio di autori/compositori ad oggi tutelati da SIAE, per questi eventi è ovviamente previsto il pagamento di un compenso. SIAE incassa solo per conto dei suoi associati e mandanti. I permessi che vengono rilasciati coprono unicamente il repertorio di circa 45.000.000 di opere che SIAE ad oggi tutela.

CONTRORISPOSTA – Purtroppo, qui devo registrare un forte (e grave) scollamento tra quanto affermato dal Presidente della SIAE e la realtà dei fatti. Qui di seguito è pubblicata la ricevuta di un pagamento richiesto dalla SIAE a titolo di “deposito cauzionale”, per l’opera di un autore Patamu non iscritto in SIAE, circostanza gravissima che stona con l’affermazione secondo la quale vengono richiesti pagamenti solo per opere del repertorio SIAE. Inutile ricordare, come ho già fatto, che la SIAE non ha alcun titolo per chiedere depositi cauzionali, pagamenti o quant’altro per opere di autori non iscritti presso di essa.

La ricevuta di un pagamento effettuato alla SIAE a titolo di “deposito cauzionale” per il rilascio di un permesso d’esecuzione per l’opera di un autore non iscritto alla SIAE.

Riceviamo quotidianamente moltissime segnalazioni di situazioni come questa, in cui la SIAE pretende ed ottiene di essere pagata per il rilascio di un permesso di esecuzione anche per opere di autori non iscritti alla SIAE. A volte chiede il pagamento di un “deposito cauzionale” (che non ha il diritto di chiedere), che a volte viene restituito parzialmente (ma a volte no) dopo aver verificato che le opere non siano appartenenti ad autori SIAE; a volte chiede una cifra forfettaria (che non ha il diritto di chiedere) per “spese di gestione”. Peraltro, può capitare che la SIAE intervenga con richieste di pagamento anche nel caso in cui opere di autori non iscritti alla SIAE siano eseguite per eventi di beneficenza. La richiesta di pagamento da parte di SIAE per opere di autori non SIAE è già di per sé abbastanza grave; come ulteriore aggravante ricordo che la Barnier prevede per l’autore la facoltà (se lo vuole) di rinunciare alla riscossione dei compensi da diritto d’autore per gli eventi di beneficenza.

Come sa anche il Presidente SIAE, più di un anno fa Patamu ha avviato il servizio Patamu LIVE per permettere agli autori di autoriscuotere il proprio diritto d’autore senza intermediazione, progetto per il quale il Presidente SIAE ha dichiarato, proprio nell’intervista rilasciata ad EconomyUp, di avere “massimo rispetto”. Eppure, in quel progetto ci siamo dovuti scontrare proprio con le ingiustificate richieste di pagamento da parte della SIAE, che in molti eventi ha preteso (e spesso ottenuto) dai gestori il pagamento del compenso da diritto d’autore, nonostante le opere fossero in pubblico dominio o di autori non registrati alla SIAE. Come il Presidente saprà sicuramente, la SIAE non è più autorizzata (da quando è stato abolito il diritto demaniale, come spiegammo in questo articolo) a richiedere il pagamento preventivo dei diritti d’autore per opere non depositate in SIAE. Personalmente ritengo che il parere a favore dell’abolizione del monopolio SIAE, inviato dall’Antitrust ai Presidenti di Camera, Senato e Consiglio dei Ministri, serva proprio ad evitare queste azioni improprie da parte del player dominante del settore. Proprio per far fronte a questa azione inappropriata da parte di SIAE abbiamo deciso di trasformare il progetto Patamu LIVE passando all’intermediazione del diritto d’autore, per tutelare in modo più efficace gli artisti.

Con quali risorse la SIAE sta promuovendo e pagando le campagne (in cui si presenta come Patamu peraltro) sui social? Non sarebbe corretto per un ente pubblico esplicitare da dove provengono le risorse?

PRESIDENTE SIAE – Nel bilancio SIAE (debitamente pubblicato) è esplicitata la provenienza di tutte le risorse che la Società utilizza per tutelare i suoi associati e mandanti. SIAE, peraltro, e lo si precisa per chiarezza, non è semplicemente “ente pubblico” (espressione che tende a confondere sulla natura delle risorse gestite) ma è “ente pubblico economico a base associativa” (con risorse integralmente privatistiche e non pubbliche). Per quanto riguarda le campagne social, ci stupisce constatare che proprio una giovane società come Patamu sia contro l’utilizzo di uno strumento come Adwords. SIAE non si presenta come Patamu, ma ha semplicemente avviato una campagna di informazione con centinaia di keyword. Ciò, peraltro, anche per contrastare il fenomeno di acquisto della keyword SIAE da parte di soggetti terzi.

CONTRORISPOSTA – Ovviamente, non siamo contro l’utilizzo dello strumento di Adwords. Siamo noi a stupirci però dall’utilizzo assolutamente improprio che la SIAE (un ente specializzato nella tutela dei diritti, vorrei ricordare) ha fatto di quello strumento. Nello specifico, la SIAE ha creato un link con titolo “Patamu – SIAE.it” che rimandava a pagine interne alla SIAE, dando la percezione che Patamu fosse un progetto interno alla SIAE (in questo articolo si possono leggere maggiori dettagli). Dopo la pubblicazione dell’annuncio da parte di SIAE abbiamo ricevuto decine di commenti di utenti indignati che credevano che fossimo la SIAE sotto mentite spoglie. Il danno di immagine per Patamu è stato incalcolabile. Ecco come appariva l’annuncio prima che la SIAE lo modificasse:

Annuncio pubblicitario in cui SIAE si presenta in modo ingannevole come Patamu

Quando abbiamo segnalato l’accaduto, la SIAE ha provveduto a cambiare il testo dell’annuncio, ammettendo così la sua responsabilità. Le scuse pubbliche però non sono mai arrivate, sarei grato al Presidente SIAE se approfittasse di questa occasione per farcele arrivare.

Rispetto alla linea di difesa del monopolio del Presidente SIAE, credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che vanno tutelati i diritti di tutti gli artisti, anche di quelli che hanno deciso di non farsi rappresentare dalla SIAE e non vogliono o non possono rivolgersi a realtà estere. Patamu conta più di 10.000 artisti e quasi 30.000 opere tutelate, ed è giusto che possa rappresentare i diritti dei propri artisti, con un’attenzione “sartoriale” verso i propri artisti che la SIAE non ha dimostrato di poter avere. Questo accade già nel resto d’Europa, ed è giusto che possa accadere anche in Italia. Penso ad esempio alla tedesca C3S, un’alternativa alla GEMA pensata nello specifico per gli artisti Creative Commons, che è liberissima di operare in Germania e nel resto d’Europa senza essere tacciata di illegalità. Sono fermamente convinto, come dimostrano anche questi “confronti virtuali”, che ogni occasione di competizione, confronto e dibattito vada nella direzione di una maggiore trasparenza, a tutto vantaggio degli artisti e della produzione culturale del nostro Paese.

Cordialmente,

Adriano Bonforti – Fondatore di Patamu.com

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