La testimonianza

Brexit, lasciare Londra? Non se ne parla e vi spiego perché…

Ho scritto subito agli amici americani e italiani che potranno risparmiare il 25% se investiranno nella nostra startup, scrive il founder di PhotoSpotLand. Non saranno rose e fiori ma la capitale inglese resta un punto di riferimento per i mercati globali

Pubblicato il 27 Giu 2016

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Mario Bucolo (foto di Stefano Broli)

Ho sperato fino alla fine che i voti di Londra spostassero l’asse a favore del Remain. Non è stato così. Che cosa succederà ora all’ecosistema startup inglese? Ovviamente nell’immediato nulla, se non le scene di isteria che stanno cogliendo alcuni attori importanti della scena inglese. Non vedo tutte queste tragedie, le startup proprio per la loro dinamicità sapranno cogliere il meglio di questa situazione. Sapete che cosa ho fatto per prima cosa venerdì 24 giugno? Ho scritto ai miei contatti americani ed italiani facendo notare che potranno risparmiare un buon 25% investendo nella startup che ho fondato attraverso la campagna di crowdfunding che lanceremo entro un paio di settimane.

Lasciare Londra? Ma non se ne parla nemmeno, semmai lo farò sarà per New York quindi non c’entra nulla con l’uscita dalla UE. Per noi di PhotoSpotLand Londra è e continuerà ad essere il baricentro del nostro business, qui a Londra ci sono i nostri potenziali clienti, i partner e gli investitori. La nostra startup è l’unica fondata da italiani ammessa al TravelTech Lab del sindaco di Londra e lavoriamo fianco a fianco con lo staff di London & Partners che è l’agenzia di sviluppo economico e turistico di Londra.Già venerdì ho ricevuto l’email che il CEO di L&P ha inviato a tutti: l’interesse di Londra è quella di continuare ad attrarre capitale finanziario ed umano e si continuerà a lavorare su questo.

Non credo quindi che in futuro ci saranno difficoltà di visti. Al massimo il nuovo sistema servirà per scremare tutti gli italiani (e non solo) che arrivano qui all’avventura, senza alcuna specializzazione, senza conoscere l’inglese e che finiscono poi per dormire in stanze con altre 7 persone e lavorare in nero sotto la paga oraria di legge per poi andar a chiedere gli ausili di stato per la disoccupazione. Sono queste persone che creano problemi, non chi ha una specializzazione o in ogni caso chi sa darsi da fare e riesce a emergere. Ed a Londra è sicuramente più facile farlo.

Non credo che cambierà la burocrazia. Londra è molto snella in tutto, non sembra neanche che cambieranno le regole del Seis (Seed Enterprise Investment Scheme) ed EIS (Enterprise Investment Scheme), i due programmi governativi che servono per agevolare gli investimenti in startup, anzi…godranno dell’essersi levato il peso di dover sottostare alla regola europea del de minimis (gli aiuti concessi alla medesima impresa, sommati fra di loro, non devono superare il limite massimo di 200.000,00 euro in tre anni). Certo l’UE potrebbe imporre dei dazi sulle merci in entrata ed uscita, ci saranno delle problematiche di natura fiscale nei rapporti con le altre nazioni dell’EU però alla fine da Londra e su Londra operano startup americane, cinesi, messicane, russe e non si pongono alcun problema di mercato con e verso i loro paesi di origine.

Certo, ripeto, non saranno tutte rose e fiori però basta saper reagire e trasformare gli svantaggi in opportunità. Chi si fa prendere ora dall’isteria collettiva, chi vuole tornare in Italia o rinuncia a partire non credo possa rientrare nella definizione di imprenditore globale ed aperto al mondo ed al mercato.

* Mario Bucolo è founder e CEO di PhotoSpotLand

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