#SmartInnovationHub, startup e imprese a confronto per far crescere l’Italia

Due workshop organizzati da GalaLab ed EconomyUp all’interno di Unirete hanno proposto un’immagine dinamica dell’ecosistema italiano dell’innovazione. Ricco di potenzialità ma ancora di dimensioni limitate

Pubblicato il 09 Giu 2016

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Un momento di #SmartInnovationHub

Un laghetto, che deve diventare lago per finire finalmente in mare e poi nell’oceano. È la metafora utilizzata da Gabriele Ronchini, CEO di Digital Magics, per dare l’idea di che cosa sia attualmente il cosiddetto ecosistema italiano delle startup ai numerosi partecipanti allo #SmartInnovationHub organizzato da GalaLab ed Economyup in occasione di Unirete, l’evento di networking della Confindustria del Lazio: due workshop dedicati alle nuove imprese – il primo (Boosting Ideas) e all’open innovation il secondo (Overcoming Barriers) – animati da un nutrito numero di ospiti, moderati dal direttore di EconomyUp Giovanni Iozzia, che in un tempo limitato sono riusciti a fare emergere le opportunità e le criticità del sistema italiano. Grazie anche all’intervento di due “provocatori”: Cristiano Seganfreddo, direttore del Progetto Marzotto e Aldo Pecora, giornalista di StartupItalia.

Nel lago fanno fatica a svilupparsi pesci grossi ma anche a muoversi i grandi pescherecci. Fuori dalla metafora di Ronchini: le startup italiane sono ancora troppo piccole e i grandi investitori internazionali sono ancora poco motivati a prenderle in considerazione. È necessario che tutti, ciascuno facendo il proprio però, contribuiscano all’allargamento del perimetro della massa d’acqua dove devono nuotare i pesciolini. Confermano gli startupper presenti: Roberto Macina, founder di Qurami; Federico De Cerchio, founder di wineOwine, Luca Ruggeri, cofounder di Scuter: i tempi di crescita in Italia sono lenti; la pubblica amministrazione ma anche le aziende private parlano ancora un’altra lingua e anche quando fanno innovazione tendono a far tutto da sole. Le Regioni stanno facendo molto, a partire dalla formazione, ricorda Rosanna Bellotti, direttore dell’Assessorato allo Sviluppo Economico del Lazio, che tiene a sottolineare come un ente pubblico non può preoccuparsi solo delle nuove imprese tecnologiche ma deve pensare soprattutto a quelle esistenti, spingendole verso l’innovazione. Anche le aziende, o almeno le loro associazioni di categoria, si stanno aprendo e organizzando per fare da ponte con le startup, rivendica con convinzione Fausto Bianchi, presidente dei Giovani Imprenditori di Unindustria. Anche le startup devono fare meglio la loro parte: non sempre pensano in maniera globale e spesso non conoscono bene i mercati, segnala Marco Mistretta, CEO di InDan Italia, che si occupa proprio di internazionalizzazione.

Le nuove imprese hanno bisogno di investimenti, anche pubblici, ma soprattutto di sostegno e di clienti.

Da sinistra Andrea Rangone, Ceo di Digital360, e Giovanni Iozzia, direttore di EconomyUp, a #SmartInnovationHub

GalaLab è un interessante caso di integrazione fra pubblico e privato, ricorda il presidente e CEO del Gruppo Gala Filippo Tortoriello, visto che ha tra i suoi partner anche LazioInnova. “Noi lo facciamo per i giovani ma anche perché crediamo che una grande azienda oggi non possa fare a meno di cercare innovazione sul mercato. E deve farlo in maniera organizzata e continuativa”. E il momento è adesso, per due ragioni che Andrea Rangone, Ceo di Digital360, sintetizza così: nelle economie mature solo le nuove imprese possono creare ricchezza e occupazione; la crisi cominciata nel 2008 è strutturale e senza le nuove imprese, fuori o dentro le aziende consolidate, il Pil stenterà a crescere o addirittura tornerà indietro. La chiave di volta è quindi l’imprenditorialità.

Non significa necessariamente fare grandi cose, osserva Layla Pavone, CEO Industry e Innovation Digital Magics, ma farle rispettando la geografia e la cultura del nostro sistema economico: bisogna andare lì dove sono le imprese. Ci sono anche da superare vincoli normativi. Racconta Pietro Martani che una banca ha chiesto a Copernico, di cui è founder e CEO, di creare uno spazio dove i propri dipendenti possano incontrare e lavorare con i consulenti esterni visto che per legge è vietato farlo negli abituali uffici. Contano però anche le culture aziendali. E la disponibilità a battere sentieri nuovi. Racconta Ernesto Somma, responsabile dei Progetti Speciali di Invitalia, che i coinvestimenti fatti da InvitaliaVentures con aziende private dimostrano che c’è una domanda emergente. Deve forse ancora prendere forma e peso. Marco Massenzi, responsabile Business & Innovation Development di Vitrociset, ricorda che la sua azienda ha cominciato un percorso nel 2010 che l’ha portata a integrare nella propria offerta soluzioni create da startup e a generare spin-off. E tutto è cominciato nel momento in cui si stava cominciando a perdere presa sul mercato.

Le cose possono cambiare, quindi. E il migliore incoraggiamento a farlo, e rapidamente, arriva da chi ci vede e valuta dall’esterno. Cisco ha avviato un programma di investimenti in Italia per 100milioni. Non è stato facile all’inizio, racconta Raffaello Sernicola, Regional Sales Manager della compagnia americana, convincere l’headquarter a scommettere su un laghetto. Ma in Italia c’è una competenza tecnologica e un tessuto creativo su cui vale la pena investire. E se lo pensano gli americani, non possiamo esimerci dal faticare per riempire così tanto il lago che tracimi verso il mare aperto. (r.eco.)

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