Exit, il “termine magico” quando si parla di investimenti in startup, ora non fa più paura all’Europa. Secondo i dati emersi dall’European Tech Exits Report di Tech.eu le exit – del solo settore tech – in Europa sono state ben 594, il 65% in più rispetto al 2014. Un aumento sia in termini di numero di operazioni che di valore delle stesse.
Un dato positivo riscontrato anche dal Global Startup Ecosystem Ranking 2015. Secondo il report di Compass, che negli ultimi due anni ha misurato la dinamicità degli ecosistemi imprenditoriali nel mondo, il fenomeno è in crescita esponenziale sia nella Silicon Valley sia in Europa. Se da un lato la celebre Valley ha riscontrato un +46% nel valore delle exit negli ultimi due anni e ha catturato da sola circa il 50% del valore totale delle exit registrate nei migliori 20 ecosistemi imprenditoriali del mondo, dall’altro, l’Europa ha incrementato la propria fetta del valore totale del 314% rispetto a due anni fa. Questo dato deve tuttavia essere preso con le pinze, poiché “drogato” dalle stellari IPOs di Rocket Internet e Zalando di Berlino e dall’attività frenetica dell’ecosistema londinese.
In generale, negli ultimi due anni, il valore delle exit generate da ecosistemi extra-Silicon Valley è aumentato del 14% rispetto al valore totale. In altre parole, se nel 2012 l’hub tecnologico californiano si appropriava del 55% della torta, tra il 2012 e il 2015 ha visto diminuire la propria fetta fino al 41%. Questo non perché il valore delle exit nella Silicon Valley sia diminuito (anzi!), bensì per via del fatto che gli altri poli dell’innovazione a livello globale sono in forte crescita.
Ma questa proliferazione di exit che cosa esprime? E’ un chiaro segnale che il panorama globale degli ecosistemi è in fase di maturazione e che le startup con un elevato valore aggiunto, ottenuto grazie al supporto finanziario dei fondi VC, sono sempre di più. A Berlino, ad esempio, dove il valore delle exit è cresciuto di ben venti volte, la relazione tra exit growth e vivacità del mercato è evidente: l’ecosistema berlinese si è classificato nella top 10 degli ecosistemi mondiali, l’attività dei venture capital locali è cresciuta di 12 volte e la città è ormai diventata la nuova mecca tecnologica per i talenti esteri.
E noi? Anche i dati relativi al Bel Paese, come indicato nel report di Compass, sono in crescita. In particolare quelli che riguardano Roma e Milano. Ad esempio, a settembre 2014 Oakley Capital per 100 milioni di euro ha rilevato il 75% di Facile.it, famoso portale per la comparazione di tariffe assicurative, conti correnti, tariffe telefoniche, bollette di luce e gas. E ancora, a febbraio 2015 il colosso tedesco Rocket Internet implementando un’aggressiva strategia espansionistica nel food delivery ha acquisito la totalità di PizzaBo per circa 55 milioni di euro.
Questi dati fanno ben pensare sul futuro dell’ecosistema italiano. Vanno interpretati infatti, come la dimostrazione che il panorama delle startup in Italia è in fermento, che le startup italiane piacciono anche all’estero e che passo dopo passo stiamo iniziando a colmare il gap che ancora ci separa dai top hub europei. La speranza è quella di replicare ciò che si è verificato a Berlino, che fino a 2 anni fa veniva considerato un ecosistema povero di exit e ricco di difficoltà per le startup in cerca di round di investimento consistenti, mentre oggi insieme a Londra si contende lo scettro di principale polo di innovazione europeo. E’ sicuramente di buon auspicio per il nostro Paese vedere realtà italiane che, nate da startup, continuano a crescere sul mercato anche attraverso operazioni di M&A internazionali. A tal proposito è utile evidenziare la fusione Yoox/Net-à-Porter avvenuta nel 2015. Qui l’articolo in lingua inglese.
*Alessandro Petrich è Analyst in P101, fondo di venture capital specializzato in investimenti in società digital e technology driven