Sono il sogno proibito di ogni investitore e nel mondo ce ne sono 145 in tutto. La comunità finanziaria le ha da tempo ribattezzate unicorni: sono le startup che hanno un valore pari o superiore al miliardo di dollari. Per alcuni rappresentano una bolla pronta ad esplodere, per altri sono il sintomo di una nuova rivoluzione industriale guidata dall’innovazione digitale. Del “Billion Dollar Startup Club” tiene traccia un’infografica interattiva del Wall Street Journal che, insieme al Dow Jones VentureSource, ha realizzato una classifica costantemente aggiornata così composta: 87 startup negli Stati Uniti, 40 in Asia, 16 in Europa, 2 nel resto del mondo.
A guidare la graduatoria, inutile dirlo, è Uber (51 miliardi il suo valore attuale), seguita dalla cinese Xiaomi (46 miliardi) e da Airbnb (25,5 miliardi). L’Europa, seppur con valutazioni molto più basse, vede primeggiare la svedese Spotify (8,5 miliardi, al quindicesimo posto nella classifica generale), che precede Global Fashion Group (3,4 miliardi) e Delivery Hero (3,1 miliardi).
Al sesto posto si posiziona il fenomeno del momento Snapchat (vale 16 miliardi), applicazione che permette di inviare messaggi che si autodistruggono dopo averli visualizzati. La creatura di Evan Spiegel, Bobby Murphy e Reggie Brown vanta duecento milioni di utenti mensili, e a gennaio 2016 ben 8 miliardi di video sono stati visualizzati sulla piattaforma. Nata nel 2011, oggi sembra aver catturato oltre il 60% dei giovani statunitensi in età compresa fra i 13 e i 35 anni. Nel 2013 sia Facebook che Google tentarono di acquistarla con offerte di 3 e 4 miliardi rispetttivamente, ma Spiegiel rispose picche. Non si può dire certo che fu una mossa sbagliata dato che oggi Snapchat vale quattro volte di più.
Poco più in basso, al nono posto, Theranos (9 miliardi di valutazione) la startup medicale il cui caso sta facendo tanto discutere negli Stati Uniti. Le autorità federali e medicali americane hanno messo sotto inchiesta l’azienda – che prometteva l’eliminazione dell’utilizzo di siringhe e prelievi, sostituendoli con una mini puntura indolore nel polpastrello – per truffa e negligenza. Secondo le imputazioni, l’azienda di Elisabeth Holmes avrebbe fatto uso di personale non qualificato nei laboratori, non rispettato gli standard di controllo e qualità, fornito una documentazione scorretta sui protocolli utilizzati e addirittura diluito campioni di sangue che venivano analizzati da laboratori esterni. Se queste accuse venissero provate, Theranos perderebbe la licenza facendo crollare di fatto il suo valore.
L’infografica del WSJ fornisce inoltre uno strumento di analisi utile a comprendere l’evoluzione del club degli unicorni. Si tratta di una timeline navigabile che mostra la crescita delle billion dollar company dal 2014 ad oggi. Si scopre così che appena un paio di anni fa a dominare la scena era la cinese JD.com attiva nel settore dell’e-commerce B2C (valutazione 11,2 miliardi), seguita dalla connazionale Xiaomi (10 miliardi). E che Uber era soltanto nona e valeva poco meno di 4 miliardi di dollari. Qualcosa è cambiato insomma. (F.M.)