L’Autorità dei Trasporti torna a proporre precise regole per i servizi tecnologici per la mobilità (registrazione delle piattaforme presso la Regione, conducenti non professionisti iscritti a un registro, un massimo di ore lavorative prefissato, ecc. ecc.), ma anche aggiornamento della vecchia disciplina su taxi e Ncc (Noleggio con conducente), eliminando per gli Ncc l’obbligo di rientro in rimessa alla fine di ogni singolo servizio. Dopo un’analoga segnalazione inviata a governo e parlamento lo scorso giugno, Andrea Camanzi, presidente dell’Autorità di regolazione dei trasporti, torna a ribadire questi concetti presso la X Commissione “Industria, Commercio e Turismo” del Senato, nell’ambito dell’audizione sulla Legge annuale per il mercato e la concorrenza. Il riferimento è chiaramente a Uber, startup californiana fornitrice di un’applicazione per chiamare da smartphone auto a noleggio, che sta rivoluzionando il mercato dei servizi per la mobilità in tutto il mondo e sta facendo emergere, oltre agli attacchi dei concorrenti (essenzialmente i tassisti), un problema di regolamentazione.
Sulla questione si è appunto pronunciato Camanzi. “Con riferimento ai servizi tecnologici per la mobilità – ha detto – chiunque può constatare che, replicando comportamenti ed interfacce-utente ampiamente in uso nei social network, le tecnologie touch-screen applicate a smartphone e tablet hanno cambiato profondamente le abitudini delle persone. Vi è una nuova domanda di mobilità a costi sostenibili che non trova risposte né nell’attuale trasporto pubblico di linea, né nei contigui ma distinti mercati del servizio di taxi e di noleggio con conducente (Ncc). A fronte di questa domanda, sono disponibili nuovi servizi in grado di soddisfarla”.
Dopo aver tracciato lo scenario, il presidente dell’Authority distingue tra due tipi di servizi: quelli “resi in modo non professionale da conducenti che condividano con una o più altre persone, in tutto o in parte, un itinerario prefissato dal conducente medesimo e percorso con un mezzo di sua proprietà”; e quelli “resi anche in modo non professionale, il cui prezzo non serve esclusivamente a condividere il costo dell’itinerario richiesto dal passeggero, bensì anche ad assicurare un margine di profitto alla piattaforma ed al conducente, per quanto contenuto”.
Di quest’ultimo gruppo, per esempio, dovrebbero far parte gli autisti di Uber, anche se Camanzi non lo precisa. È comunque su questo gruppo che si concentra, formulando alcune proposte: l’obbligo di registrare le piattaforme presso la Regione di riferimento, l’obbligo per queste piattaforme di fissare i corrispettivi in modo trasparente, un’assicurazione aggiuntiva rispetto a quella obbligatoria, la verifica periodica dell’efficienza dell’auto, l’adozione di una carta della qualità dei servizi e l’adesione a metodi di risoluzione alternativa delle controversie. “I conducenti non professionali – prosegue Camanzi – devono essere lavoratori occasionali ed operare per un massimo di quindici ore settimanali (a fronte di turni dei tassisti che vanno fino 3 a dodici ore al giorno), ed essere iscritti in un apposito registro regionale, avere età maggiore di ventuno anni, possedere la patente da almeno tre anni e non avere subito provvedimenti di sospensione, essere in possesso di idoneità psico-fisica e dei requisiti morali previsti per i conducenti del servizio taxi, e condurre un’auto immatricolata da non più di sette anni”.
Il presidente dell’Autorità è passato poi a parlare della disciplina dei servizi di taxi e Ncc, contenuta in una legge del 1992 e che, a suo parere, “necessita di un aggiornamento”. È un nodo cruciale per lo sviluppo di Uber nel nostro Paese, perché questa disciplina prevede che gli Ncc – e il servizio di Uber è considerato tale, noleggio con conducente – debbano necessariamente sempre rientrare in rimessa una volta terminata ogni corsa. Norma che ovviamente è di ostacolo al conducente Uber, perché gli allunga i tempi e lo rende difficilmente reperibile, quindi è per lui assolutamente anti-economico. La proposta di Scamanzi è eliminare l’obbligo del rientro in rimessa dopo ogni singolo servizio ritenendolo “limitativo della possibilità di svolgere l’attività secondo criteri di economicità ed efficienza”. D’altro canto il presidente ritiene “opportuno che i taxi possano anche praticare sconti, esercitare in forma di impresa, avere più licenze, fronteggiare incrementi occasionali della domanda con turni flessibili e sviluppare nuovi servizi integrativi come l’uso collettivo delle vetture”.
L’Autorità dei Trasporti non è la prima Authority che si pronuncia a favore dell’aggiornamento delle norme vigenti in materia di mobilità. Per tre volte, dal 2014 ad oggi, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), presieduta da Giovanni Pitruzzella, ha chiesto a governo e parlamento di introdurre norme ad hoc mirate sostanzialmente a favorire la piena introduzione del servizio di Uber in Italia.
►Qui la Uberstory: tutte le tappe della vicenda che contrappone la startup americana e i tassisti
Quanto all’Autorità dei Trasporti, il 4 giugno ha inviato una prima segnalazione a governo e parlamento con la quale sono state proposte una serie di modifiche alla 21 del 1992, andando incontro a tutti gli attori coinvolti. L’Autorità è partita da un’approfondita “indagine sul recente diffuso utilizzo di tecnologie informatiche”. Ha preso atto dell’offerta di una “pluralità di tipologie di servizi di autotrasporto di persone, oggi resa possibile dalla diffusione di tecnologie mobili competitive e dal cambiamento delle abitudini di consumo degli utenti da esse prodotto”. Ha poi osservato che “la domanda di mobilità, specie per le fasce di reddito basse e per i giovani, si orienta verso sistemi basati sulla flessibilità e sulla condivisione di risorse, tipici della sharing economy”. Ha quindi proposto di “far emergere questo mercato, affinché domanda e offerta di servizi possano incontrarsi in modo trasparente e nel rispetto delle regole applicabili all’attività economica d’impresa”. In sostanza l’ente regolatorio ha proposto a giugno, così come è tornata a fare oggi, l’inquadramento di figure che non superino le 15 ore di guida settimanali, che stipulino un’assicurazione aggiuntiva e siano, attraverso la società che li fa lavorare, riconosciuti all’interno di un registro apposito delle Regioni.