La storia

ModeFinance: quando a dire se un’azienda è a rischio sono ricercatori e ingegneri

La startup, diventata di recente pmi innovativa, nasce come spin-off dell’Università di Trieste con l’idea di applicare modelli ingegneristici a problemi della finanza. Così a valutare lo stato di salute di un’impresa non sono i contabili, ma un algoritmo. E ora vorrebbe poter fare i “voti” anche alle banche

Pubblicato il 06 Ott 2015

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Per sapere se un’azienda è solvibile, non servono più (o non solo) contabili e amministrativi, ma ricercatori e ingegneri. È il fondamento sul quale si basa l’attività di ModeFinance, startup innovativa diventata di recente pmi innovativa, che è in grado di valutare lo stato di salute delle aziende grazie a uno speciale algoritmo e che ora punta ad estendere il proprio raggio d’azione anche alle istituzioni bancarie.

“Di società abilitate alla valutazione del rischio di credito delle aziende ce ne sono tante – ammette Mattia Ciprian, co-fondatore di ModeFinance – ma dietro la nostra c’è qualcosa di diverso dagli altri: la ricerca universitaria”.

L’avventura è cominciata infatti all’Università di Trieste, Facoltà di Ingegneria. A metà degli anni 2000 l’altro co-founder Valentino Periroda, oggi 42enne, ha iniziato la collaborazione con il dipartimento di Economia dell’ateneo per applicare modelli ingegneristici a problemi della finanza, cioè alla codificazione del rischio: rischio credito, rischio Paese, rischio portafogli. Ciprian, oggi 38enne, all’epoca si stava laureando in Ingegneria e ha cominciato a lavorare al progetto. “Entrambi – ricorda – eravamo appassionati al tema del rating, volevamo approfondirlo e sviluppare qualcosa di nuovo. Lavoravamo anche come consulenti per società di rating, così strada facendo abbiamo unito la parte pratica e quella teorica. Ne è nato un algoritmo, “More”, che ci consente di valutare le aziende: è innovativo perché ragiona come un analista del credito ed è sostanzialmente in grado di sostituire l’essere umano, soprattutto nell’analisi di dati di bilancio”.  La startup, fondata nel 2009, è partita con un finanziamento seed di circa 65mila euro capital fornito da Innovation Factory, dell’Area Science Park, grande parco scientifico e  tecnologico italiano, ma poi ha proseguito con le sue gambe. Nata come progetto del Miur (Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica), è riconosciuta come spin-off universitario.

In pratica ModeFinance, sulla base di dati storici, è in grado di predire in modo scientifico lo stato di insolvenza di un’azienda. “Nessuno ha la sfera di cristallo – spiega Ciprian, triestino d’adozione come il collega – ma noi siamo in grado di produrre  documenti con i quali certifichiamo precedenti previsioni che si sono poi rivelate esatte. Continuare a collaborare con l’università ci garantisce di essere sempre sulla cresta dell’onda per quanto riguarda la metodologia numerica da adottare”.

Oltre alla valutazione del rischio di credito, ModeFinance  fa anche analisi del rating: quel tipo valutazione non solo numerica, ma che include anche l’intervento umano. Per farlo ha dovuto richiedere la certificazione all’Esma, la Consob europea.

Per il futuro, c’è un nuovo campo d’azione in vista: la valutazione scientifica delle banche. “Stiamo chiudendo accordi di ricerca con l’università per valutare il sistema bancario” spiega Ciprian. “I beneficiari potranno essere, molto banalmente,  le banche stesse, che si prestano denari l’una con l’altra, ma anche i correntisti sopra i 100mila euro, per i quali è importante  avere un’idea chiara  dell’affidabilità della propria banca”.

Naturalmente esistono già grandi società che si occupano di questo, ma l’imprenditore tiene a sottolineare: “La differenza tra noi e i big è che noi cerchiamo di democratizzare l’informazione, oggi appannaggio di un ristretto gruppo di player. Vogliamo portare trasparenza nelle valutazioni e renderle maggiormente fruibili. È vero, la Bce (Banca centrale europea) fa lo stress test sulle banche. Ma sono valutazioni fatte esclusivamente a fini regolamentari. In realtà gli istituti bancari che hanno un rating o uno score sono un numero molto limitato. I più grandi possono permettersi di farsi valutare, i piccoli meno. La nostra missione è rendere queste informazioni accessibili a chiunque”.

A questo proposito il team ha anche creato due anni fa un’applicazione per smartphone, s-peek, che mette a disposizione degli utenti le valutazioni di circa 20 milioni di aziende in Europa. Si digita il nome dell’azienda e appare un colore che indica se c’è rischio di credito o meno: verde ottimo, giallo equilibrato, rosso rischio. Il tutto in modo gratuito. Il modello di business è fremium: il 90% degli utenti usa questa versione, chi vuole approfondire può acquistare due tipi di report, basic e full. L’applicazione ha nel database società di capitali da varie parti del mondo: solo per l’Italia sono disponibili circa un milione di valutazioni, ma si possono cercare informazioni anche su azienda finlandese o francese.

Quanto al passaggio da startup a pmi innovativa, Ciprian afferma: “Appena venuta fuori la legge (Investment Compact, emanato a marzo scorso, ndr) abbiamo fatto subito domanda. Siamo una pmi innovativa perché circa metà dello staff ha un Phd, investiamo buona parte del fatturato annualmente per la ricerca e ogni anno portiamo avanti progetti di ricerca con l’Università di Trieste e non solo. La nostra è stata un’evoluzione naturale”.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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