40 anni e laureato: ecco l’identikit dello startupper italiano

Italia Startup ha condotto una ricerca su un campione di oltre 400 startup per trarre le qualità prevalenti nelle figure dei founder di imprese: oltre il 66% ha un’età compresa fra 30 e 49 anni e una laurea di secondo livello. La motivazione prevalente è mettere a disposizione del proprio settore le conoscenze acquisite in funzione dell’innovazione

Pubblicato il 17 Set 2015

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Lo startupper italiano ha un’età prevalente compresa fra i 30 e i 49 anni. Gli under 30 e gli over 50 numericamente tendono ad equivalersi (rispettivamente 15,2% e 14,4% dei rispondenti). Questa caratteristica mette in luce l’esistenza di un periodo nel quale l’imprenditore è stato per anni impegnato a livello professionale prima di creare un’impresa innovativa. Un valore aggiunto, quello della preparazione, che in Italia si rivela particolarmente importante e in netto contrasto con la percezione più diffusa che vede lo startupper come un giovane genio la cui intuizione è riuscita a cambiare un intero sistema in breve tempo. È quanto emerge da una ricerca condotta da Italia Startup, l’associazione che riunisce gli operatori, fra i quali investitori, acceleratori e startup, del mondo dell’innovazione in Italia.

Dunque, più di 40 anni e una grande passione per il proprio settore: così viene delineato lo startupper italiano.

Dall’analisi condotta su un campione di oltre 400 startup di cui 2 terzi iscritte al registro delle startup innovative creato dal Ministero dello Sviluppo Economico, emergono le qualità prevalenti nelle figure dei founder di imprese il cui obiettivo è innovare nel rispettivo settore di appartenenza professionale.

La massiva prevalenza di attività legate al B2B Business-to-Business (47,2%) e al B2B2C Business-to-Business-to-Consumer (34,8%) evidenzia un approccio al miglioramento del settore nel quale gli startupper hanno operato nel corso della loro vita professionale.

“Il profilo che emerge dalla ricerca evidenzia come i nuovi imprenditori in Italia siano radicalmente diversi dal cliché del giovane inesperto e ambizioso, nonché dal fondatore di imprese tipico del boom economico” commenta Marco Bicocchi Pichi, presidente di Italia Startup. “I nuovi founder hanno una preparazione di alto livello, messa a disposizione dell’economia del Paese. È auspicabile che l’innovazione generata da questo nuovo tessuto inneschi un circolo virtuoso nel quale queste nuove realtà possano interagire con le medie e grandi imprese italiane. Le professionalità che oggi creano impresa stanno realizzando progetti di alta specializzazione che potrebbero determinare la creazione di cluster specifici. In questo senso le grandi imprese non possono che guardare con interesse alle figure degli attuali founder non giovanissimi che verrebbero immessi in un contesto per loro naturale, per delineare un nuovo sistema di economia della conoscenza in una logica di open innovation”.

Osservando più da vicino il livello di formazione accademica, si scopre che il 33,5% dei nuovi imprenditori ha concluso un lungo percorso di studi con una laurea di secondo livello. Il 32,9% ha conseguito un master ed è presente anche una nicchia di PhD (5,2% dei founder), un aspetto fortemente differenziante rispetto allo stereotipo che vorrebbe lo startupper molto giovane, certamente con lumi di genialità, ma senza un’esperienza corposa in ambito aziendale. Questo spaccato mostra invece un pool di “neo” imprenditori con una preparazione corposa dal punto di vista accademico e di esperienza nel proprio settore, una valorizzazione che si riflette nel fatto che in azienda vengano organizzati momenti di formazione interna per un periodo più lungo di 40 ore a dipendente per quasi un terzo delle startup.

Secondo Enrico Gallorini, consigliere di Italia Startup e autore di questa ricerca, “lo stereotipo della startup va profondamente rivisto, poiché i dati sono chiari: in un sistema complesso e mutevole come quello in cui ci muoviamo, le persone, le organizzazioni e le aziende italiane hanno sempre più bisogno di partire da una preparazione e professionalità estremamente elevate, e continuare ad investire in aggiornamento e formazione per generare e garantire valore”.

Questo modello diffuso nella percezione comune sembra non avere riscontro neppure negli Stati Uniti, se analizziamo uno studio condotto dalla Kauffman Foundation e basato su interviste effettuate a 549 founder di startup di successo negli Stati Uniti. Anche in tal caso infatti emerge che il fondatore tipicamente aveva 40 anni di età e fra i 6 e 10 anni di esperienza lavorativa nel settore. Guardando ai cosiddetti “unicorni”, startup di enorme successo e orientate al pubblico di massa sono stati fondati quando l’imprenditore aveva una trentina d’anni. Interessante notare che nel 60% dei casi i team dei fondatori erano composti da professionisti che avevano lavorato precedentemente insieme. Fra i founder americani, emerge che solamente il 47% ha proseguito gli studi oltre la laurea di primo livello (Bachelor Degree, comunque ottenuta dal 95% di essi) – a differenza degli italiani che nel descriversi mettono a segno un 71,6% di incidenza di laureati magistrali, master e dottorati di ricerca (Ph.D.).

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