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C’è anche la missione digitale nel Giubileo della Comunicazione che apre l’Anno Santo 2025



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Il Giubileo della Comunicazione, a Roma dal 24v al 26 gennaio, con il motto “Pellegrini di Speranza” coinvolge giornalisti, operatori media e missionari digitali. Ne parliamo con monsignor Lucio Adrian Ruiz, Segretario del Dicastero per la Comunicazione

Pubblicato il 23 gen 2025

Antonio Palmieri

Fondatore e presidente di Fondazione Pensiero Solido



Giubileo

Il Giubileo del mondo della comunicazione, dal 24 al 26 gennaio, è il primo dei 36 grandi eventi previsti per quest’anno a Roma.

È emozionato, monsignor Lucio Adrian Ruiz, Segretario del Dicastero per la Comunicazione?

“Sono emozionato per tanti motivi, soprattutto per questo regalo che ci ha fatto Dio di essere il primo evento di questo Anno Santo, come una chiamata ed invito a ad essere una Chiesa che deve comunicare, far arrivare a tutti i cuori questo messaggio di tenerezza e Misericordia di Dio… Si, sono emozionato…queste delicatezze di Dio mi commuovono”

Però non è che sempre la Chiesa mette al centro della sua azione la buona comunicazione, giusto?

“Esatto, il cammino non è semplice in un’era comunicazionale come la nostra. Diciamo che questo essere i primi si deve alla felice circostanza che il 24 gennaio si ricorda San Francesco di Sales, dal 1923 patrono dei giornalisti perché più di quattro secoli fa è stato un comunicatore innovativo, ma sempre nel segno del dialogo, della pacatezza e del coraggio!”

Tuttavia questo Giubileo del mondo della comunicazione non è destinato solo ai giornalisti…

“Certamente no, è il Giubileo della Comunicazione, tutti i comunicatori sono convocati! Saranno con noi a Roma operatori dei media, dirigenti e direttori di testata, videomaker, grafici, copywriter, pr, social media manager, tecnici audio e video, tipografi, informatici…del resto siamo nel 2025 e nell’era digitale vi sono ovviamente tante “categorie” di comunicatori.”

Fatta chiarezza sui destinatari, torniamo all’inizio. Il motto del Giubileo è “Pellegrini di Speranza”. È possibile essere comunicatori di speranza?

“La narrazione dominante ci direbbe di no, ma il Giubileo, trasmettendo il messaggio di Dio, sceglie di andare nella direzione opposta. Per questo nei tre giorni giubilari abbiamo organizzato diverse attività che possano aprire la creatività per comprendere che tutti assieme possiamo offrire un nuovo orizzonte, che apra alla speranza, per toccarla con mano e crearle strade per conoscerla, diffonderla e generarla con tutte le opportunità che noi abbiamo nella nostra realtà della comunicazione.”

Per esempio?

“Sabato 25 al mattino avremo in aula Paolo VI l’incontro ‘In dialogo con Maria Ressa e Colum McCann’, moderato da Mario Calabresi. Dopo l’esibizione del maestro Uto Ughi ci sarà l’intervento di Papa Francesco. Nel pomeriggio ci sarà una serie di incontri di carattere culturale e spirituale che si svolgeranno contemporaneamente in vari luoghi della città. Però tenga conto di una cosa, Antonio…”

Quale, padre Lucio?

“Il Giubileo è una occasione di presa di coscienza e di conversione personale e anche sociale. Come ci ha ricordato monsignor Fisichella lo scorso 7 dicembre, in una catechesi online destinata ai missionari digitali ‘è un momento in cui siamo chiamati a fermarci, a riflettere sulle nostre vite per capire dove stiamo andando. E poi inizia il cammino, il pellegrinaggio verso la Porta Santa, simbolo dell’incontro con il Signore Gesù che ha detto: ‘Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo’”.

Questo che impatto ha sul programma del Giubileo della Comunicazione?

“Per esempio, venerdì sera accoglieremo comunicatrici e comunicatori con la liturgia penitenziale e con la Messa, e sabato inizieremo la giornata alle 7.30 con il Pellegrinaggio guidato alla Porta Santa di San Pietro. Sono dei simboli ma che vogliono marcare un percorso per il cuore.”

Mi permetta una battuta. Tra i comunicatori, i giornalisti non hanno fama di essere mattinieri…

“(ride) È vero, …meglio, così si capisce che inizia qualcosa di nuovo… Diciamo che spesso è a motivo dei loro orari di lavoro. Tuttavia, proprio perché il Giubileo non è un festival o una passerella abbiamo voluto iniziare la giornata di sabato con questo gesto spirituale. Vedrà che ne saranno contenti.”

Glielo saprò dire…Perché avete scelto come testimoni di speranza Maria Ressa e Colum McCann?

“Maria Ressa, Premio Nobel per la pace 2021, è un esempio di giornalismo libero, che non esita ad affrontare il carcere per testimoniare la verità. Colum McCann è un grande scrittore, che nei suoi libri ha saputo raccontare la forza del perdono, che nasce dall’incontro con l’altro.”

In definitiva, possiamo dire che al Giubileo della Comunicazione non si insegnano tecniche speciali per fare meglio il proprio lavoro di comunicatori…

“È vero sì ed è vero no. Se sei una persona che spera, se sei una persona che sa che la vita è un dono da comunicare, se sai che la tua vita è dono e compito, avrai i criteri decisivi per fare meglio anche tecnicamente la tua comunicazione, perché cambiando il cuore tutto cambia. Del resto, questo suo blog si chiama tecnologia solidale. Come può essere solidale se non fosse portata avanti da donne e uomini che sperano di cambiare in meglio la vita delle persone a partire di un cuore nuovo? Ecco noi diamo un nome alla Speranza.”

Prospettiva che ha il suo perché…e che immagino si applichi anche all’altro grande evento giubilare che la coinvolge, padre Lucio…

“..lei si riferisce al fatto che il 28 e 29 luglio ospiteremo il primo Giubileo dei missionari digitali e degli influencer cattolici, corretto?”

Corretto. Da dove nasce questa occasione?

“Da sempre la Chiesa sta dove sta l’uomo. Il digitale è uno degli ambiti dove si svolge la vita dell’essere umano: non è più “virtuale”, ma assolutamente reale. La Chiesa in uscita, come dice Papa Francesco, deve andare dalle persone ovunque esse siano e portare il suo messaggio di senso e di speranza. Dalla Giornata Mondiale della gioventù di Lisbona che abbiamo iniziato un percorso per accompagnare a tutti i missionari digitali ed influencers cattolici perché sentano la compagnia e l’affetto della Chiesa nello svolgimento della loro missione, e promuovere la formazione e la comunione con tutta la Chiesa. Piu che un progetto è un “processo sinodale”, si chiama “La Chiesa ti ascolta” e accompagna ai missionari in tutto il mondo.”

Accostare missionari e influencer non è un azzardo? Il missionario crea comunità, l’influencer vive di follower. In una comunità puoi realizzare le tue capacità, in una dimensione di dialogo e scambio mentre un follower…

“So dove vuole arrivare… pero, quando parliamo di ‘influencer cattolico’ parliamo di quelle persone che fanno di mestiere influencers pero lo fanno con visione e i criteri della fede, come un medico cattolico, un avocato cattolico o un padre o madre cattolico. Invece quando parliamo di ‘missionario digitale’ parlaimo delle persone che nella rete portano il messaggio del Vangelo, ascoltano, aiutano, cioe, come dice Papa Francesco ‘samaritanear’, essere buon samaritano negli spazi digitali. Tutti i due sono importanti e fanno il tessuto della testimonianza che presenta lo stile di vita cristiana, predica il messaggio della speranza e aiuta a chi, ferito nel cammino, ha bisogno di una mano per alzarsi.”

A tutto questo si aggiunge il 27 aprile la canonizzazione di Carlo Acutis, l’adolescente milanese considerato il patrono di internet…

“Ho letto nel suo recente intervento sul Corriere della Sera che a settembre apre a Milano, l’Istituto Tecnico Carlo Acutis, scuola che unirà tecnologia e cultura umanistica. È l’ennesimo frutto dell’opera di un ragazzo che ha usato il suo talento, anche informatico, per gli ultimi e per trasmettere il Vangelo. È stato un missionario digitale ante litteram, un esempio anche per come ha vissuto la sua malattia. Come fanno le amiche e gli amici di ‘La Chiesa ti ascolta’, che ogni giorno portano online l’annuncio della speranza. Questo è il senso della missione digitale, abitare questo nuovo spazio dove ‘abitano’ le persone per dare anche li ragioni della nostra speranza”

Però in questo modo i missionari digitali portano a stare di più online, nei social. Tante famiglie non saranno d’accordo con lei…

“È evidente che troppi social, troppo telefono, troppi video fanno male. Pero dobbiamo partire della realtà, i ragazzi stanno fortemente lì, quindi se vogliamo trovarli dobbiamo andare dove stanno loro, nei loro tempi, con il loro linguaggio, e loro dinamica. Questo è il primo punto per costruire qualcosa nuova, essere con loro, stare li dove loro stanno e rispondere le loro domande. Questo fanno i missionari digitali. È tempo ben speso, perché ci educa a vivere il buono, il bello, il vero, pure nella dimensione digitale della nostra esistenza.”

Forti di questa domanda (non) retorica le auguro un buon Giubileo della comunicazione, monsignor Ruiz.

“A lei e a tutti i comunicatori come lei, Antonio. Grazie e arrivederci a Roma!”

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