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Trasformare il Black Friday in Green Friday? Ecco perché e come



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Ogni anno ad agosto l’umanità ha consumato quello che il pianeta è in grado di produrre in 12 mesi. Ecco perché sarebbe opportuno trasformare il Black Friday in un’occasione di sostenibilità. I consigli pratici

Pubblicato il 2 dic 2024

Paolo Braguzzi

Attivista del business for good



Black Friday
Black Friday

E anche quest’ anno il rito del Black Friday, e del Cyber Monday, si è consumato! È un rito per noi recente, ereditato dalla cultura consumistica per eccellenza, ovviamente quella americana, e che rispetto ad altri eventi consumistici ha dalla sua la purezza. È infatti una giornata (o anche una settimana o un mese, visto che lo si fa iniziare quando pare) che non contamina santi e feste comandate e ha un fine esplicito e trasparente: fare acquistare di più, a meno

Premetto che nella prospettiva del consumatore non ho nulla contro l‘idea di sfruttare le occasioni che si hanno per risparmiare. E peraltro ognuno con i suoi soldi fa giustamente ciò che gli pare. Nella prospettiva della persona/cittadino invece è lecito porsi qualche domanda e ricordarsi un po’ di fatti.

Black Friday: le radici nel consumismo americano

Ad esempio, che ogni anno più o meno agli inizi di agosto l’umanità ha già consumato tutto quello che il nostro pianeta è in grado di produrre in dodici mesi (come ci insegna l’overshoot day) e da quel giorno consuma “a debito”. Un debito che pagheranno certamente le generazioni future ma di fatto anche quella presente, nella misura in cui non è in grado di distribuire le risorse che il pianeta ci mette a disposizione in modo tale da soddisfare i bisogni di base di tutti (e non parlo dello smartphone ovviamente, ma del cibo, dell’acqua, dell’assistenza sanitaria).

Black Friday: la questione degli sprechi

Oppure si può prendere atto che l’eccesso di consumo può avere altre conseguenze critiche, perché ad esempio non siamo in grado di smaltire ciò che mettiamo da parte. In proposito apre gli occhi la visione di Junk/Armadi pieni (qui la prima puntata),  un documentario che fra le altre cose racconta dove finiscono i capi d’abbigliamento che dismettiamo, per fare posto nell’armadio a quelli nuovi.

O ancora posiamo ricordarci che buona parte degli apparecchi elettrici ed elettronici, dai computer agli smartphone, dai giochi elettronici agli elettrodomestici, è ancora difficile da riciclare e spesso finisce in discarica.

O infine che l’eccesso di consumo comporta anche un aumento delle di emissioni di CO2, con ciò che ne consegue sul clima.

Da “attivista del business for good” mi pongo invece una domanda e cioè: “Come può un’impresa evitare di incentivare l’eccesso di consumo?”. E non in generale, ma proprio di evitare il consumo eccessivo dei propri prodotti, il che significa andare contro i propri interessi, fra cui quello di vendere di più, secondo ciò che nelle imprese normalmente riteniamo che siano, dimenticandoci di quelli delle persone, della società e dell’ambiente.

In generale, il che vale in ogni momento dell’anno, si tratta di non cercare di vendere ciò di cui le persone non hanno bisogno. Anche accettando che oltre ai bisogni “funzionali” ci siano anche i bisogni emozionali e di status, il creare in modo consapevole un senso di inadeguatezza nelle persone facendo sì che riempiano quel vuoto attraverso ciò che acquistano, è una pratica riprovevole tanto quanto è stata ricorrente nel marketing e ha pervaso la cosiddetta “società dei consumi”, cioè la nostra. Questa spinta al consumare trova risonanza anche in tanti modelli e tattiche: dai formati esagerati che stimolano a mangiare e bere di più al fast fashion, che comporta il buttare capi che ancora avrebbero una lunga vita utile; dalla vendita a rate, di fatto un incentivo ad acquistare ciò che non possiamo ancora pagare, all’obsolescenza programmata.

Trasformare il Black Friday in occasione di sostenibilità

Veniamo invece ad eventi come il Black Friday. È chiaro per la singola impresa lottarvi contro è impossibile. Ma resta la possibilità di trasformare l’attenzione generata dal Black Friday in qualcosa di buono, cioè sostenibile.  Ha iniziato a farlo tanti anni fa Patagonia, prima con la sua famosa campagna “DON’T BUY THIS JACKET”, che invitava a rinunciare all’acquisto di un nuovo capo, e poi devolvendo tutte le somme ricavate in quel giorno ad organizzazioni ambientaliste.

E dal 2015 è nato un movimento/concetto denominato Green Friday, e che propone di sfruttare questa giornata come un’occasione per richiamare a comportamenti consapevoli, cosa che si può fare attraverso una di queste modalità, che ho rintracciato in un bell’articolo su questo modello e che si trova qui:

offrire gli sconti solo sui più sostenibili fra i propri prodotti;

ospitare nei propri negozi eventi per incoraggiare i consumatori ad essere più sostenibili, ad esempio sul tema della “moda circolare;

donare i profitti o una loro parte a organizzazioni che si occupano di salvaguardia dell’ambiente;

lanciare una campagna di ritiro o riparazione di ciò che altrimenti verrebbe gettato.

Consigli oramai superati per quest’anno ma di cui prendere nota per le prossime edizioni di questo evento oramai irrinunciabile, e così contribuire a far sì che la grande attenzione che diamo a questa giornata venga trasformata in un’occasione per ricordare quanto è importante il contrario di ciò per cui è nata: il consumo consapevole.

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