L'INTERVISTA

Tomaso Mansutti, wefox Italia: “Facciamo insurtech per gli intermediari e le compagnie”

“Non siamo competitor delle compagnie assicurative, ma un abilitatore di sistema”, dice Tomaso Mansutti, Country Manager Italia di wefox, l’unicorno che ha da poco chiuso un round da 400 milioni di dollari.”L’Italia deve allargare le vedute all’Europa”

Pubblicato il 29 Lug 2022

Tomaso Mansutti, Country Manager Italy Wefox

“Non siamo competitor delle compagnie assicurative, ma un abilitatore di sistema che cerca di innovare il settore, e pone l’intermediario al centro. Siamo convinti che la relazione umana sia e resti di fondamentale importanza”. Ci tiene a sottolineare questo messaggio Tomaso Mansutti, Country Manager di wefox Italia e responsabile delle partnership internazionali di wefox. Tomaso dell’assicurazione italiana ha visto la storia: è nipote e successore di Enea Mansutti, fondatore dello storico broker Mansutti Assicurazioni che, a quasi un secolo dalla fondazione, nel 2021 è stato acquisito dall’unicorno tedesco wefox. A InsuraceUp racconta la strategia dell’unicorno insurtech europeo che a metà luglio ha chiuso un round da 400 milioni di dollari

Dal 2005 Tomaso è stato CEO della compagnia di famiglia, con alle spalle un’esperienza molto internazionale. Laureato in America, dopo anni di Marina ha conseguito un master in Economia e Commercio alla Bocconi. Ha lavorato a New York con AIG prima di tornare in Italia per prendere le redini di Mansutti Assicurazioni. È tra i soci fondatori di Clusit, l’associazione italiana per la sicurezza informatica.

“Come Mansutti abbiamo sempre avuto un occhio sul digitale” spiega, “Già prima dell’unione delle due compagnie eravamo molto orientati sulle tecnologie, con diversi milioni di investimento all’anno. Abbiamo sempre guardato al digitale come strumento per migliorare il mondo delle assicurazioni”.

wefox-Mansutti: come un unicorno nato da pochi anni compra un broker con un secolo di storia?

Non si innova senza solide radici se non in maniera estemporanea e a volte gli innovatori se lo dimenticano. Servono solide conoscenze di cosa si sta innovando. L’acquisizione è nata da questa volontà. Mansutti documenta la storia dell’assicurazione dalla sua origine: la sua Fondazione è considerata il centro più autorevole al mondo su questo settore.

Anche wefox, a ben guardare, nella sua breve vita ha fatto la storia: ha aiutato a coniare lo stesso termine insurtech. E ora, eccoli uniti per migliorare insieme il mondo assicurativo – un sentimento condiviso da tutti i livelli dell’organizzazione.

Come l’unione con wefox ha contribuito alla strategia di digitalizzazione di Mansutti?

Tra gli ambiti dove abbiamo visto una maggiore innovazione, sicuramente i processi di underwriting e di sottoscrizione, i sistemi anti-frode, e l’offerta insurance as-a-service, quindi un modello in abbonamento che dà la possibilità di scegliere il servizio di cui si ha bisogno al momento senza vincoli rigidi. Abbiamo migliorato anche la monetizzazione del servizio, l’automazione dei processi a tutto tondo, l’efficienza nelle vendite.

Particolarmente rilevante è la gestione della prevenzione: wefox ha a Parigi un team di 30 persone interamente dedicate allo sviluppo dell’intelligenza artificiale per questo tema.

Si tratta di una delle strategie focali che introdurremo nei prossimi anni. Puntiamo a ridurre del 30% i sinistri, attraverso la lettura di dati e comportamenti e l’implementazione di un modello di prevenzione dei rischi. Sarà un sistema in abbonamento pensato per ridurre i sinistri, con vantaggi anche economici. Una gestione dei rischi della vita a tutto tondo: dall’auto a salute, wellbeing e via dicendo.

Che cos’è oggi wefox?

La nostra strategia è incentrata sugli intermediari, a cui forniamo tecnologie come nuovo servizio per la loro clientela. È un modello unico nel suo genere, che non si vede nelle varie società nel mondo assicurativo. wefox non è solo una piattaforma, ma un ecosistema abilitatore.

Ci definiamo ‘Digital insurance company’, e spesso c’è un passo falso nella percezione del significato del termine in italiano. Non siamo una compagnia digitale, siamo prima di tutto una piattaforma. Per le compagnie assicurative non ci poniamo come concorrente, ma come abilitatore.

wefox ha chiuso da poco un round da 400 milioni di dollari: che cosa porterà in termini di innovazione, in particolare in Italia?

Il round è stato frutto di una strategia vincente, ed è segno dell’interesse del mercato per wefox. Anche grazie ad esso la nuova piattaforma sta avendo ottimi risultati. Dovremmo essere orgogliosi, come europei, che una società completamente europea stia crescendo così tanto nell’insurtech.

wefox, oggi come oggi, non ha ‘bisogno’ di fondi per sopravvivere: fin dalla fondazione nel 2015 abbiamo raddoppiato il fatturato ogni anno e siamo in grado di sostenerci con le nostre forze. L’investimento sarà quindi usato per spingere la crescita internazionale, in Europa in primis e poi nel 2024 sia in America che in Asia.

Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo una crescita organica e puntiamo a raggiungere per fine 2024 oltre 500 collaborazioni attive, un punto focale nostra strategia.

Stiamo investendo in innovazione, particolarmente IoT, per fornire risposte assicurative competitive e mirate. Secondo le proiezioni, nel 2025 avremo 15 dispositivi IoT a testa, e questo avrà un impatto inimmaginabile, maggiore a qualsiasi altra industria. Aiuterà ad aumentare l’awareness del rischio e spostare il focus sulla prevenzione, in linea con la nostra strategia: pensiamo ad offerte native con l’acquisto dell’auto, polizze a consumo sui kilowatt utilizzati per il mondo delle auto elettriche, offerte Real Estate con sistemi di reward per comportamenti salutari, e sicurezza negli ambienti lavoro.

La nostra piattaforma abilita tutto questo. Offriamo un ecosistema aperto in tutti i Paesi, dando quindi la possibilità ad aziende internazionali di gestire il proprio sistema tecnologico in modo semplice e con un solo strumento in tutti i mercati. Permettiamo di digitalizzare non solo il front end con cui interagisce il cliente, ma l’intero sistema, fin dall’origine.

Come vede il panorama insurtech italiano? Cosa abbiamo, cosa ci manca, cosa possiamo aspettarci per il futuro?

Da un lato è importante creare in Italia un terreno fertile per l’innovazione. Siamo indietro rispetto ad altri paesi, In Italia ci manca un ecosistema e prima di tutto ci mancano fondi per far crescere le tecnologie abilitanti. Negli ultimi due anni le società insurtech hanno raccolto solo 175 milioni all’anno, contro i 3 miliardi della Francia e gli 1,5 di Germania e Regno Unito. Aumentare gli investimenti in insurtech è fondamentale. Penso che dovremmo trovare il modo di creare un boost per le nostre aziende, che hanno i talenti e la voglia di innovare.

Dall’altro lato, penso che dovremmo allargare le nostre vedute all’Europa in generale. Raccogliessimo anche 1,5 miliardi, da soli non possiamo competere con i giganti che sono USA e Asia, e nemmeno con tutto il resto dell’Europa. Spesso ci focalizziamo soltanto sul nostro Paese, e perdiamo di vista il potenziale dell’ecosistema che ci circonda. L’Europa è una melting pot non meno degli USA e dovremmo valorizzare questo aspetto per crescere insieme.

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