Per crescere e diffondersi, il modello Open Insurance ha bisogno di un quadro normativo. È un concetto riconosciuto dalla maggioranza dei suoi promotori, ma un’operazione più facile a dirsi che a farsi.
Così come con l’Open Banking, l’assicurazione aperta tocca temi estremamente sensibili come la privacy e l’utilizzo e la condivisione dei dati del consumatore. Tuttavia, il suo ambito applicativo è più esteso e complesso rispetto a quello che regolamenta il mondo delle banche e del fintech, e richiede particolare attenzione per trovare un giusto equilibrio tra apertura e sicurezza.
L’approccio normativo applicato all’Open Insurance è stato il tema di una delle tavole rotonde che hanno accompagnato la presentazione del report 2021 dell’Osservatorio Open Insurance di Italian Insurtech Association, una finestra sullo stato attuale del modello di assicurazione aperta in Italia e delle sue prospettive.
Il confronto ha portato a galla gli ostacoli principali e i necessari fattori da tenere in considerazione nella stesura di una regolamentazione del modello aperto applicato alle assicurazioni. Ecco cosa è emerso.
Il primo passo: definire cos’è Open Insurance
Il primo scoglio che si pone alla creazione di una normativa per il modello di Open Insurance sta proprio nel concetto stesso di assicurazione aperta: non esiste ad oggi una chiara definizione di Open Insurance e dei suoi esatti ambiti di applicazione.
Su questo tema EIOPA (European Insurance and Occupational Pensions Authority), l’istituzione per la regolamentazione finanziaria dell’Unione Europea, ha pubblicato un discussion paper basato sulle sue indagini: “Open Insurance: Accessing And Sharing Insurance-Related Data.”
“Le recenti iniziative dell’Unione Europea riconoscono l’importanza dell’innovazione data-driven e dello scambio dei dati nel mercato interno EU” spiega Andres Lehmets, Insurtech Expert del Consumer Protection Department EIOPA. “Il GDPR è nato per la protezione delle persone rispetto all’utilizzo dei loro dati personali, ed è stato consolidato per l’industria finanziaria con la PSD2, che ha segnato un passo importante verso la condivisione dei dati, con il consenso del consumatore, tra istituzioni bancarie e terze parti per creare nuovi servizi.”
“Tuttavia” continua Andres, “L’ambito applicativo della PSD2 è limitato ai pagamenti. L’Open Insurance non ha una chiara definizione. Oggi esistono sia una sua interpretazione in senso stretto sia un’applicazione più ampia. E non esiste una legislazione analoga alla PSD2 per alcuni suoi ambiti d’interesse, come i fondi pensione e i prodotti assicurativi. Per questo abbiamo messo insieme questo discussion paper per analizzare il tema e decidere i prossimi passi”.
Il primo sarà, necessariamente, definire cosa si intenda esattamente per assicurazione aperta.
“Non ci aspettiamo che una regolamentazione per l’Open Insurance sia un copia incolla della PSD2 usata per l’Open Banking” afferma Dario Focarelli, Direttore Generale ANIA. “I dati gestiti dalle compagnie assicurative sono molto più complessi e sensibili rispetto a quelli di cui si occupa la PSD2. Sarà necessario una regolamentazione ad hoc, e naturalmente una chiara definizione di cosa vogliamo regolamentare”.
Mettere in conto i nuovi player nella normativa
La regolamentazione per l’utilizzo dei dati nel modello di assicurazione aperta dovrà inoltre confrontarsi con l’entrata nel settore di nuovi attori cross industry, per loro natura meno regolamentati rispetto alle assicurazioni, e garantire una competizione leale.
“Sono due i temi di cui tenere conto” spiega Andres Lehmets, “La distribuzione, e la competizione. L’Open Insurance abilita nuovi canali di distribuzione tramite la collaborazione con attori esterni al settore assicurativo. Tuttavia, l’entrata nel settore di questi nuovi player porterà a una maggiore competizione. La regolamentazione giocherà un ruolo molto importante per assicurare che tutti i player seguano le stesse regole e si confrontino con gli stessi rischi”.
“Sono due i topic da tenere in considerazione” aggiunge Dario Focarelli, “Uno, il consumatore deve avere lo stesso livello di protezione dei dati a prescindere dal tipo di compagnia con cui si interfacci. Due, è necessaria un’equa distribuzione dei costi tra tutti gli attori, specialmente per la creazione della nuova infrastruttura.”
La competizione con i nuovi player sarà senza dubbio ardua per le compagnie assicurative, che si troveranno a confrontarsi, per esempio, con grandi aziende del big tech, telecomunicazioni ed energia. Per le quali, al momento, la regolamentazione per l’uso dei dati è molto più blanda, e permette la monetizzazione dei dati comportamentali raccolti – il che mette in una posizione di svantaggio le assicurazioni, a cui questo non è concesso.
“La parola chiave è reciprocità” conclude Focarelli, “Sarà importante costituire una base legale perché, oltre a permettere ad attori esterni l’accesso dei dati delle compagnie assicurative, anche le compagnie assicurative abbiano accesso ai dati disponibili al loro concorrenti. Creare un sistema di Open Insurance efficace significa creare un intero ecosistema dove tutti gli attori hanno gli stessi strumenti. Si potrebbe pensare di permettere l’accesso anche ai dati del settore pubblico, per migliorare prodotti e servizi assicurativi per i cittadini”.
Perché l’Open Insurance è importante in Italia
Nonostante gli scogli normativi, l’acquisizione di un modello di assicurazione aperta porterebbe grandi vantaggi, specialmente qui in Italia.
Non solo spingerebbe la digitalizzazione di un settore ancora molto indietro rispetto alla domanda del nuovo – ma ormai predominante – consumatore digitale. “L’Open Insurance permetterebbe di mettere a disposizione prodotti e servizi assicurativi all’interno di servizi terzi, aumentando l’accessibilità e l’attrattività per il consumatore” spiega Andrea Lorenzoni di Accenture.
Questo darebbe una decisiva spinta al mercato, proponendo coperture assicurative in parallelo ad un servizio/prodotto “concreto”, come ad esempio l’acquisto di un’auto o di un viaggio. In altre parole, porterebbe la copertura assicurativa dove e quando sorge un bisogno puntuale, incentivando il consumatore ad usufruirne.
“Ci aspettiamo che questa spinta aiuti a colmare il “protection gap” italiano, e sollevare l’italia dalla posizione di uno dei Paesi del mondo occidentali più sotto-assicurati” conclude Lorenzoni.