L'EDITORIALE

Siamo pronti per l’onda insurtech?

Nei primi mesi del 2021 gli investimenti fintech in Europa hanno già superato il record del 2019. Sull’Insurtech si sono riversati 1,8 miliardi. I grandi fondi nordamericani e del Far East cominciano a puntare sulle startup del Vecchio Continente. Non solo in Gran Bretagna ma anche in Francia e Germania. E l’Italia?

Pubblicato il 18 Giu 2021

Giovanni Iozzia

direttore responsabile EconomyUp

Photo by Filipp Nekhaev on Unsplash

Se si guarda dall’alto l’Insurtech, si vede un gran movimento. Anche in Europa. Ma l’Italia non sembra ancora in posizione per cogliere l’onda e trarre beneficio dell’inevitabile accelerazione nella trasformazione digitale dell’insurance. Il rischio? Diventare una colonia tecnologica e finanziaria.

Gli investimenti in fintech in Europa hanno già superato il record del 2019

Nei primi sei mei del 2021, secondo i dati di Dealroom, siamo già arrivati a 10.4 miliardi con round clamorosi come quello di Klarna (639).

Il 2020 ci ha fatto vedere e capire quanto siano importanti le relazioni digital nel mondo dei servizi finanziari e i capitali corrono dietro le imprese che le stanno curando, gestendo e valorizzando. Siamo di fronte a un’accelerazione importante che dovrebbe vincere le residue resistenze degli incumbent e convincerli a mettersi in gioco, andando oltre lo scouting e i POC: non c’è tempo da perdere. Per diverse ragioni.

L’insurance è un’industria globale di 6 trilioni di dollari, finora poco toccata dalla trasformazione digitale

Costituisce quindi una grande opportunità per le tech company, soprattutto startup che stanno lavorando sui suoi punti di debolezza: una catena del valore complicata e frammentata, la crescita dei costi operativi che hanno ridotto i margini, una sensazione rassicurante di protezione ispirata dalla quantità di capitale necessario e da apparati normativi stringenti.

La disruption può ridurre i costi, estrarre nuovo valore senza fermarsi certo davanti alle barriere burocratiche. Soprattutto quando cominciano ad affluire ingenti risorse finanziarie come sta accadendo sempre di più , anno dopo anno. Se il fintech ha fatto boom non è solo grazie a diversi mega round abilitati soprattutto dall’open banking, ma anche a una nuova ondata insurtech che in Italia facciamo fatica a vedere.

Il fintech resta il settore dell’innovazione dove si concentrano gran parte degli investimenti, con i fondi americani e cinesi in prima fila

In Europa finora lo scenario è stato dominato dalla Gran Bretagna, secondo mercato dopo gli Stati Uniti. Finora, perché la quota di UK nel Vecchio Continente per la prima volta è sotto il 50%. Avanzano Francia, Germania, Svezia con masse investite fra 1,5 e 2 miliardi. Promemoria: stiamo parlando solo di fintech, in Italia il totale degli investimenti in startup è ancora abbondantemente sotto il miliardo.

L’insurtech è stato finora “sottoinvestito”, sottolinea un report del fondo di venture capital Mundi Ventures con Dealroom, e forse anche per questa ragione gli investimenti hanno un tasso di crescita superiore ad altri settori: dal 2016 sono aumentati di oltre quattro volte contro le 2.6 di Health e l’1.4 dell’intero comparto fintech: 7.3 miliardi dollari a livello globale contro l’1.8 del 2016, appunto.

Nei primi mesi del 2021 sull’Insurtech europeo si sono già riversati 1,8 miliardi con 34 round superiori ai 2 milioni

dicono ancora le analisi di Dealroom, che prevedono una chiusura d’anno a 4,2 miliardi con 78 round. Stiamo parlando di un mercato valutato 23 miliardi, valore che al 2024 dovrebbe arrivare a 1.6 trilioni.

Insomma, il gioco comincia a farsi duro. E l’Europa diventa attraente. Anche nell’insurtech ci sono i megaround (come quelli della tedesca Wefox che presto arriverà in Italia – 650 milioni, valutazione 3 miliardi – o l’inglese Bought by Many – 350 milioni, valutazione oltre 2 miliardi). Per la prima volta quest’anno un fondo come Sequoia ha investito nel Vecchio Continente, in Germania e in Francia.

Sono lontani i tempi in cui Peter Thiel, founder di PayPal ma anche di Palantir, definiva l’Europa “un fannullone da cui aspettarsi poco”

Il suo fondo Mthral Capital ha guidato a metà giugno un round da 30 milioni sulla fintech inglese Generation Home. Sarà perché UK è adesso fuori dall’Europa? È molto più probabile che Thiel abbia cambiato idea, come molti altri investitori nordamericani e del Far East che adesso vedono nell’Europa un potenziale di crescita e di cambiamento ancora tutto da cavalcare. Ma dove stanno guardando? Nella solita Gran Bretagna, certo, ma anche in Germania e in Francia.

Dove vanno i capitali? Gran Bretagna, Germania, Francia. E l’Italia?

I capitali stanno andando verso quegli ecosistemi più maturi e dove l’innovazione è meglio accolta e considerata. Il vantaggio non è solo per le startup finanziate, che così hanno più probabilità di diventare vere aziende, ma per tutto il sistema economico e delle imprese di quei Paesi. Non mancherà molto che gli unicorni tedeschi o francesi si muoveranno alla conquista dell’Italia, mangiando quote di mercato agli incumbent e alle startup. L’onda sta salendo: l’Italia è pronta a cavalcarla? Se non lo farà, qualcuno in un futuro prossimo probabilmente dirà non tanto che siamo fannulloni ma bamboccioni si.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia
direttore responsabile EconomyUp

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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