Non solo venture capital

“Investimenti bancari in startup: è boom”

In meno di tre mesi gli impegni degli istituti di credito a favore delle nuove imprese sono cresciuti di 35 milioni. Lo dicono alcuni dati elaborati dal Mise e anticipati dal segretario di Italia Startup Federico Barilli. “Ora è importante attivare i finanziamenti delle imprese e quelli di investor stranieri”

Pubblicato il 17 Set 2014

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Non solo business angel e venture capital. Gli investimenti sul mondo startup da parte delle banche sono in forte ascesa. A dirlo è Federico Barilli, segretario generale di Italia Startup, che annuncia quello che definisce “scoop”, anticipando alcuni dati elaborati dal Ministero dello Sviluppo economico che sarà diffusi nei prossimi giorni.

Gli investimenti da parte delle banche – dice – sono cresciuti di 35 milioni di euro in meno di tre mesi, da fine giugno ad oggi”. Gli istituti di credito, che in passato valutavano quello delle startup come un terreno troppo insidioso su cui investire, sono state anche incentivate dal fondo di garanzia istituito dal Governo, che copre circa l’80 per cento del rischio bancario sull’investimento alla nuova imprenditoria.

Resta invece intorno ai 100 milioni l’investimento istituzionale (di venture capital e business angel) complessivo. “Dobbiamo cercare di attivare altri due tipi di finanziamento: gli investimenti delle imprese, oggi limitatissimi – prosegue Barilli – e quelli di investor stranieri, disposti a finanziare cifre molto più alte rispetto agli italiani”.

Il trend vincente, però, secondo Italia Startup, è quello della contaminazione tra impresa tradizionale e startup: “Lasciamo da parte il modello americano, a mio avviso discutibile, di società alla Facebook che fanno il boom e diventano milionarie in pochissimo tempo. Il tessuto dell’imprenditoria italiana è differente, per questo abbiamo deciso di denominare le startup “Giovani Imprese Innovative”. Fondamentale è che queste cerchino affiancamenti e partnership con aziende radicate per riuscire a penetrare il mercato”.

Necessario anche “riordinare” l’ecosistema degli incubatori e renderli più verticali (specializzati su un settore) e internazionali: “L’internazionalizzazione di una startup deve partire dalla nascita affinchè sia pronta al mercato globale e quindi competitiva”.

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