I Big Data nelle assicurazioni, tra opportunità e approccio etico

Ogni persona genera oltre 1.7 megabytes ogni secondo. E tutte le aziende utilizzano i nostri dati in modi che spesso non l’utente non conosce o non percepisce come valore. Anche per le Compagnie assicurative la più grande sfida oggi è rappresentata dal corretto equilibrio tra esigenze di business e istanze etiche.

Aggiornato il 30 Set 2019

Donatella Cambosu

Giornalista

big data assicurazioni

I Big Data, nelle assicurazioni, sono un tema centrale, che oggi pone diverse sfide, ma presenta enormi opportunità. Le Compagnie hanno accesso a dati granulari come mai prima, ognuno di noi quotidianamente produce dati, un’enorme quantità di dati, consapevolmente (carte di credito, social, le app, ricerche online, messaggistica, email, foto, video, wearable); ma anche inconsapevolmente, attraverso cartelle cliniche digitali e pratiche amministrative e di vario genere digitalizzate che ci riguardano. E non sono solo le persone a generare dati, sono anche le aziende, le organizzazioni pubbliche e private, gli oggetti connessi, a cominciare dai nostri smartphone. I dati sono informazioni in formato digitale e ne generiamo talmente tanti che non esiste stima davvero attendibile, sono tutte necessariamente approssimative. IDC nel 2013 in uno studio per EMC prevedeva che nel 2020 la produzione raggiungerà circa 44 zettabyte a livello mondiale, ogni persona ne genererà 1.7 megabytes ogni secondo; ma uno stesso studio più recente (2018) di IDC per Seagate, parla addirittura di 175 ZB entro il 2025, oltre il 60% di crescita all’anno.

Sono numeri che impressionano anche quando non se ne coglie appieno la dimensione, ma possiamo dire che si tratta di una crescita esponenziale.

IDC fa un esempio per far comprendere la misura di 175 ZB (l’intera Global Datasphere) e dice: se si fosse in grado di memorizzare 175 ZB su DVD, allora si avrebbe una pila di DVD che ci potrebbe portare alla luna 23 volte o intorno alla Terra 222 volte.

Definizione di big data

I big data sono tutte le informazioni in formato digitale, sono enormi volumi di dati eterogenei per fonte e formato, che possono essere raccolti, immagazzinati e attraverso appositi software analizzati, diventare conoscenza e valore.

Secondo la maggior parte degli esperti, i big data sono caratterizzati da determinate caratteristiche. Nel 2001, Doug Laney, allora vice presidente e Service Director dell’azienda Meta Group, descrisse in un report il Modello delle 3V relativo alle 3V dei Big Data: Volume, Velocità e Varietà. Oggi il paradigma di Laney è stato arricchito dalle variabili di Veridicità e Valore e per questo si parla di 5V dei Big Data

Cosa significano le 5V dei Big Data

Volume – Il volume si riferisce alla grande quantità di dati generati ogni secondo. I set di dati sono diventati troppo grandi per essere gestiti, archiviati e analizzati utilizzando la tradizionale tecnologia di database, oggi si utilizzano sistemi distribuiti, dove parti dei dati sono memorizzati in luoghi diversi, collegati in rete e riuniti da software.

Velocità – Si riferisce alla velocità con cui vengono generati nuovi dati e alla velocità con cui i dati si muovono. Basti pensare ai post dei social media che diventano virali in pochi minuti, alla velocità con cui un’email o un messaggio raggiunge il destinatario o alle transazioni con carta di credito, ai millisecondi necessari ai sistemi di trading per analizzare i social media per raccogliere segnali che innescano decisioni di acquisto o vendita di azioni.

Varietà – Si riferisce ai diversi tipi di dati che possiamo utilizzare. In passato ci si limitava a dati strutturati che potevano essere inseriti in tabelle o database relazionali come i dati finanziari (ad esempio, vendite per prodotto o regione). Oggi la maggior parte dei dati è destrutturato, cioè eterogeneo – foto, video,  audio, testi, output di sensori o iot, aggiornamenti dei social media. Con le tecnologie big data oggi è possibile sfruttare anche questo tipo di dati destrutturati e riunirli con dati più tradizionali e strutturati, per ottenere ‘risposte’, indicazioni, previsioni, conoscenza.

Veridicità – Si riferisce sia alla confusione che all’affidabilità dei dati. Con i dati destrutturati, la qualità e l’accuratezza sono meno controllabili, ad esempio i post di Twitter con hashtag, abbreviazioni, errori di battitura e discorsi colloquiali a volte non sono affidabili. Ma i volumi spesso compensano la mancanza di qualità e precisione.

Valore – Si riferisce alla nostra capacità di estrarre dall’analisi dei dati elementi utili per migliorare il business, un servizio, la nostra salute, e qualsiasi altro contesto in cui determinate informazioni possono avere un impatto decisionale positivo. Molti definiscono il valore anche monetizzazione, che è corretto, ma insufficiente a capire la portata che l’analisi dei dati può avere nella qualità della vita e in diversi contesti in cui il valore non è solo economico, ma qualcosa di diverso come la salute, la sostenibilità ambientale, la ricerca, la sicurezza, la giustizia.

Secondo Bernard Marr (esperto di dati e autore del libro ‘Big Data – Using Smart Big Data, Analytics and Metrics To Make Better Decisions and Improve Performance) la V di Valore è l’unica che ha veramente importanza. Se i dati non vengono utilizzati, gestiti e capiti, non si trasformano in conoscenza, che in ultima analisi è ciò che serve per prendere decisioni più consapevoli, in ambito business e non solo. Dalla personalizzazione della comunicazione con il cliente all’efficientamento dei processi produttivi, passando per la gestione dei flussi e delle emergenze, i Big Data Analytics hanno un impatto in tutti i processi.

L’impatto dei Big Data

L’uso dei dati oggi sta trasformando il nostro modo di vivere e lavorare, sta trasformando le nostre economie. Le aziende di tutto il mondo utilizzano i dati per trasformarsi e diventare più agili, migliorare l’esperienza dei clienti, introdurre nuovi modelli di business e ottenere vantaggio competitivo. I consumatori vivono in un mondo sempre più digitale, che dipende dai canali online e mobili per connettersi con amici e familiari, accedere a beni e servizi, e gestire quasi ogni aspetto della loro vita, anche mentre dormono. Gran parte dell’economia di oggi si basa sui dati, anche in un settore come l’agricoltura, e questa dipendenza non potrà che aumentare in futuro, poiché le aziende catturano, catalogano e immagazzinano dati in ogni fase della loro catena di fornitura; le imprese raccolgono grandi quantità di dati dei clienti per fornire maggiori livelli di personalizzazione; e i consumatori integrano social media, intrattenimento, cloud storage, e servizi personalizzati in tempo reale nei loro flussi di vita. La conseguenza di questa crescente dipendenza dai dati sarà una continua espansione delle dimensioni della Global Datasphere.

Sul fronte del business, i settori che possono maggiormente trarre benefici dai big data sono: Banche, Manifatturiero, Telco e Media, Intrattenimento, Sanità, Servizi, Retail/GDO, Utility, Assicurazioni, Agricoltura, Marketing e comunicazione, Formazione, Education.

L’unico ‘ostacolo’ all’utilizzo dei dati da parte delle varie industrie, ma in particolare quelle che sviluppano business con l’utente finale, è costituito dai limiti imposti da questioni di privacy e tutela del consumatore, questioni che vanno risolte a monte con l’intervento del legislatore che a livello europeo ha adottato, per esempio, il GDPR. Ma la regolamentazione non è uguale in tutto il mondo.

Quali Big Data nelle assicurazioni: data enrichment

Le assicurazione sono un settore da sempre basato sull’uso di dati, necessari per una valutazione del rischio, e la conseguente fissazione del premio, quanto più accurata possibile. L’elaborazione dei dati dell’attività assicurativa ha tradizionalmente riguardato dati demografici, dati sull’esposizione o dati comportamentali, ma oggi, queste serie di dati tradizionali sono sempre più spesso combinate con nuovi tipi di dati, come i dati dell’internet degli oggetti (Internet of Things – IoT), i dati che arrivano dai social network e i comportamenti online, i dati dei conti bancari e delle carte di credito, al fine di effettuare analisi più sofisticate e complete, in un processo comunemente noto come “data enrichment”. Che attraverso intelligenza artificiale e analytics, forniscono alle Compagnie lo strumento per rivoluzionare processi, costi operativi, offerte, relazione con il cliente.

I Big Data possono aiutare le Compagnie in diversi modi:

Valutazione del rischio e fissazione dei premi. Un esempio applicativo sotto gli occhi di tutti è in ambito polizze auto, dove attraverso i dati ulteriori forniti dalle black box è oggi possibile per le Compagnie ridurre il premio, fare sconti o addirittura fornire polizze usage-based;

–  Conoscere meglio i clienti e le sue esigenze. L’analisi dei dati offre una comprensione più profonda del comportamento dei clienti, di ciò che cercano con le polizze assicurative, di potenziali problemi che possono causare attriti, dei canali più efficaci per raggiungerli e così via; ciò significa in definitiva migliorare l’acquisizione di nuovi clienti, la soddisfazione e la fidelizzazione;

Realizzare nuovi modelli di distribuzione – assistenti virtuali, robot-consulenti e chatbot migliorano le interazioni con i clienti e rendono il marketing più mirato;

– Innovare il modello di business. I Big Data permettono alle Compagnie di ottimizzare e automatizzare i processi, riducendo costi e migliorando l’efficacia; ma soprattutto di agire in un’ottica di preventive insurance, aiutando il cliente a prevenire il danno piuttosto che occuparsi del mero risarcimento; di personalizzare servizi e pricing, di creare modelli alternativi come le polizze peer-to-peer,  on demand, micropolizze, ecc.;

Claim management. La gestione dei sinistri è uno degli ambiti che possono trarre vantaggio dai Big Data, sia in riferimento alla customer experience, sia rispetto alla riduzione delle frodi e dei costi operativi.

Le Assicurazioni stanno già utilizzando i Big Data, ma la situazione è varia leggermente nei diversi rami.
Per esempio, nelle assicurazioni Vita e Salute, l’utilizzo di nuove fonti di dati (come i wearable) e i software di data analytics, permettono di sviluppare nuovi modelli assicurativi che non solo possono essere più mirati, ma incoraggiano anche i consumatori a migliorare il proprio stile di vita offrendo sconti a coloro che realizzano comportamenti più virtuosi. Tuttavia, in questi ambiti l’utilizzo di Big Data pone anche questioni circa la tutela della privacy, la sicurezza e l’etica.

La situazione è più semplice per il ramo danni, dove tali problemi relativi all’uso dei dati pongono meno problemi, in quanto si tratta spesso di dati crittografati (quelli dei GPS usati per le assicurazioni auto, per esempio) o in ogni caso dati meno afferenti la sfera personale, quindi dati non sensibili.

Un ambito in cui si sta verificando un’ampia applicazione di Big Data e tecnologie AI è quello del Travel Insurance. Il prezzo relativamente basso della polizza rende l’assicurazione viaggio una decisione piuttosto rapida e le tecnologie possono accelerare l’interazione con i clienti, fornire prodotti e servizi più personalizzati, automatizzare la comunicazione semplice, migliorare la soddisfazione del cliente e configurare rapidamente l’offerta più vantaggiosa.

Big Data in ambito salute

In ambito salute, l’approccio data-driven cambia radicalmente la prospettiva di servizi e soluzioni anche per le assicurazioni. La salute è un bene primario ad ogni latitudine e l’attenzione a questo tema è affidata a differenti entità pubbliche e private, oltre naturalmente al coinvolgimento della persona in prima persona. Il sistema sanitario è anche molto complesso, tradizionalmente afflitto da problemi di costi, di efficienza ed efficacia.

Le tecnologie Big Data nell’Healthcare possono condurre a numerosi benefici rispetto a tutti questi tipici, annosi problemi. Ma non solo, i big data permettono finalmente di spingere e fare leva sulla prevenzione come mai prima. Proprio in questa direzione stanno andando anche le assicurazioni, ribaltando la loro tradizionale posizione di risarcimento in caso di malattia verso un supporto alla prevenzione della malattia.

Grazie all’utilizzo di Big Data analytics e di sistemi digitali di monitoraggio della salute (wearable, tracker, dispositivi medici di nuova generazione, app), le assicurazioni possono oggi cambiare pelle ed avere un ruolo attivo nell’ecosistema della salute, rinnovando i propri modelli di business e la proposizione al cliente.

Come si evolve la Data Science

La Data Science è un settore interdisciplinare che utilizza metodi scientifici, processi, algoritmi e sistemi per estrarre valore dai dati. I data scientist combinano le competenze in varie discipline, tra cui statistica, informatica ed economia aziendale, per analizzare i dati raccolti dal Web, dagli smartphone, dai clienti, dai sensori e da altre fonti. Sempre di più il team data science delle aziende includerà profili umanistici, come psicologi, filosofi, antropologhi, comportamentisti, così come esperti di neuroscienze.

Perché?

Si è oramai capito che la raccolta e la gestione dei dati non può essere un ‘far west’, soprattutto laddove si parla di dati personali e sensibili: come dicevamo all’inizio, ognuno di noi quotidianamente produce dati, consapevolmente o inconsapevolmente. In questa prima decina di anni di boom della ‘data economy’ i limiti imposti alla privacy e al trattamento dati sono stati davvero pochi e i big data hanno già rivelato il loro lato oscuro. Pochi concreti vantaggi per gli utenti. L’Europa è stata pioniera con il GDPR di una regolamentazione standardizzata, ma in altri Paesi del mondo non ci sono ancora grandi limiti. Lo Stato della California, la terra delle tech company, ha da qualche mese approvato (sarà pienamente operativo nel 2020) una legge che si ispira al GDPR, il California Consumer Privacy Act. Un deciso passo avanti.

La legge, tuttavia, con i suoi tempi e le sue esigenze di contemperanza di diversi interessi, non riuscirà a stare al passo con lo sfruttamento dei dati e con le continue evoluzioni tecnologiche, è pertanto un bene che stia emergendo il cosiddetto ‘ethical approach’, l’approccio etico ai dati, che le aziende scelgono se fare proprio a prescindere da quanto la legge richiederebbe.

L’approccio etico ai dati richiede alle aziende trasparenza, equità e un utilizzo che abbia quale fine ultimo il miglioramento dei servizi in ottica customer centric, capace di restituire reale valore al cliente finale.  E’ una transizione importante che porta un campo prettamente tecnico, quello della Data Science tradizionale, all’integrazione con le Scienze Umane, che da un lato aiutano a capire e interpretare i dati stessi e li rendono più aderenti alla vita reale, cogliendo anche aspetti emotivi e irrazionali; dall’altro aiutano a coltivare l’etica dei dati e supportare decisioni aziendali profittevoli ma responsabili.

Articolo originariamente pubblicato il 30 Set 2019

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Donatella Cambosu
Donatella Cambosu
Giornalista

Scrive di tecnologie, startup e innovazione da diversi anni. È condirettore della testata Startupbusiness e direttore di University2Business, piattaforma del Gruppo Digital360 orientata al mondo degli studenti universitari. Collabora anche con EconomyUp e InsuranceUp.

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