L’INTERVISTA

Piero Zanchi (Accenture): “Ecco perché l’intelligenza artificiale è un abilitatore di innovazione e produttività”



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La competitività dell’Europa (e dell’Italia) è a rischio per scarsa produttività. L’intelligenza artificiale rappresenta una soluzione. Con Piero Zanchi, Responsabile Technology, parliamo della nuova ricerca di Accenture dedicata alle potenzialità dell’AI generativa

Pubblicato il 7 mar 2024



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Piero Zanchi, Responsabile Technology Accenture

Prima di incontrare Piero Zanchi, nuovo Responsabile Technology di Accenture Italia, Grecia e Centro Europa, per parlare della Technology Vision 2024, la ricerca che la società di consulenza presenta in questi giorni, sono andato a rileggere quel che ha detto Mario Draghi all’Ecofin di metà febbraio (“La sveglia di Draghi all’Europa” ha titolato il Corriere della Sera).

In grande sintesi, il banchiere diventato presidente del Consiglio sostiene che l’Europa, e quindi l’Italia, hanno un serio problema di competitività (tema sul quale sta lavorando per un rapporto chiestogli dalla presidenza della UE), soprattutto rispetto agli Stati Uniti, ed è un problema dovuto a difetto di produttività, di PIL e di PIL procapite. Il mondo è cambiato, servono più velocità e investimenti per affrontare la doppia transizione (ecologica e digitale) e poi c’è l’impatto dell’intelligenza artificiale, che rischia di lasciare ancora più indietro l’Europa: potrebbe “diventare una colonia di USA e Cina”, ha prospettato con durezza Alec Ross, l’ex consulente di Obama ormai italianizzato, in una polemica intervista su la Stampa.

Accenture Technology Vision 2024, giunta alla sua ventisettesima edizione, propone uno scenario in cui l’intelligenza artificiale da minaccia diventa potente abilitatore di produttività e, quindi, di competitività, per l’Europa e per l’Italia. Quel che di buono può accadere viene sintetizzato nel titolo ““Human by Design: L’Intelligenza Artificiale come catalizzatore del potenziale umano”. Piero Zanchi ha visto tutte le Technology Vision, dato che lavora in Accenture da 29 anni, così come altri importanti cambiamenti tecnologici che poi si sono rivelati evoluzioni sociali, a partire dalla diffusione di Internet.

Zanchi, perché la Techvisione 2024 si intitola “Human by Design”?

Ogni tecnologia, se ben applicata, è a tutti gli effetti un abilitatore di produttività, di efficienza, di innovazione, di creatività. Technology Vision 2024 propone un modello, un approccio che vede l’intelligenza artificiale come una tecnologia molto più simile all’uomo, intuitiva da usare e quindi accessibile: questo segna una svolta come poche in precedenza, aprendo una nuova era di produttività e creatività.

Bene, parliamo allora di produttività….

Nella nostra ricerca abbiamo stimato che l‘IA generativa abbia il potenziale di incidere sul 44% del totale delle ore di lavoro, portando miglioramenti della produttività in 900 diverse tipologie di lavoro e generando un valore economico a livello globale compreso tra i 6 e gli 8 trilioni di dollari.

Numeri importanti. Ma perché e come la AI human by design può contribuire ad accrescere quella produttività che serve per la competitività a questa Europa e a questa Italia un po’ stanche e lente? Cosa cambia per le aziende e, quindi, per le persone, visto che stiamo ragionando in una logica di potenziamento e non (solo) di sostituzione?

In questo cambio di rotta che stiamo vivendo, la tecnologia acquisirà sempre di più capacità e comportamenti simili a quelli umani. Ma dovrà sempre continuare a relazionarsi con noi umani. Noi siamo già abituati al chatbot di un call center ma non abbiamo esperienza di un vero assistente virtuale. Ce ne saranno diversi, per questo parliamo di ecosistemi di agenti. Dovremo quindi imparare a collaborare con loro e a gestire le interazioni fra di loro, avvicinando mondo fisico e virtuale. Ovviamente questo diventerà un fattore chiave per le nostre imprese e per le persone, perché semplificherà molti lavori liberando un potenziale umano importante: succederà quanto più riusciremo a diffondere l’AI su tutta la catena del valore nelle diverse aree di business e nelle diverse industry, dal manufacturing alle telecomunicazioni.

Però per molti “liberare il potenziale umano” significa licenziamenti e perdita di occupazione. In questo momento il sentimento, e la preoccupazione, che prevale è quello della sostituzione dell’essere umano. Come si evita o riduce questo rischio dell’ottimizzazione ricercata dall’azienda anche a danno delle persone?

Nello studio Accenture si calcola che la diffusione della GenAI avrò un impatto addirittura su un 40% delle ore di lavoro. È vero, alcuni lavori saranno cancellati ma è anche vero che si apriranno nuovi fronti di impiego e nuove tipologie di lavoro. Basti pensare ai temi di security: se è vero che avremo più assistenti virtuali, avremo bisogno di esperti di architetture, di integrazione di questi agenti ma anche di sicurezza. È una “ristrutturazione” delle competenze a cui stiamo lavorando anche in Accenture.

Facciamo un esempio?

Parliamo di sviluppo software. Alcuni sviluppatori magari non serviranno, perché effettivamente la GenAI è molto potente in questo campo. A me piace ogni tanto stare accanto ai ragazzi e vedo che quelli più bravi sanno interrogare bene la macchina, sanno fare le domande giuste per avere quello che serve. Quindi, il developer del futuro prossimo sarà diverso da quelli attuali. Quanto più l’applicazione della GenAI sarà diffusa, tanto più sarà importante la capacità di interazione con la tecnologia e questo porterà all’affermazione di nuovi profili professionali, tanto è vero che noi stiamo investendo molto sulla formazione. Io sono nato come architetto IT e so che nei prossimi 18, 24 mesi e servirà un architetto diverso. Crediamo che alla fine il bilancio sarà positivo. Dipenderà molto dalla capacità che avremo di creare velocemente i nuovi profili.

L’interazione con i dati è uno dei pillar della Technology Vision. Gli agenti AI saranno i nostri nuovi colleghi di lavoro che potenzieranno la nostra capacità di raccogliere, gestire e usare i dati. Dovremo coordinarci, controllarli e proteggerli. I dati li abbiamo già, spesso più di quanto riusciamo a usarne, che cosa cambierà per la produttività di un’organizzazione?

Oggi siamo abituati ai motori di ricerca, da lì proviene la gran parte del traffico web: faccio una domanda e ottengo un sacco di dati. Come succede nelle aziende, quando ad esempio chiedo informazioni su un trend, di un prodotto o di un mercato. Abbiamo una grande quantità di dati che spesso non sono integrati, che non si parlano fra di loro. Che cosa succederà domani? Ci rivolgeremo all’intelligenza artificiale generativa per ottenere riposte più accurate, sintetiche e personalizzate. Questa è una grande opportunità per migliorare l’efficienza del lavoro quotidiano e prendere velocemente decisioni corrette.

Anche qui, qualche esempio?

Il primo: spesso nelle aziende industriali vengono fatte analisi per velocizzare alcuni processi di produzione o per individuare e ridurre gli sprechi. Si incrociano i dati, si fanno estrazioni, ma sono più le volte in cui i dai mancano o non sono omogenei. Abbiamo fatto qualche simulazioni su quello che potrebbe accade domani: i motori di intelligenza artificiale saranno come un trapano che ti permettono di tirare fuori dati di sintesi che ti aiutano a migliorare i tuoi processi, a capire dove intervenire. Un altro esempio: in Accenture stiamo cominciando a usare la GenAI nelle attivitò di on bording: leggendo i dati e le storie delle persone si può personalizzare e migliorare l’ingresso in azienda. Certo, questo apre temi di sicurezza ma ne abbiamo parlato prima.

Ma c’è anche la questione dei dati. Se non sono corretti, aggiornati e ben organizzati la GenAI ti fa prendere decisioni sbagliate.,.,

È cosi, infatti ci sono grandi aziende del mondo del software che stanno facendo investimenti importanti sull’architettura dei dati, che deve garantire che il dato sia pulito, reale e affidabile per evitare che porti a informazioni sbagliate., decisioni sbagliate, perché una volta che hai cominciato a usare modelli di GenAI questi elaborano le informazioni che gli dai pasto.

Insomma, se nutriamo male l’intelligenza artificiale non poi prendercela con la tecnologia se le cose non funzionano….se facciamo qualche sciocchezza o se non vediamo nessun vantaggio per la produttività

Proprio così. I dai non devono essere solo reali ma anche affidabili. Un dato è sbagliato perché non è coerente o aggiornato. Un dato può essere inutile per tanti motivi, non non perché sia falso e puà influenzare le nostre decisioni portandoci su scelte sbagliate, per esempio decidere di lanciare un’offerta su un prodotto sulla base delle scelte dei clienti. Se ho input sbagliati, non prenderò la decisione giusta. Quindi si apre un tema enorme sul trust dei dati, un fronte su cui si stanno facendo grandi investimenti… Altro che fame news! Quanto saranno affidabili i consigli di un chatbot evoluto? La base dati su cui lavora è corretta? C’è un tema etico ma anche una questione di business. Su questo tema c’è ancora molto da fare.

Avremo sempre più colleghi digitali che faranno delle cose per noi e che naturalmente devono essere controllati e protetti. Cosa significa la convivenza con questi agenti intelligenti? Se non saremo tra quelli a cui hanno tolto il lavoro, come migliorerà il nostro?

Questo è un tema affascinante. Ed è il secondo trend che abbiamo individuato nella Technology Vision 2024: l’interazione fra umani e software, la convivenza con gli agenti intelligenti che potranno soddisfare le nostre richieste. Arriveremo alla creazione di sistemi in cui interagiranno decine di agenti e persone ma per farlo dovremo avere capacità di progettazione e, dopo, una giusta supervisione. Chi garantisce il coordinamento di questi agenti e di questi umani? Chi garantisce la corretta cooperazione? Per rispondere a queste esigenze nascerà un nuovo mestiere, una sorta di intermediario fra persone e macchine. Pensiamo all’evoluzione della guida autonoma: ci siamo quasi arrivati in alcune città e adesso la domanda è: quali sono le regole di interazione tra una macchina con conducente e una autonoma? Siamo in un nuovo contesto, che richiede nuove competenze.

Scenario affascinante, d’accordo, ma in questo momento sembra che l’approccio prevalente delle aziende all’intelligenza artificiale sia l’ottimizzazione delle risorse, cioè il taglio dei costi. Avete anche voi questa sensazione?

La cosa che a me piace sostenere con i clienti che ci chiedono come ridurre i costi è che è possibile fare di più con gli stessi costi. Che la corretta applicazione dell’intelligenza artificiale è un’opportunità per creare prodotti o servizi nuovi con una maggiore velocità. Se alcune attività saranno automatizzare, posso dedicarmi ad altro di più produttivo per andare oltre il business necessario. La diversità e l’ampiezza di ecosistemi che si potranno creare può portare le aziende a una visione molto più ampia e potente. Faccio un esempio nella pubblica amministrazione, che stiamo valutando sul campo: se domani automatizzo il rilascio dei certificati, non devo eliminare i dipendenti ma posso impiegarli per garantire nuovi servizi più complessi e migliorare l’efficienza nei confronti del cittadino. Ma, lo ripeto ancora una volta, serve una governance, capire che cosa ha senso automatizzare e come integrare macchine e persone.

Non è facile, perché questo cambiamento prevede un nuovo modo di interpretare il lavoro. Abbiamo visto il valore strategico del dato corretto e la necessità di gestire gli ecosistemi di agenti. Nella Technology Vision 2024 evidenziate anche il cambiamento degli spazi di lavoro, ben oltre lo smart working come l’abbiamo definito in Italia. Che cosa cambia e con quali impatti sulla produttività?

Noi oggi noi stiamo usando la voce, facciamo videocall. Il cambiamento porterà al coinvolgimento di più sensi. Domani riuscirò a usare anche il tatto o l’olfatto, grazie alla costruzione di spazi più ampi, diciamo così, che saranno ambienti digitali. Pensate alla creazione dei digital twin nell’industria manifatturiera, che consentono di simulare situazioni reali in laboratorio. Oppure alla formazione, che noi stiamo già facendo in questa nuova dimensione. La relazione fisica resterà importante ma la tecnologia sarà sempre di più un fattore di potenziamento. Anche questo cambiamento genera nuovi mestieri nel passaggio dal PowerPoint in un’aula all’interazione virtuale. È richiede una nuova creatività: come faccio a ingaggiare correttamente una persona che invece che venire in ufficio, la sua prima settimana di lavoro la fa da remoto? Con intelligenza artificiale e cloud lo spatial computing apre nuovi scenari nelle aziende, nel retail, in fabbrica. Anche qui avremo la possibilità avere risposte veloci e personalizzate: pensiamo al capo di abbigliamento con i dettagli chiesti da un cliente possibile grazie all’integrazione fra mondo fisico e virtuale. Invece di vendere dieci tipi di maglioni, possono venderne teoricamente milioni diversi. E anche qui si evolvono le professioni e ne nascono di nuove: il creativo e il designer dovranno avere la capacità di interagire con gli agenti e poi servirà un tecnico che fa parlare il fisico con il digitale. Lo spatial computing non è ancora la sua massima espressione ma la direzione di marcia è chiara.

Quali sono gli ostacoli per la realizzazione di questa vision basata sull’intelligenza artificiale generativa? Economici, tecnologici o culturali?

Le sfide sono sono tre. La prima, quella che mi è più familiare, è quella tecnologica, quella che chiamo del completamento del digital core. Adesso parlo dell’Italia, non tutte le aziende hanno investito strategicamente sul cloud e sull’utilizzo dei dati. Il livello di maturità è cresciuto ma non è ancora diffuso. È questa è la premessa per poter cogliere le opportunità dell’intelligenza artificiale. Il secondo ostacolo è l’adeguamento delle competenze e qui entrano in gioco le risorse umane, la formazione accelerata, i programmi di trasformazione. In una sola parola, reskilling: se non lo facciamo, ci manca un pezzo fondamentale della nostra architettura di cambiamento. La terza sfida? Il fattore culturale che significa la trasformazione organizzativa, che oggi è nella top list delle aziende. Ma è un percorso impegnativo, non è privo di ostacoli, rallentato dalla resistenza al cambiamento.

In quasi 30 di Accenture hai visto tanti cambiamenti. Questo dell’intelligenza artificiale che cos’ha di speciale? Non è magari solo l’ultima vonovità hitech a cui ci abitueremo presto? Perché la considerate una svolta?

Questa è una svolta come poche in passato perché siamo di fronte a una tecnologia molto potente. È quella che più si avvicina alle capacità umane e, se ben applicate, potenzierà ogni attività umana. Tutti siamo curiosi di vederne gli sviluppi nei prossimi 24/36 mesi ma siamo di fronte a una vera disruption tecnologica che darà un’accelerazione al cambiamento, come poche volte è già accaduto in passato. È non sarà solo una questione di business, perché la GenAI aumenterà le possibilità di inclusione e non solo digitale.

Siamo nel mezzo di una rivoluzione digitale che potrà cambiare in meglio le vite di tutti e questo dovrebbe ridurre l’ansia per i rischi, che ci sono ovviamente, e aumentare l’attenzione per i vantaggi dell’intelligenza artificiale se ben applicata e governata”

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