Il trasporto sostenibile si può considerare un sottoinsieme della mobilità sostenibile. Identifica metodi alternativi di spostamento rispetto a quelli tradizionali su gomma o, comunque, basati sull’utilizzo di mezzi di locomozione inquinanti. Inoltre, dal punto di vista aziendale, fa riferimento a un concetto esteso di sostenibilità che non si limita a quella ambientale (Environmental), ma considera anche altri aspetti (Social e Governance). I parametri ESG infatti consentono di misurare l’impatto delle organizzazioni sia ad esempio in termini di emissioni di CO2 sia di politiche equilibrate nelle sue relazioni interne ed esterne. Tradotto significa che un approccio corretto al trasporto sostenibile deve tenere conto di misure antinquinanti che siano al contempo appropriate per le persone ed economicamente convenienti.
Le sfide del trasporto sostenibile
Da quanto detto sopra derivano le sfide che vedono coinvolti, a vari livelli, gli individui, le imprese e le istituzioni. Tali sfide scaturiscono da un insieme di fenomeni che non possono essere considerati in maniera disgiunta, ma che concorrono a definire il quadro nel quale si inseriscono le soluzioni di trasporto sostenibile.
Crescita dell’inquinamento atmosferico
È notizia recente che Milano, secondo i dati del sito svizzero IQAir, occupi i primi posti tra le città più inquinate al mondo. A chi ritiene che le informazioni pecchino di scarsa credibilità per via della fonte non istituzionale da cui provengono, si può obiettare che anche l’European Space Agency conferma uno scenario che non può lasciare tranquilli. I ricercatori dell’agenzia infatti hanno realizzato un video inequivocabile delle concentrazioni orarie di PM10 nella pianura padana tra l’1 e il 31 gennaio 2024. Le concentrazioni di PM10 – formato da particelle quali polvere, polline e sottoprodotti della combustione – non dovrebbero superare una soglia di 50 μg/m³ nell’arco di un periodo standard che l’Ue ha fissato in 35 giorni. Nel caso in cui (come nella pianura padana) questo avvenga, il rischio per la salute ambientale è da considerarsi elevato. Tanto più che il PM10 è solo uno dei gas che alterano l’effetto serra del pianeta. Gli altri, riconducibili ai mezzi di trasporto che utilizzano combustibili fossili, sono l’anidride carbonica (CO2), gli ossidi di azoto (NO e NO2) e il monossido di carbonio (CO).
Soluzioni per la logistica sostenibile
La risposta immediata nei Comuni che, come Milano e provincia, devono cercare di abbassare velocemente i livelli di smog e di particolato è quella del blocco della circolazione per i veicoli considerati altamente inquinanti. Un blocco la cui durata, con relative fasce orarie, è correlata alla gravità della situazione. Si tratta di soluzioni tampone che hanno effetti sul breve periodo, ma che risultano insufficienti senza l’ausilio di quegli attori, aziende in primis, che si servono degli spostamenti per una logistica funzionale a raggiungere i propri obiettivi di business. Tra le modalità che possono essere messe in atto dalle imprese, le principali sono:
Ottimizzazione dei percorsi e delle consegne
La pianificazione dei percorsi nella logistica oggi assume un ruolo fondamentale in vista della sostenibilità complessiva dei trasporti. Oltre a contribuire ad abbassare le emissioni, riduce i costi operativi e garantisce una maggiore puntualità nelle consegne. A tal fine occorrono software ad hoc, come i Transportation Management System (TMS), che permettono di ottimizzare la gestione delle flotte, migliorando le performance e lo sfruttamento dei mezzi a disposizione. Sempre più spesso, fra l’altro, i TMS associano alla tecnologia tradizionale GPS algoritmi di Intelligenza Artificiale in grado di fornire suggerimenti predittivi sugli itinerari da seguire. In questo modo la pianificazione tende a diventare man mano più accurata in virtù dei dati raccolti sul campo.
Modalità di trasporto a basso impatto ambientale
Insieme alla pianificazione dei percorsi, una leva essenziale del trasporto sostenibile è connessa allo svecchiamento del parco mezzi, soprattutto mediante una loro progressiva elettrificazione. L’ultimo Smart Mobility Report realizzato da Energy & Strategy (E&S), il team multi-disciplinare del Politecnico di Milano focalizzato sui temi della transizione energetica, ha appurato che nel nostro paese c’è stata una battuta d’arresto nell’acquisto di auto elettriche. E questo nonostante nel 2023 si sia registrata una crescita del 77% rispetto al 2022. Un trend confermato anche da un recente studio di Repower che, nel riconoscere i numeri in crescita per l’elettrico in Italia (66.276 le nuove immatricolazioni di Battery Electric Vehicle o BEV nel 2023, con addirittura un +45,3% per i veicoli commerciali leggeri BEV), è impietoso nel paragonare la nostra quota di mercato a quella della media europea: 4,2% contro 14,6%. Tra le cause principali di questo trend rientra il caro prezzi sulle materie prime che ha avuto ripercussioni negative sul costo dei veicoli elettrici e sulle tariffe di ricarica. Il che tuttavia non ha fatto rivedere al ribasso gli obiettivi ambiziosi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e la sua previsione di 6,6 milioni di veicoli elettrici in circolazione entro il 2030.
Perché il trasporto sostenibile conviene alle aziende
Il tasso di immatricolazioni delle autovetture elettriche osservato in Italia negli ultimi due anni non pare essere sufficiente a raggiungere i target PNIEC del 2030. Ciò non toglie che la direzione intrapresa dall’Europa verso un’elettrificazione totale entro il 2035, insieme alla crescente diffusione di modelli alternativi di mobilità, quali bike sharing e car sharing, rende problematica un’inversione di tendenza. Senza contare che l’Italia, a fronte dell’aumento contenuto dei veicoli elettrici BEV e PHEV (Plug-in Hybrid Electric Vehicle), sta procedendo in maniera molto più spedita sull’infrastrutturazione di ricarica. Al punto che entro il 2030 si prefigura un rapporto punti di ricarica/autovetture elettriche eccessivamente sbilanciato a favore di queste ultime, pari a quasi 1:40. Tutto ciò premesso, l’opzione per l’elettrico rimane comunque la scelta più conveniente per le aziende per le seguenti ragioni:
Sostenibilità
Potrebbe sembrare tautologico, ma un’auto elettrica inquina meno di una macchina endotermica. È vero che se si considera l’intero ciclo di produzione di questo tipo di vettura, nonché le attuali fonti da cui si ricava l’energia elettrica, possono sorgere dei dubbi sull’impatto totalmente green degli e-vehicle. Ma è anche vero che le emissioni di gas a effetto serra diminuirebbero drasticamente se circolassero esclusivamente mezzi a batteria.
Risparmio
Lo Smart Mobility Report citato prima ha condotto un’analisi del Total Cost of Ownership (TCO) per autovetture BEV in base alle abitudini di ricarica e utilizzo di oltre 700 possessori di veicoli full electric. Il TCO di un’autovettura elettrica, valutata su un periodo di 12 anni, risulta più competitivo rispetto a quello di una macchina tradizionale all’aumentare della percorrenza annua. La convenienza deriva dall’abbattimento del costo d’acquisto, che tuttora è il freno principale a paragone delle auto classiche. D’altro canto, il risparmio sui costi di mantenimento e manutenzione di una flotta ecologica supera di gran lunga quello possibile tramite un parco auto a combustione.
Minori restrizioni
Il blocco alla circolazione in periodi dell’anno caratterizzati da livelli elevati di inquinamento non riguarda le auto elettriche. Così come il libero accesso alle ZTL e ai centri delle città. Per i dipendenti delle aziende che dispongono di questo mezzo di trasporto non ci sono ricadute sulla normale mobilità anche in contesti urbani sottoposti a restrizioni causate dallo smog da tenere sotto controllo.
Brand Reputation
I consumatori odierni prediligono l’acquisto di prodotti e servizi di imprese la cui attenzione alla sostenibilità, compresa quella dei trasporti, sia effettiva. Nel mercato B2B questo requisito è addirittura richiesto per poter entrare a far parte del novero dei fornitori. In un mondo che sta spingendo per conseguire risultati ambiziosi sul versante della riduzione delle emissioni climalteranti, le aziende che non si adeguano sono destinate a perdere quote di mercato, se non a divenire marginali nel confronto con i propri competitor.
ESG Compliant La strada per aderire ai criteri ESG presuppone che le organizzazioni sottostiano a normative sempre più rigorose in materia per provare che la loro vocazione green non è di facciata. Lo dimostrano le nuove regole Ue sulla Rendicontazione della Sostenibilità Aziendale (CSRD). Introdotte nel 2021 dalla Commissione europea, saranno obbligatorie da qui a due anni per un cluster di imprese sempre più ampio. Possedere una flotta di veicoli elettrici rappresenta quindi un elemento distintivo da riportare nella Rendicontazione che attesta un impegno certo e documentabile sulla via della sostenibilità. Un impegno che si riflette anche nel rating a cui può aspirare ogni azienda sottoposta al giudizio di quegli investitori – e sono ormai la maggior parte – che considerano la sostenibilità un valore imprescindibile in qualsiasi settore