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Imprese e sostenibilità: la strategia non basta



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La sostenibilità nelle aziende ha bisogno di un approccio strategico adeguato. Non serve fare “quanto basta”, bisogna cambiare paradigma e applicare in pieno le logiche del “business for good”

Pubblicato il 29 gen 2024

Paolo Braguzzi

Attivista del business for good



aziende e sostenibilità "veloce"
Aziende e sostenibilità: l'approccio strategico

La sostenibilità nelle aziende ha bisogno di un approccio strategico adeguato,  ma per il cambiamento culturale serve un cambio di paradigma.

Si parla giustamente sempre più spesso di quanto sia importante che le imprese creino non solo valore economico ma anche valore sociale o ambientale, a partire dal non distruggere l’ambiente, in modo più o meno consapevole. E tante di queste lo fanno già da tempo e in diversi modi, ad esempio attraverso la filantropia o la CSR.

L’approccio strategico

L’approccio che però ai tempi correnti sta prendendo piede con maggiore frequenza nel comportamento delle imprese che si prendono cura della creazione di valore sociale ed ambientale è quello strategico. Una buona strategia si basa infatti sull’analisi del contesto sociale e di mercato nel quale l’impresa opera. Oggi questo contesto è altamente favorevole alle imprese che realmente si comportano in modo sostenibile ed etico. Queste imprese sono privilegiate dai cittadini/consumatori, dalle altre imprese nei settori BtB e dai mercati finanziari. Nel contempo riducono i rischi, reputazionali e di mercato, e si preparano ad affrontare l’evoluzione della legislazione che, come dimostrano le recenti direttive sul reporting e sui green claims, è tesa a garantire che le imprese adottino un approccio più sostenibile, nelle pratiche, nella comunicazione e nella rendicontazione.

Riguardo al mercato, lo spazio che in passato era riservato all’offerta di prodotti con un alto profilo di sostenibilità, pur essendo di dimensioni diverse a seconda dei settori, era comunque tendenzialmente piccolo e riservato ad imprese ed offerte di nicchia. Oggi è invece un segmento che si sta ampliando in quasi tutti i settori in modo esponenziale, e la sua attrattività di conseguenza.

Da tutto questo ne consegue che “conviene” sempre di più adottare questo approccio e infatti una moltitudine di imprese vi è entrata in corsa e si sta muovendo per diventare realmente più sostenibile, adottando programmi di trasformazione di profondità variabile a seconda della distanza che deve colmare.

I benefici dell’approccio strategico

Il fatto che le imprese si stiano strategicamente muovendo in questa direzione è fondamentale ed apporta una quantità considerevole di benefici.

Riassumendoli, l’approccio strategico aumenta l’offerta di prodotti “sostenibili,” il che genera ulteriore domanda quindi ne riduce i costi e i prezzi, e rende più rapidi e interessanti i ritorni degli investimenti, creando le condizioni per l’inizio di un circolo virtuoso in cui l’innovazione avrà grande peso.

Inoltre questo approccio, rendendo più famigliare l’attenzione all’etica e alla sostenibilità, può favorire anche un cambiamento culturale, rispetto al quale è evidente che stiamo procedendo a velocità crescente. Sarà infatti sempre più difficile per imprenditori e manager escludere la sostenibilità ambientale e l’impatto sociale fra i criteri in base a cui prendono le decisioni, anche perché nel frattempo le normative faranno quello che i mercati da soli non sono in grado di garantire.

I limiti dell’approccio “meramente” strategico

Di fatto questo approccio permette di superare l’episodicità della CSR interpretata tradizionalmente e quindi rappresenta uno stadio di evoluzione più avanzato nella direzione del business for good. Ma che questo approccio vada bene vuole però dire che va tutto bene?

Non ancora perché, quando questo modo di agire di un’impresa è basato su una strategia, gli obiettivi restano quelli tradizionali: il profitto, e la sua difesa, la crescita, le quote di mercato, la reputazione.

Non serve fare “quanto basta”, ma un cambio di paradigma

Per chi ragiona sulla base di una “mera” strategia gli investimenti devono essere proporzionati ai ritorni, il che comporta che l’adozione di questo approccio porti a calibrare i propri programmi sulla base di quanto ci si aspetta di ricevere dagli stessi, quindi subordinandoli all’esigenza di non intaccare i propri risultati economici e di mercato, se non in misura marginale, il che può comportare una diluizione dei modi e dei tempi della loro attuazione.

Oppure la strategia è ispirata ad una logica difensiva, finalizzata a non perdere posizioni o addirittura uscire dal mercato, un po’ perché si è attaccati da concorrenti che fanno di questi temi i loro cavalli di battaglia, un po’ perché è oramai assodato che clienti finali e intermedi, così come talenti e investitori, si stiano allontanando dalle imprese che non vanno in questa direzione.

In sintesi, spesso queste imprese subordinano l’impatto sociale ed ambientale ai suoi ritorni materiali ed immateriali e quindi fanno “quanto basta”.

A questo si aggiunge che, come abbiamo detto, una strategia dipende dall’analisi del contesto. La stessa cambia insieme a questo, e, anche se la nuova mentalità che si sta finalmente acquisendo farà da barriera, qualche passo indietro è certamente possibile se il “rendimento” dei passi in avanti non appare giustificato secondo le metriche tradizionali.

Ecco perché ciò che è necessario è un vero proprio cambiamento di paradigma, che cambi la ragione d’essere dell’impresa a favore di tutti gli stakeholder, e applichi appieno le logiche del“business for good”, di cui abbiamo già parlato e parleremo ancora!

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