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Marketplace, come un retailer può scegliere quello più adatto: vantaggi e criticità

In ogni parte del mondo c’è la possibilità di raggiungere potenziali clienti locali tramite un marketplace. Ecco quali sono i principali, come un brand può scegliere quello più adatto alle sue esigenze, le opportunità, i rischi

Pubblicato il 11 Ott 2023

Marketplace

Qualche giorno fa ho fatto un’interessante chiacchierata con Christian D’Antoni, Marketplace Director di Miroglio, che mi ha spiegato come il gruppo da un paio di anni stia puntando tutto sui marketplace, come piattaforme per lo sviluppo di nuovi mercati.

Marketplace, il caso Miroglio

Una volta i brand con catene di negozi di proprietà o in franchising, per entrare in un nuovo mercato cercavano dei partner locali in grado di aprire degli store fisici, di solito partendo con qualche negozio pilota nelle città principali per testare le reazioni dei consumatori locali e verificare il potenziale commerciale. Oggi realtà come il gruppo Miroglio hanno scelto una strada diversa, che passa dall’online per poi arrivare ai negozi tradizionali.

Ma quali sono i marketplace su cui oggi un retailer può scommettere per entrare e crescere in una nazione dove non è presente offline? Con quale modello di business e con quale strategia?

Quali sono i principali marketplace

Nel mondo operano centinaia di piattaforme online che fanno incontrare venditori professionali e consumatori finali, con un modello di business basato su una percentuale pagata da chi vende, percentuale che va dall’8% di eBay al 35% di Farfetch. Alcuni di questi marketplace sono generalisti con decine e decine di categorie di prodotto, come Amazon o il già citato eBay. Altri sono specializzati e verticali come Zalando per la moda oppure ManoMano per il DYI e la casa. Alcuni sono presenti in molte nazioni e quindi possono essere considerati delle vere multinazionali, come Lazada nel sud-est asiatico oppure Jumia in Africa. Altri sono leader nella loro nazione come Allegro in Polonia o Rakuten in Giappone, concentrati nel loro paese di origine.

Come un retailer può scegliere il marketplace più adatto

Ecco che quindi si aprono diverse possibilità per un brand che voglia entrare in una nuova geografia, perché soprattutto in una fase iniziale è necessario compiere delle scelte e concentrare tempo e denaro su un numero limitato di opzioni. Se ad esempio come impresa stiamo già operando con Amazon in una o più nazioni, il consiglio è quello di entrare in un nuovo paese sempre con Amazon, per poi eventualmente decidere di operare anche con la piattaforma leader locale, se presente. Diverso il discorso se l’obiettivo è il mercato russo oppure quello cinese. In quel caso è obbligatorio lavorare con i marketplace locali, perché quelli internazionali non ci sono oppure hanno quote minimali di mercato.

Il ruolo dell’ICE

L’ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, da diversi anni ha stipulato accordi con i principali marketplace ed e-retailer, per favorire l’ingresso in nuovi mercati delle PMI italiane, sfruttando appunto i canali digitali.

Piattaforme online nel mondo: dall’Europa all’Africa

Facciamo allora un rapido giro del mondo partendo dall’Europa, dove troviamo Amazon (generalista presente in Gran Bretagna, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svezia, Italia, Spagna, Polonia e Turchia) con quote di mercato e storicità diverse, ma con il grande vantaggio di poter gestire la presenza e le vendite con un unico account per l’Europa.

Parlando di piattaforme leader nelle varie nazioni europee ricordiamo Allegro in Polonia, Cdiscount in Francia, Otto in Germania, El Cortes Ingles in Spagna e BOL in Olanda. La Russia come sappiamo sta vivendo un periodo particolare e al momento non è possibile per le aziende occidentali accedere ai marketplace locali come Ozon, Lamoda, Wildberries o Yandex Market. Interessante e con grandi prospettive di crescita il mercato turco, dove il leader è Trendyol, prima azienda decacorno nella storia della Turchia.

Amazon ha una quota di mercato importante anche in Medio Oriente, grazie al suo marketplace basato negli Emirati Arabi che serve un’area che va dall’Egitto all’Iran, passando per l’Arabia Saudita, dove gli acquisti online sono in continua e costante crescita. Molte imprese italiane, come ad esempio il Gruppo Teddy, stanno lavorando per potenziare la propria presenza sulle piattaforme locali, affiancandole allo sviluppo commerciale di punti vendita tradizionali gestiti con partner locali.

L’Africa ha ancora volumi ridotti di acquisti via internet, ma i prodotti di importazione si trovano solo online e quindi marketplace come Jumia, presente in undici nazioni africane, sono la porta di ingresso privilegiata per chi vuole entrare in questo continente. Da segnalare in Nigeria, che con 213 milioni di abitanti è il paese più popoloso dell’Africa, la piattaforma di Konga, leader nazionale attivo dal 2012.

L’Asia è la parte del mondo dove il modello marketplace ha più successo, a partire naturalmente dalla Cina dove domina il Gruppo Alibaba con diverse piattaforme: per il mercato interno Taobao e Tmall, per i prodotti importati dall’estero Tmall Global e Kaola, poi Aliexpress nato per portare i prodotti cinesi ai consumatori di tutto il mondo, che però dal 2019 è aperto anche ai merchant internazionali e che quindi è diventata un’opportunità per le imprese italiane, che grazie a questo marketplace possono, per esempio, raggiungere potenziali clienti in America del Sud, Russia e Turchia, dove Aliexpress è molto popolare.

Continuando la panoramica in Asia troviamo in Corea del Sud Gmarket, in Giappone Rakuten e nei paesi del sud-est asiatico (Filippine, Malesia, Indonesia, Thailandia, Vietnam e Singapore) dominano Lazada e Shopee. Il primo è parte del gruppo Alibaba, il secondo oltre alle nazioni prima indicate ha aperto anche in Sud America, in particolare in Messico, Colombia, Brasile e Cile.

Nel continente sud-americano il leader è Mercado Libre, con sede principale a Buenos Aires e siti attivi in tutte le nazioni. Il Brasile è l’unico paese con una presenza diretta di Amazon e una serie di piattaforme locali come Americanas e Casas Bahia.

Risalendo verso nord troviamo in Messico, USA e Canada leader assoluto Amazon, che però deve fronteggiare sempre di più la crescita online di colossi dell’offline come Walmart, che da alcuni anni hanno attivato la funzionalità marketplace, aprendo il proprio web a venditori terzi.

Retailer e marketplace, le criticità

In conclusione: in ogni parte del mondo c’è la possibilità di raggiungere potenziali clienti locali tramite un marketplace. È un’opportunità con molti vantaggi che fino a pochi anni fa non esisteva, ma che ha comunque anche le sue controindicazioni. La principale è che, nella maggior parte dei casi, i dati del consumatore sono di proprietà della piattaforma e non del venditore. Questo implica l’impossibilità di sviluppare delle strategie di fidelizzazione del cliente finale, strategie che oggi sono fondamentali per garantire un ritorno sull’investimento delle attività digitali, in uno scenario sempre più cookieless. Quindi è cruciale affiancare alla presenza sui marketplace un forte sviluppo dei propri owned media, dall’eShop di brand ai diversi profili social, dove il consumatore può incontrare, dialogare e poi comprare direttamente dall’azienda, generando dati di prima parte che possono alimentare una relazione di medio-lungo periodo e di conseguenza un life time value significativo per l’impresa.

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Giulio Finzi
Giulio Finzi

Giulio Finzi lavora da più di 20 anni al fianco delle imprese italiane in attività di comunicazione e vendita omnicanale. Nel 2005 ha co-fondato Netcomm, mentre dal 2012 gestisce progetti digitali in Cina, in collaborazione con Alibaba, JD, WeChat e Secoo. Dal 2022 è il Retail Leader di intarget.

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