Dopo la presentazione del nuovo Vision Pro di Apple, è ormai sotto gli occhi di tutti che l’intera industria tecnologica si sta muovendo all’unisono verso una nuova evoluzione del computer. Dopo essere entrato nelle nostre case con il PC, e dopo essersi infilato nelle nostre tasche con lo Smartphone, il computer sta ora per diffondersi nello spazio che ci circonda: si parla appunto di Spatial Computing. Grazie infatti all’evoluzione delle tecnologie immersive di realtà virtuale e realtà aumentata, la nuova iterazione del computer entra nello spazio fisico, conciliando la dimensione fisica e quella virtuale in un’unica nuova… realtà.
Queste nuove tecnologie abilitano quindi una digitalizzazione completa, una smaterializzazione degli oggetti fisici tridimensionali che stanno diventando anch’essi “dato”, così come è già successo con i libri di carta e con gli audiovisivi. Parliamo quindi di un nuovo trend di virtualizzazione diffusa, che ho definito “Virtual Transformation”.
Virtual Trasformation: verso lo Spatial Computing
Negli ultimi anni, pressoché tutti i grandi colossi della tecnologia hanno investito nello studio e nello sviluppo di tecnologie in grado di cambiare definitivamente il nostro rapporto con il mondo fisico. La prima grande fase della “digital transformation” ha visto entrare nelle case di tutti un Personal Computer, uno strumento in grado di smaterializzare (ovvero convertire un qualcosa dallo stato materiale a una sequenza codificata di numeri, in gergo tecnico “bit”) molti oggetti e attività della nostra quotidianità, riproducendoli in toto o nelle loro funzionalità grazie alle tecnologie del digitale.
Questo video dell’Harvard Innovation Lab rappresenta bene questa trasformazione. La pulsione di ridurre al minimo l’ammontare di oggetti che ci circondano e incentivare, invece, la semplificazione nella gestione dei nostri dati, suggerisce un trend molto chiaro: con la digital transformation, tutto quello che può essere smaterializzato, verrà prima o poi smaterializzato.
Ma se gli schermi di PC e Smartphone hanno permesso di smaterializzare agevolmente libri e filmati (la loro forma non ricorda forse quella di un libro?), con il nuovo paradigma dello Spatial Computing possiamo smaterializzare pressoché qualsiasi oggetto fisico, trasformandolo in un ologramma. Parliamo in questi casi di “Virtual Transformation”, una nuova evoluzione della transizione digitale che coinvolgerà pressoché qualsiasi oggetto. Anche in questo caso ci muoviamo sempre all’interno dell’ormai noto concetto di metaverso, quella futuristica internet tridimensionale che, proprio grazie ai dispositivi di Spatial Computing, permetterà di tramutare in dato ambienti, persone, oggetti fisici.
Ma la vera “disruption” non arriverà dalla piena virtualizzazione del mondo fisico: non da un metaverso in realtà virtuale quindi, ma da una nuova dimensione digitale in cui l’elemento virtuale e l’elemento fisico convivono in una realtà unica, aumentata. Presto, grazie ai nuovi dispositivi di Spatial Computing, sarà possibile camminare per strada e allo stesso tempo interagire con oggetti virtuali visibili solo tramite l’utilizzo di apparecchiature specifiche, dei tecnologici occhiali che lentamente entreranno a far parte delle nostre abitudini quotidiane, proprio come è accaduto per lo smartphone all’inizio degli anni 2000.
L’elemento distintivo della Virtual Trasformation risiede infatti in una interazione con la dimensione digitale non più mediata da uno schermo, come accade oggi con il computer o lo smartphone: saremo noi con la nostra fisicità ad entrare in contatto con il dato virtuale grazie ad un dispositivo hardware indossabile. Un dispositivo sulla cui maturità le aziende hanno ancora molto da lavorare, per renderlo davvero leggero, comodo e pratico. Quando, tra pochi anni, questo “occhialetto delle meraviglie” sarà finalmente maturo e disponibile, il mondo fisico e il mondo virtuale diventeranno una cosa sola: potremo vivere nella nostra vita reale e aumentarla con oggetti e persone virtuali, trasformando così la nostra esperienza in qualcosa di nuovo. È questo il punto di arrivo a cui tendono i colossi della tecnologia: da Meta a Apple, chi con il nome di metaverso, chi con il nome di Spatial Computing, è qui che tutti guardano. Si tratta infatti non solo di una nuova esperienza di interazione con il digitale… ma di un modo completamente nuovo di vedere e interagire con il mondo che ci circonda.
Un’interfaccia per il mondo fisico
In un futuro in cui lo smartphone scomparirà, o meglio evolverà in un’interfaccia indossabile fino a farci dimenticare della sua presenza, ogni azione e abitudine quotidiana subirà una profonda trasformazione. Gli spazi fisici che abitiamo cambieranno volto, e si popoleranno quelli virtuali; informarsi, chiacchierare, giocare e lavorare saranno tutte attività che inevitabilmente non saranno ridotte alla sola dimensione fisica, ma ci coinvolgeranno in una duplice, e allo stesso unica, realtà, quella aumentata appunto. Questo short film, anche se volontariamente distopico, rappresenta visivamente questo nuovo mondo che sta arrivando:
Proprio come le applicazioni per lo smartphone hanno stravolto la gestione e il rapporto che intratteniamo con le persone e il mondo, così le nuove tecnologie immersive rivoluzioneranno le nostre abitudini, rispondendo a vecchi bisogni in maniera nuova o introducendo nuove esigenze e necessità.
Con la Virtual Trasformation il dato si fonde con l’ambiente, diventando spaziale e tridimensionale, rappresentando una nuova ideale interfaccia di interazione con il mondo fisico. Questo nuovo spazio ibrido, al tempo stesso fisico e virtuale, si arricchisce di nuovi oggetti con nuove funzionalità. Il concetto fondante dello Spatial Computing risiede infatti proprio nella sua stessa definizione: il computer non servirà più, perché tutto ciò che è sempre stato custodito in esso “esploderà” nello spazio reale.
L’ambiente e la conoscenza si fonderanno in un’unica esperienza, non sarà necessario “accedere a Internet”, dal momento che lo spazio ibrido in cui saremo immersi sarà in grado di fornirci tutte le risposte prima ancora di permetterci di formulare la domanda. Basterà aprire il frigo per conoscere tutti i dettagli, dalle proprietà benefiche alla data di scadenza, degli alimenti al suo interno. Se fino ad oggi l’uomo si è limitato a interagire con il mondo digitale tramite strumenti quali lo smartphone o il PC, lo Spatial Computing romperà definitivamente questa barriera immergendo completamente ognuno di noi in una dimensione molto più che digitale, e soprattutto molto più che reale: la realtà aumentata.