“Antonio, conoscendo la tua sensibilità sui temi del CAD (Codice della Amministrazione Digitale, ndr), ti giro questa circolare del nostro studio legale su una cosa molto importante che succede domani e di cui non mi pare si parli abbastanza: il domicilio digitale. Un caro saluto e a presto!”.
Mercoledì 5 luglio, ore 12.46. Ricevo questo messaggio da Ernesto Belisario, Avvocato, esperto di diritto delle tecnologie e innovazione nella Pubblica Amministrazione, Belisario non è solo un esperto ma è un appassionato innamorato della buona digitalizzazione della pubblica amministrazione. Dal suo messaggio è nato questo dialogo.
Caro Ernesto, ho letto la circolare ma purtroppo è una comunicazione necessariamente tecnica e poco pop. Non è un testo “seducente”, mentre sono più che mai convinto che il buon esito della pubblica amministrazione digitale stia anche nel fatto di saperla comunicare in modo tale da coinvolgere cittadini e imprese…
“Certo, quel documento è un contenuto per “addetti ai lavori”. Ma il 6 luglio 2023, è stata davvero una data storica per tutti, cittadini e amministrazioni digitali. Da quel giorno, infatti, è operativo INAD, l’Indice Nazionale dei Domicili Digitali con i cittadini e degli altri enti di diritto privato diversi dalle imprese.”
Acronimo a parte, ti stai riferendo al domicilio digitale?
“Sì! La sensazione è che – complice forse il periodo estivo – non ci sia stata l’attenzione che questo passaggio richiede. E anche noi “addetti ai lavori” dobbiamo provare a rendere questi temi accessibili a tutti”.
Vediamo se mi convinci. Perché siamo davanti a un “passaggio storico” nel rapporto tra cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni?
“Finalmente imprese e cittadini possono rivendicare il diritto al domicilio digitale previsto dal CAD. Questo significa che le pubbliche amministrazioni devono obbligatoriamente utilizzare il domicilio digitale per tutte le comunicazioni con valore legale verso i cittadini, associazioni, fondazioni, imprese.”
Quindi stop alle anacronistiche raccomandate, che spesso ti arrivano a casa quando non ci sei e dunque sei costretto a rincorrere, perdendo un mare di tempo?
“Esatto, proprio così. Con l’iscrizione all’Indice nazionale dei domicili digitali, il cittadino dovrà ricevere dalla PA tutte le comunicazioni con valore legale (in base all’art. 3-bis comma 4 del CAD)”
Per esempio?
“Per esempio quelle relative a rimborsi fiscali e detrazioni d’imposta, accertamenti, verbali di sanzioni amministrative, dalle multe per violazione del codice della strada a tasse evase o non pagate ma anche tutti i rimborsi del caso.”
Il tutto gratuitamente, giusto?
“Tutto gratuito. Anzi, le pubbliche amministrazioni risparmiano i costi relativi all’invio delle raccomandate.”
Quindi per questa volta essere messi all’indice è un vantaggio…Come si fa per avere il proprio domicilio digitale?
“È molto semplice. Basta andare nel sito e registrarsi al servizio utilizzando SPID, CIE o CNS. Dopo la registrazione, il sistema chiederà di inserire il proprio indirizzo PEC da eleggere come domicilio digitale.”
L’iscrizione per ora è volontaria, se ho capito bene.
“Per ora ogni cittadino maggiorenne può scegliere se continuare a ricevere comunicazioni cartacee oppure dotarsi di un recapito PEC, registrarlo in INAD e ricevere comunicazioni solo digitali. Questo vale per le persone fisiche, i professionisti e gli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese. Invece, gli indirizzi PEC dei più di 2 milioni di professionisti già presenti in INI-PEC (il registro delle imprese) sono stati già importati nel database del domicilio digitale”
Da quel che capisco navigando nel sito del domicilio digitale, di fatto esso è anche un gigantesco database di PEC o, se preferisci, un motore di ricerca…
“Sì e per questo sempre dal 6 luglio è attiva la funzione di ricerca libera: chiunque può consultare i domicili digitali liberamente dall’area pubblica del sito, senza necessità di autenticazione, inserendo semplicemente il codice fiscale della persona di cui si vuole conoscere il domicilio digitale. Per le amministrazioni sono disponibili apposite funzioni di estrazione attraverso la piattaforma di interoperabilità”
Cosa succede se l’amministrazione non usa il recapito INAD per comunicazioni e notifiche?
“Se l’amministrazione non usa il domicilio digitale compie innanzitutto una violazione rilevante ai sensi dell’art. 18-bis CAD e quindi è passibile di sanzione da parte di Agid”.
Quindi in questo caso il cittadino può far ricorso al difensore civico digitale?
“Sì. Inoltre, si deve tener conto del fatto che la comunicazione analogica, in luogo di quella via PEC, espone l’amministrazione a contestazioni in merito alla legittimità della notifica e, di conseguenza, del procedimento relativo alla comunicazione effettuata.”
Tuttavia, come ricorda un articolo pubblicato su La Stampa del 10 luglio a firma di Luigi Grassia, lo scorso anno “I’Antitrust rilevò che quando la notifica delle multe stradali avviene via Pec, e quindi si azzerano le “spese di notifica” fisse a carico dei cittadini, alcuni Comuni aumentarono in modo considerevole i costi di accertamento, che possono raggiungere i 15 euro a sanzione.”. Come possono i cittadini tutelarsi da questo abuso?
“La discrezionalità delle amministrazioni nella definizione di costi di notifica è molto ampia e quindi il margine per un ricorso è stretto. Tuttavia, credo che sia opportuno contestare questo tipo di comportamenti, facendo capire alle amministrazioni (e ai Sindaci) che non possono mettere a carico dei cittadini i costi di funzionamento di una macchina burocratica inefficiente. La digitalizzazione deve ridurre le spese per tutti, uffici e cittadini. Naturalmente, per risolvere questo problema, la strada maestra resta sempre quella di una modifica normativa che individui un costo “standard” valido per tutti”
C’è anche una associazione di consumatori che ha espresso il timore che le società che forniscono servizi di posta elettronica certificata possano aumentare i costi richiesti di attivazione delle caselle PEC, a seguito dell’aumento della domanda. È davvero un pericolo?
“Normalmente accade il contrario. Se sale la domanda la concorrenza dovrebbe far scendere i prezzi. E poi si tratta di un mercato in cui ci sono diversi operatori in UE. In ogni caso, le piattaforme nazionali (come l’app IO e la Piattaforma notifiche digitali, che presto sarà operativa) rappresentano la garanzia di avere strumenti facilmente accessibili e senza particolari oneri per i cittadini.”
Quindi, possiamo dire con il ministro Zangrillo che “le tecnologie stanno rendendo più efficiente la Pa, accorciando i tempi delle procedure e promuovendo un modello di amministrazione sempre più vicina a cittadini e imprese” e con il sottosegretario all’innovazione Butti che “grazie al domicilio digitale, riduciamo i costi e semplifichiamo le procedure, permettendo a cittadini e imprese di usufruire di un canale immediato per ricevere le comunicazioni con valore legale.” Corretto?
“Lo possiamo dire. Il domicilio digitale è un grande passo in avanti in questa direzione. Ci sono voluti molti anni, troppi, ma ce la stiamo facendo. Adesso, non possiamo fermarci o accontentarci, dobbiamo accelerare su questa strada.”
In conclusione, vedremo che esito avrà questa nuova forma di rapporto diretto tra cittadini e amministrazioni pubbliche. In fondo, ma non tanto in fondo, la prima forma di tecnologia solidale, cioè dell’uso della tecnologia per migliorare la vita delle persone, dovrebbe essere a carico delle pubbliche amministrazioni. Giusto?