LA GUIDA

GDO: che cos’è e come funziona il sistema della Grande Distribuzione Organizzata

La Grande Distribuzione Organizzata, o GDO, è un sistema di vendita al dettaglio di prodotti di largo consumo attraverso punti vendita. L’approfondimento

Pubblicato il 21 Feb 2023

Gdo

Quando si parla di GDO, acronimo di Grande Distribuzione Organizzata, ci si riferisce a un sistema di vendita al dettaglio di prodotti di largo consumo (alimentari e non) che avviene attraverso reti di punti vendita a libero servizio e altri canali di varia natura. Nata con l’affermarsi della cosiddetta “società dei consumi”, ha progressivamente preso il posto dei negozi tradizionali e dei singoli supermercati rappresentandone l’evoluzione in chiave moderna.

La GDO è quindi un segmento del settore retail particolarmente importante, poiché riflette la situazione economica di un Paese: quando il quadro economico peggiora, con conseguente calo di fiducia delle persone e contrazione dei consumi, in prima istanza è la Grande Distribuzione Organizzata ad andare in sofferenza.

Cosa significa GDO

Volendo dare un significato più puntuale di GDO, risulta utile indicare tre elementi che ne definiscono la distinzione da altre forme di vendita al dettaglio:

Catene di vendita: i grandi gruppi della GDO rientrano abitualmente in una catena articolata che include più soggetti come produttori, fornitori e via dicendo. In questo senso, il distributore finale rappresenta l’ultimo passaggio prima di arrivare alla vendita ai consumatori;

Grandi superfici: i punti vendita della GDO hanno dimensioni ampie, che spaziano dai 200 a 4000 metri quadrati (e più) contraddistinti da insegne commerciali facilmente identificabili e molto pubblicizzate;

Beni dal costo contenuto: l’ultima caratteristica distintiva è la vendita di beni aventi costi contenuti, commercializzati in grandi quantità con conseguente velocizzazione del ciclo di magazzino.

A livello gestionale la GDO unisce due tipologie di catene di vendita. La prima è la Grande Distribuzione (GD), ovvero un sistema di vendita al dettaglio che si perfeziona attraverso punti vendita gestiti direttamente da un’unica proprietà che fa da “casa madre”. La seconda è la Distribuzione Organizzata (DO): un modello che prevede l’associazione di dettaglianti in varie forme (come consorzi e cooperative con punti vendita giuridicamente indipendenti ma, ad esempio, centrali d’acquisto comuni) per avere maggior potere contrattuale con i fornitori.

A questi due sistemi, che costituiscono la GDO, si è quindi aggiunta la Grande Distribuzione Specializzata (GDS) che include nomi noti come Decathlon per quanto concerne gli articoli sportivi, o Leroy Merlin relativamente a bricolage e fai-da-te e prodotti per l’edilizia.

Cosa fa parte della GDO

Nella Grande Distribuzione Organizzata attuale sono attivi diversi player che hanno approcci e sistemi organizzativi differenti tra loro e in funzione dei Paesi in cui operano. Ad ogni modo, i punti vendita che fanno parte della GDO suddivise in cinque macro-categorie diverse per dimensioni, ampiezza e profondità dei beni venduti, organizzazione degli spazi espositivi, vendita o meno di prodotti freschi, presenza di parcheggi dedicati e ulteriori servizi per i clienti:

1) Libero servizio (minimarket e superette): punti vendita al dettaglio di dimensioni comprese tra i 100 e i 400 mq organizzati come i supermercati che vendono generi alimentari o grocery proponendosi come servizi di prossimità. Commercializzano una gamma ampia ma poco profonda di prodotti.

2) Supermercati: punti vendita al dettaglio, generalmente siti in centri urbani e con parcheggi riservati, commercializzano generi alimentari e per la casa (ma non solo) con un ampio assortimento e altrettanto ampi spazi espositivi (da 400 a 2500 mq).

3) Ipermercati: caratterizzati spazi espositivi con superficie compresa tra 2.500 e 4.000 mq, si trovano tendenzialmente nelle aree suburbane e, oltre a generi alimentari e per la casa, vendono anche prodotti per il giardinaggio, per le auto ed elettronici.

4) Discount: punti vendita al dettaglio a libero servizio che, in superfici che possono oscillare tra i 200 e i 1500 mq, commercializzano prodotti di largo consumo a prezzi decisamente contenuti con strutture meno “articolate” rispetto ai supermercati. I costi bassi implicano una gamma di prodotti limitati e non “di marca”, mentre i servizi a disposizione dei consumatori risultano ridotti.

5) Cash and carry: strutture a vendita libera e non assistita all’ingrosso di prodotti alimentari e non, riservate a clienti “professionali” in possesso di partita IVA.

La GDO ha ampliato e diversificato i canali di distribuzione per la vendita al dettaglio nel tempo, includendo anche centri commerciali, mall e outlet. Posizionati solitamente nelle aree suburbane, sono costituiti da diversi punti vendita non specializzati e hanno dimensioni imponenti. Altra caratteristica distintiva è la presenza di grandi magazzini, ipermercati e supermercati, che nell’insieme commercializzano una gamma di prodotti particolarmente ampia e profonda.

Quando nasce la GDO

Ripercorrendo il percorso che ha portato nella seconda metà del XX° secolo alla nascita della GDO, sono identificabili diverse tappe intermedie che partono dall’apertura dei Grandi Magazzini in Francia e negli Usa a metà ‘800.

La prima svolta risale però al 1916 quando Clarence Saunders, commesso della drogheria di Memphis (Tennessee) Piggly Wiggly, ebbe un’intuizione geniale: dare ai clienti un cestello per servirsi autonomamente, mostrare loro i prezzi dei prodotti collocati per la prima volta in scaffali e predisporre un “percorso obbligato” che dall’ingresso si concludeva alle casse. Dopo aver brevettato il sistema di vendita self service l’anno seguente, nei successivi 10 vennero aperti oltre 2.500 punti vendita negli States decretando la nascita dei supermercati moderni.

La seconda svolta, preceduta dall’apertura in Europa del supermarket London Co-operative Society di Streatham nel 1948 a Londra, risale agli anni ’60. Nel 1962, infatti, il distributore statunitense Walmart cambiò modello di business per il suo store in Arkansas con l’idea di vendere tipologie di prodotti diversi “sotto un unico tetto” inaugurando il primo ipermercato della storia (Super Center). Nasce così la GDO, con il gruppo francese Carrefour che l’anno seguente “importa” il medesimo modello aprendo il primo iperstore europeo a Parigi.

Modello quasi inalterato fino agli anni ’90 con, con un progressivo susseguirsi di innovazioni non solo tecnologiche come i primi “servizi al consumatore” (totem interattivi, carrelli smart e carte fedeltà) e diversi player ad entrare nella GDO in tutto il mondo.

A cambiare ancora la GDO sul finire del secolo scorso è l’e-commerce, che segna un’ulteriore svolta e modifica drasticamente i modelli di vendita e acquisto. I servizi per i clienti diventano prima più rapidi e puntuali, con il colosso statunitense Amazon ad aprire un nuovo percorso di innovazione della Grande Distribuzione Organizzata ancora in divenire.

Quando nasce la GDO in Italia

Il primo supermercato italiano è Supermarkets Italiani, un punto vendita con superficie di circa 500 mq senza parcheggi situato in Viale Regina Giovanna a Milano inaugurato nel 1957 e fondato da Nelson Rockefeller insieme ai fratelli Guido e Bernardo Caprotti. Un’innovazione di capitale importanza, che ha portato alla nascita della prima vera GDO in Italia: Esselunga.

Dopo l’apertura di altre catene della Grande Distribuzione Organizzata in Italia negli anni ’60, tra il 1970 e gli anni ’90 la tecnologia inizia a farsi largo anche nella GDO gettando le basi per “trasformare” il recarsi a fare la spesa una vera e propria esperienza d’acquisto.

In questa fase storica fanno il loro ingresso nella Grande Distribuzione Organizzata anche i prodotti a marchio privato delle varie catene (private label) venduti a prezzi più contenuti rispetto a quelli dei grandi brand. Una novità inizialmente accolta tiepidamente dai consumatori, ma diventata sempre più rilevante negli ultimi anni.

Quali sono le GDO in Italia 

Dopo l’inaugurazione del primo punto vendita di Supermarkets Italiani, numerose catene italiane e straniere fanno il loro ingresso nella GDO italiana senza necessariamente “coprire” tutto il territorio, scegliendo invece di essere presenti solo in alcune regioni proprio come Esselunga.

Negli anni, poi, alcune chiudono e altre vengono comprate da competitor e player internazionali. Oltre alla catena ancora controllata dalla famiglia Caprotti, attualmente le principali GDO in Italia sono Carrefour, Conad, Coop, Crai, Selex e Gruppo VéGé a cui si aggiungono i discount Eurospin, Lidl Italia, MD e Penny Market.

Quanto vale la Grande distribuzione organizzata in Italia 

Nel complesso, per rendere meglio l’idea della rilevanza economica del settore, secondo le analisi condotte settimanalmente da NielsenIQ la Grande Distribuzione Organizzata in Italia nel 2022 ha generato un giro d’affari di poco inferiore a 150 miliardi di euro (stima delle rilevazioni aggregate).

Dopo una crescita record del fatturato complessivo nel 2020 dovuta principalmente alla pandemia nel 2021 la Grande Distribuzione Organizzata ha perso leggermente terreno (-0,1%) per risalire la china lo scorso anno con vendite stimate in aumento dell’1,6% e fatturato in crescita (tra l’8 e il 9%).

Aumento stimato in attesa della pubblicazione dei bilanci di tutte le catene della GDO attive in Italia, che comunque non si rifletterà sugli utili poiché generato dall’inflazione e dalla crisi energetica che ha comportato un aumento dei costi anche per gli operatori della Grande Distribuzione Organizzata.

Qual è la più grande catena di supermercati in tutta Italia

Stando ai dati riferiti al 2022 la catena GDO più grande d’Italia in termini di fatturato è Conad, che con una crescita dell’8,5% rispetto al 2021 è arrivata a quota 18,45 miliardi di euro.

Relativamente alla quota di mercato, nella la “guida” elaborata sempre da NielsenIQ a novembre 2022 il primo posto è occupato sempre da Conad (15%) seguita nell’ordine da Selex (14,3%), Coop (12%), Gruppo Végé ed Esselunga (entrambe a quota 7,8), Eurospin (6,9%), Lidl Italia (5,8%). Carrefour (5%), Agorà (3,9%) e MD (3,2%) chiudono poi la top ten della GDO italiana.

La Grande Distribuzione Organizzata in Europa e nel mondo

Allargando lo sguardo all’Europa e al mondo intero si evince come la GDO italiana abbia un peso relativo a livello globale e continentale secondo lo studio Global Powers of Retailing 2022”, ovvero l’ultimo pubblicato da Deloitte in attesa della 26esima edizione riferita al 2022.

Il report, prendendo a riferimento i risultati d’esercizio al 31 giugno 2021, evidenzia come i 250 top retailer globali abbiano generato un fatturato totale pari a 5.110 miliardi con una crescita del 5,2% su base annua.

In testa alla classifica internazionale stilata da Deloitte e riferita all’anno fiscale 2020 tre gruppi statunitensi, con Walmart (549,2 miliardi di dollari di fatturato nel 2021) in vetta da oltre quattro lustri seguita a debita distanza da Amazon e Costco. Ai piedi del podio, nonostante la maggior frammentazione europea (e ancor più italiana) della GDO, si trova il gruppo tedesco Schwarz (proprietario anche del brand Lidl).

In quinta posizione la catena statunitense The Home Depot precedendo le connazionali The Kroger e Walgreens Boots Alliance e la tedesca Aldi. Per la prima volta è entrato nella top ten un player asiatico (la cinese Jd.com) arrivando alla nona posizione, precedendo l’americana Target Corporation. Le aziende europee contribuiscono infatti al 32.7% dei ricavi complessivi dei 250 top retailer globali, e i Paesi più rappresentati sono Germania (18 aziende), Regno Unito (15) e Francia (11).

Innovazione e GDO: gli obiettivi

Già prima della pandemia, la GDO risultava essere tra i comparti più “avanti” nel processo di transizione verso la digitalizzazione e innovazione in tutti gli ambiti: dalla gestione del magazzino alla logistica, dai sistemi di controllo gestionale a quelli di vendita con l’introduzione delle casse automatiche.

L’emergenza causata dalla Covid-19 e i conseguenti lockdown, quasi in tutto il mondo hanno visto poi affermarsi l’e-commerce alimentare, che attualmente contribuisce per oltre 1/4 ai fatturati dei gruppi della Grande Distribuzione Organizzata italiana con un trend in costante crescita.

Una svolta senza ritorno arrivata quando Amazon, limitatamente Stati Uniti, avviava il progetto Amazon Go con punti vendita fisici cashier-less (senza casse o cassieri) per poi mettere rendere disponibile “in franchising” la sua tecnologia apposita “Just Walk Out” nel 2020.

Una soluzione che ha visto la pronta risposta delle grandi catene europee della GDO (inclusa l’italiana Conad), con progetti basati su tecnologie sviluppate sempre da startup.

Gli obiettivi per il futuro della GDO, oltre all’esigenza di sviluppare una vera e propria omnicanalità come tutti i settori del retail, sono concepiti nell’ottica di ridefinire e arricchire il customer journey semplificando anche i processi interni.

Altro punto cruciale che intercetta le esigenze dei consumatori è la sostenibilità ambientale nel suo insieme, dai processi produttivi al packaging passando per la logistica e la lotta anti-spreco.

I trend della GDO per il futuro 

Nei trend della GDO per il futuro un ruolo chiave sarà quindi quello della digitalizzazione e l’offerta di servizi flessibili come delivery e, meno rilevante, le modalità d’acquisto pick-up e click and collect.

La Grande Distribuzione Organizzata dovrà inoltre privilegiare la customer satisfaction per fidelizzare i clienti, offrendo quindi ai consumatori esperienze d’acquisto personalizzate e coinvolgenti in modalità phygital.

Infine, i punti vendita saranno sempre più luoghi accoglienti grazie ad arredamenti “caldi” e realizzati con materiali ecosostenibili (ad esempio riciclabili).

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Federico Bandirali
Federico Bandirali

Giornalista pubblicista dal 2014 e growth hacker dal 2017 con master presso Talent Garden, durante gli studi in comunicazione ho iniziato a collaborare con testate cartacee generaliste dal 2006. Dopo aver scritto articoli in diversi ambiti (cronaca, politica, esteri, economia e sport) e abbandonato il cartaceo, mi sono sempre più focalizzato su tecnologia e innovazione, branded journalism e storytelling aziendale. Nel 2016 ho scritto un libro: una case history relativa alla partnership tra Intesa Sanpaolo ed Expo Milano 2015 poi ripresa da atenei statunitensi.

Articoli correlati

Articolo 1 di 3