Cosa è successo di rilevante in tema di innovazione questa settimana in Italia e nel mondo?
Non è semplice essere sempre aggiornati (troppe notizie – alcune fake, un’infinità di fonti rilevanti).
Con il direttore di EconomyUp Giovanni Iozzia ci divertiamo a sperimentare format nuovi con cui tenerci reciprocamente aggiornati e confrontarsi. Avevamo cavalcato con discreto successo la meteora di ClubHouse avviando chiacchierate con gli Open Innovation manager delle principali aziende italiane. Da giugno 2022 abbiamo avviato Innovation Weekly, una striscia settimanale di quindici minuti con cui commentare le principali notizie della settimana, spesso con qualche ospite. Streamed on Linkedin il sabato a mezzogiorno, e pubblicata su Spotify in versione podcast (qui il link per accedere a tutte le puntate dell’anno).
Il modello sembra funzionare, almeno per me visto che Giovanni mi fa la rassegna stampa e io mi limito a commentarla (on the spot, senza sapere prima le notizie che ha selezionato).
Spesso invitiamo un ospite dal mondo del Corporate Venturing per portare ulteriore approfondimento. Mi sono appuntato qualche passaggio che mi ha fatto riflettere.
Un Paese provinciale incapace di pensare al lungo periodo
Sabato 14 gennaio Salvo Mizzi, protagonista storico dell’ecosistema italiano delle startup (e’ stato infatti responsabile innovation in Telecom Italia/TIM, CEO di TIM Ventures e di Invitalia Ventures, General Partner in Principia e poi direttore generale in ENEA Tech, oltre che tra i principali ispiratori della nascita del Fondo Nazionale Innovazione) oggi tornato in impresa come Innovation Director di Recordati, ha fatto una fotografia lucida quanto impietosa dell’Italia.
“C’è un tema di produzione di pensiero che ad oggi ci manca. L’Italia è un paese con problemi strutturali enormi in termini di popolazione nel senso più ampio del termine (paese vecchio e non attraente per i giovani) con scarse competenze a livello di massa (è l’ultimo paese europee per numero di laureati). Ma non sto trovando dei punti vista consapevoli di questa situazione e che cerchino di capire come si dispone il lungo periodo. Lo short term è pura illusione. Anche quando raggiungiamo dei risultati lo facciamo sui muscoli, sui nervi, sulle singole capacità, sul fatto che abbiamo una genia di imprenditori molto capaci, ma abbiamo serie difficoltà a costruire delle cose che durano nel tempo. Non abbiamo più grandi aziende e non abbiamo presidi dove si possa giocare il nostro futuro.”
“In Italia noi scontiamo una Venture Industry che è stata a lungo un fenomeno locale, autoctono, a volte spesso provinciale. Gran parte delle persone che se ne sono occupate sono derivate da una cultura e da una practice da small private equity. C’è bisogno di nuova linfa e di un approccio che nasca con una prospettiva globale.”
Qui il link alla puntata.
L’opportunità di fare open innovation di sistema
Ernesto Ciorra, Chief Innovability Officer, Enel commentando le stesse debolezze del sistema Italia (campanilismi e assenza di tante grandi aziende), ha invece lanciato una provocazione:
“La prossima sfida? Fare open innovation di sistema lato operations (che compartano costi e sicurezza). Un esempio sono i cavi sottomarini: ci possono lavorare insieme Enel, Terna, Tim e le aziende che hanno le pipeline del gas.”
Riusciranno le imprese italiane a mettere da parte i particolarismi e sviluppare una strategia d’insieme?
Qui il link al podcast della puntata con Ernesto.
L’innovazione non costa. È un investimento
Un’azienda come Pelliconi, per fare partecipare tutti i propri dipendenti al neo lanciato programma di Intrapreneurship, ha fermato le linee di produzione per due ore (pagando anche i dipendenti che non erano di turno).
“È stato un messaggio forte perché costoso dato che i nostri stabilimenti girano h24 fermandosi al massimo dieci giorni all’anno” ci ha raccontato Matteo Mingardi, responsabile dell’innovazione dell’azienda bolognese leader mondiale nella produzione di tappi e chiusure (qui il link al podcast della sua puntata).
L’urgenza di innovare per non sparire
Alternative, peraltro, non ce ne sono, così come tempo da perdere. Come ci ha ricordato Cecilia Visibelli, Head of Open Innovation Hub di Snam:
“L’open innovation è un processo urgente, di cui non possiamo fare a meno. La sfida è non esserci più, l’estinzione. Dobbiamo ascoltare tutti ma essere veloci, rapidi nel provare, implementare e mettere a terra.”