L'INTERVISTA

Enrico Pisino (CIM4.0): “Il futuro dell’automotive? I combustibili alternativi, ma serviranno almeno 10 anni”

Il CEO del Competence Center Nazionale CIM4.0 di Torino e membro del board nel Cluster sui trasporti spiega a EconomyUp la sua visione del futuro: auto elettriche, citycar, car sharing. Per i veicoli a idrogeno servirà molta ricerca, ma saranno i più sostenibili. Anche in termini economici. “Serve un Piano nazionale”

Pubblicato il 31 Ott 2022

Enrico Pisino, CEO CIM4.0

Nel futuro dell’automotive ci sono i combustibili alternativi, che però sono ancora troppo costosi per l’utente finale, e tra questi i veicoli ad idrogeno, che potrebbero salire alla ribalta tra una decina di anni, se la ricerca si darà da fare in questo campo: è la visione di Enrico Pisino, CEO del Competence Center Nazionale CIM4.0, con sede a Torino, membro del board nel Cluster nazionale sui trasporti ed esperto di mobilità innovativa.

Chi è Enrico Pisino

Enri­co Pisi­no è un inge­gne­re con una lun­ga car­rie­ra in Fiat pri­ma e, in Chry­sler e FCA, poi. Ha svi­lup­pa­to una espe­rien­za tec­ni­ca e mana­ge­ria­le nel cam­po del­la simu­la­zio­ne nume­ri­ca negli anni ’90, con­tri­buen­do ad impo­sta­re l’at­tua­le pro­ces­so digi­ta­le per lo svi­lup­po pro­dot­to di FCA; nei pri­mi anni 2000 si è occu­pa­to in Fiat di pro­gram­mi di ricer­ca e con­cept car e dal 2005 al 2006 è sta­to diret­to­re del dipar­ti­men­to Advan­ced Manu­fac­tu­ring & Mate­rials del Cen­tro Ricer­che Fiat.

Nel 2008 ha assun­to nel Grup­po Fiat la respon­sa­bi­li­tà del­la Unit Inte­riors nel­l’am­bi­to del­la ­di­re­zio­ne svi­lup­po pro­dot­to e suc­ces­si­va­men­te è sta­to Respon­sa­bi­le del­la Ricer­ca & Inno­va­zio­ne di FCA sia in USA (2011-2016) sia in Euro­pa (2015-2019).

Dal 2016, anno in cui ha rap­pre­sen­ta­to l’in­du­stria ita­lia­na al G7 dei Tra­spor­ti a Karui­za­wa in Giap­po­ne, sino al 2021, Enri­co Pisi­no è sta­to Pre­si­den­te del Clu­ster Tec­no­lo­gi­co Nazio­na­le dei Tra­spor­ti e mem­bro del Comi­ta­to Scien­ti­fi­co del­la Fon­da­zio­ne Poli­tec­ni­co di Mila­no.

Dal 2019 è Ceo del Com­pe­ten­ce Indu­stry Manu­fac­tu­ring Cen­ter 4.0 (CIM4.0) uno dei 8 cen­tri di com­pe­ten­za nazio­na­li con sede a Tori­no a sup­por­to del­le impre­se per la digi­ta­liz­za­zio­ne indu­stria­le e il tra­sfe­ri­men­to tec­no­lo­gi­co in linea con il pia­no Tran­si­zio­ne 4.0 del Mise.

Cos’è il Competence Center CIM4.0

Il Competence Center CIM4.0 è il polo di riferimento nazionale per il trasferimento tecnologico e per la diffusione di competenze legate all’industria manifatturiera e di servizi. CIM4.0 è un net­work che offre sup­por­to stra­te­gi­co e ope­ra­ti­vo in otti­ca di svi­lup­po indu­stria­le 4.0 con la dif­fu­sio­ne di ser­vi­zi e cor­si di alta for­ma­zio­ne. Costi­tui­to da Poli­tec­ni­co e Uni­ver­si­tà di Tori­no uni­ta­men­te a 22 azien­de part­ner, CIM4.0 è il part­ner a cui rivol­ger­si per man­te­ne­re alta la com­pe­ti­ti­vi­tà svi­lup­pan­do nuo­vi model­li di busi­ness, e met­ten­do a dispo­si­zio­ne le com­pe­ten­ze dei lea­der indu­stria­li alle azien­de che voglio­no inno­va­re. (QUI un video)

“Il nostro Competence Center, avendo come sede Torino – spiega Enrico Pisino a EconomyUp –  non può prescindere da un supporto strategico e operativo nei confronti di imprese che operano nelle filiere Automotive e Aerospace. Il nostro ruolo è quello di affiancare grandi aziende, PMI e startup innovative nei processi di trasferimento tecnologico, secondo le linee guida del piano di transizione digitale ed ecologico, mettendo a disposizione tecnologie di ultima generazione, operative nelle nostre due linee pilota, la digital factory e l’additive manufacturing, garantendo altresì un percorso di formazione in ottica 4.0 personalizzato e funzionale all’upskilling e al reskilling delle competenze, fondamentale per gestire e guidare imprese digitalizzate”.

Cos’è il Cluster Tecnologico Nazionale Trasporti Italia

Si tratta di un’associazione che ha ottenuto il riconoscimento dal MIUR come riferimento per il settore dei mezzi e dei sistemi per la mobilità di superficie terrestre e marina. Lo stesso ministero ha deciso di utilizzare i Cluster Tecnologici Nazionali (CTN) come riferimento per la realizzazione del Programma Nazionale per la Ricerca (PNR) e delle posizioni nazionali legate alla nuova programmazione dell’UE, in particolare in relazione ai Fondi Strutturali e ad Horizon Europe, il Programma Quadro Europeo per la Ricerca e l’Innovazione 2021-2027. Al suo interno confluiscono 15 poli universitari, 8 tra organismi ed enti di ricerca, 13 aggregazioni pubblico-private (che raggruppano al loro interno oltre 2.000 partner), 6 associazioni di categoria e 6 regioni.

Ma vediamo la panoramica sull’automotive del futuro delineata da Enrico Pisino.

“Se vogliamo sviluppare le filiere della mobilità in Italia occorre lavorare in Europa e nel mondo ma ritornare a pensare e agire da italiani” dice. Guardando al futuro, il CEO rimarca: “Per lo sviluppo dell’automotive italiano c’è bisogno di un Piano Nazionale in grande stile, in grado di affrontare i grandi cambiamenti in corso con un’ottica complessiva e una strategia a livello di sistema Paese”. E, per farlo, “occorre tutta l’attenzione e il supporto dei Policy maker – auspica Pisino – di una politica adeguata alle necessità stringenti delle imprese”. Non solo con incentivi e agevolazioni finanziarie, ma anche creando e trasmettendo conoscenze, idee e competenze in grado di fare la differenza.

Come si può supportare la filiera italiana dell’automotive?

Certamente non solo con i cosiddetti tavoli di lavoro. Allo stato delle cose, c’è bisogno di un Piano Nazionale con le lettere P ed N evidenziate in maiuscolo. Un intervento pubblico che ponga le basi della nuova filiera nazionale della mobilità; che coinvolga i grandi player o capi filiera che puntano sulle competenze attuali e potenziali a livello di sistema Paese; che supporti le PMI e startup eccellenti che operano su tutto il territorio nazionale, e che sappia mettere a terra le innovazioni e le competenze sviluppate dalle nostre università.

Guardando al futuro da qui a 5 anni, e poi a 10 anni, come sarà cambiata la mobilità e il nostro modo di spostarci?

Portiamo lo sguardo al 2027 e poi al 2032. Direi, considerando i tempi tipici dei settori della mobilità, dai mezzi di trasporto alle infrastrutture hardware, che ci sarà una continuità lineare rispetto alla roadmap tracciata. Ossia, in termini di mezzi di trasporto in Italia e in tutta Europa, crescerà l’utilizzo di automobili elettriche a batteria e in particolare di city car e quadricicli leggeri nelle città. Molte automobili saranno anche ibride e plug-in hybrid, ma credo che il parco circolante sarà composto da molte automobili con carburanti tradizionali. I servizi di car sharing preferibilmente con vetture a trazione elettrica si imporranno in molte grandi città.

I motori non elettrici funzioneranno con nuovi carburanti?

Inizieremo a sperimentare, con le prime flotte a livello di nicchia di mercato, l’impiego dei primi carburanti sintetici compreso eventualmente anche l’impiego dell’idrogeno. Per le lunghe percorrenze e il trasporto merci, in particolare, si utilizzeranno veicoli elettrici e a idrogeno con le prime applicazioni di Fuel cell. Lo shift delle merci dalla strada al ferro sarà ancora piuttosto limitato.

Per quanto riguarda la mobilità elettrica, un punto debole in Italia è ancora la rete limitata dei punti di ricarica Fast e Ultra-fast. Perché non vengono sviluppati e non si supera questo ostacolo?

Credo che la rete si svilupperà seguendo la tradizionale regola dell’equilibrio tra domanda e offerta. Cresceranno le automobili elettriche e di conseguenza i punti di ricarica. Molte azioni in questa direzione mi fanno sentire abbastanza ottimista. Solo così si potranno ripagare gli investimenti associati.

Quindi, qual è ancora un freno per la mobilità elettrica?

Il vero problema oggi e non solo in Italia è l’accessibilità in termini di costo alle vetture elettriche. Basti pensare che oggi in Germania la vettura più venduta tra quelle elettriche a batteria è la Fiat500. Evidentemente risulta non solo bella e con buone prestazioni, ma anche più accessibile e con il miglior rapporto tra prestazione e costo.

Quali prospettive concrete ha di svilupparsi la mobilità a idrogeno?

Oggi la mobilità a idrogeno non rappresenta un’offerta piena per il mercato della mobilità. Diciamo che siamo ancora nella fase di sviluppo della tecnologia e del mercato. La piena sostenibilità dei mezzi a Fuel cells non è ancora raggiunta e risulta ancora distante dalle soluzioni a batteria. Quindi occorrerà nei prossimi 10 anni sostenere la ricerca e l’innovazione affinché si possa poi programmare la commercializzazione di queste soluzioni nel lungo periodo, sperando nel protagonismo del nostro Paese.

Per quale tipo di mezzi potrà essere utilizzata?

Per autobus, camion e per i treni, quindi nei trasporti di persone e merci di lunga percorrenza, vedremo delle applicazioni concrete, le prime sperimentazioni in scala. Sarà un mercato di nicchia, ma comunque uno step fondamentale per lo sviluppo della mobilità sostenibile.

Dal punto di vista dei costi per l’utente finale, quale tipo di mobilità – a combustibili alternativi, elettrica, ibrida – risulterà più conveniente?

Certamente oggi l’elettrificazione dei veicoli, dall’ibrido al full elettrico, si è tradotta in un extra costo all’acquisto da parte degli utenti finali e una riduzione di margini per i costruttori. Con l’incremento dei volumi produttivi e il miglioramento dei processi di fabbricazione delle batterie nei prossimi anni ci si può aspettare un contenimento di questi extra costi, ma non un annullamento. Pertanto, credo che i combustibili alternativi possano ancora rappresentare per l’utente finale una soluzione interessante anche sotto il profilo del costo totale della mobilità”.

Il nuovo governo cosa dovrebbe fare per dare slancio ai cambiamenti in atto e potenziali?

Potrei dire che c’è tanto da fare per questa filiera così come per quelle filiere come l’aerospazio che sostengono lo sviluppo tecnologico ed economico dei migliori Paesi. Dovremmo strutturare un’agenda politica che supporti la reindustrializzazione locale, intere filiere che devono reinventarsi e ristrutturarsi profondamente partendo dai capi filiera, le grandi imprese, coinvolgendo poi l’intero ecosistema fatto da PMI e startup. La politica deve favorire l’innovazione e lo sviluppo delle competenze necessarie a questa metamorfosi perseguendo con determinazione quelle scelte necessarie a limitare le emissioni di CO2 senza penalizzare il Paese su tutti i fronti: dall’economico al sociale. Insomma, avere il coraggio di fare delle scelte e poi supportare i piani conseguenti di attuazione. Personalmente oggi osservo dei ritardi su tutto e un forte gap rispetto ai migliori, Francia e Germania in primis”.

Quella degli incentivi è una strada giusta?

Credo che gli incentivi possano essere una strada giusta se coerenti con la strategia, se sviluppano l’economia, se supportano la crescita e gli investimenti. Vorrei che si favorisse all’interno di una strategia il supporto alle imprese, agli imprenditori, ai giovani, piuttosto che rischiare di ‘drogare’ un mercato non del tutto sostenibile.

Un esempio di un recente progetto innovativo sviluppato dal Competence Center CIM4.0?

“Una case-history che mi piace evidenziare riguarda la progettazione e realizzazione di un rover a guida autonoma pensato per le attività di esplorazione sotterranea in tunnel, gallerie e luoghi particolarmente pericolosi per l’essere umano. Il tutto sviluppato in pochi mesi grazie alle competenze disponibili sul territorio e provenienti da diverse esperienze e settori produttivi. In questa direzione di competenza, concretezza e reattività si collocano anche le nostre più recenti attività legate alla mobilità sostenibile, un lavoro caratterizzato da una visione sistemica resa possibile grazie al neonato Polo Nazionale sulla Mobilità Sostenibile di cui siamo attori protagonisti insieme al Politecnico di Torino.

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Stefano Casini
Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, imprese, tecnologie e innovazione. In oltre 20 anni di attività, ho lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Mi piacciono i progetti innovativi, il teatro e la cucina come una volta.

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