Non c’è un ministro per l’Innovazione nel nuovo governo Meloni, ma c’è un senatore, Alessio Butti, nominato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’Innovazione. Una vita nella politica, un’esperienza su questioni tecnologiche legata soprattutto al comparto delle telecomunicazioni, ha le idee chiare su cloud, tutela dei dati personali, big tech e 5G. E ha parlato più volte di “sovranità digitale”.
Ci aveva provato la Lega a far passare l’idea di un ministero dell’Innovazione tecnologica in questo esecutivo, proponendo prima delle elezioni che il dicastero venisse spostato a Milano. Evidentemente non solo la proposta non è passata, ma Butti, responsabile Media e telecomunicazioni di Fratelli d’Italia, l’avrebbe spuntata sul leghista Alessando Morelli, già viceministro delle Infrastrutture e della Mobilità nel governo Draghi. Il nuovo governo ha dunque deciso di cancellare il ministero per l’Innovazione digitale e la Transizione ecologica presieduto da Vittorio Colao nel precedente esecutivo a guida Draghi. Eppure a quel dicastero era ed è affidata la gestione di buona parte dei fondi del PNRR.
Chi è Alessio Butti
Chi lo conosce lo descrive come “un uomo dal carattere forte, a tratti spigoloso, ma anche generoso e sinceramente appassionato di politica”.
Nato nel 1964 a Como, diploma all’Istituto tecnico industriale, amministratore di società e cooperative sociali, giornalista pubblicista, in effetti la politica è il suo lavoro fin dalla giovane età: è stato deputato in tre legislature e senatore in due. Un vita in Parlamento, dunque, magari non in prima fila, ma con una presenza costante confermata dai numeri: secondo OpenPolis, è stato presente alle votazioni elettroniche nell’89.60% dei casi, mentre per il 2,9% era in missione.
Giovanissimo dirigente del Fronte della Gioventù, scrive Wikipedia, nel 1985 viene eletto consigliere comunale del comune di Como nelle file del Movimento Sociale Italiano e 5 anni dopo è consigliere provinciale della Provincia di Como, più volte riconfermato. Nel 1992 viene eletto alla Camera dei deputati con MSI.
Dal 1994 al 1996 è vicesindaco del comune di Como, con deleghe ai lavori pubblici, all’edilizia privata, al commercio, all’industria e alle politiche giovanili. Nel 1996 viene rieletto alla Camera dei deputati per Alleanza Nazionale. In quell’occasione viene scelto come membro della Commissione Parlamentare di Vigilanza. Nel 2001 è confermato alla Camera dei deputati con il ruolo di vice capogruppo di Alleanza Nazionale e componente della Commissione Cultura e della Commissione di Vigilanza Rai. Nel 2006 approda al Senato. Il suo percorso politico prosegue senza soluzione di continuità finché, alle elezioni del 2013, non riesce a farsi rieleggere al Senato, poiché Fratelli d’Italia non passa lo sbarramento del 3%. Ma torna nel marzo 2018 quando diventa nuovamente deputato nella lista di Fratelli d’Italia grazie alla vittoria nel collegio uninominale di Lecco.
Alle elezioni politiche anticipate del 25 settembre 2022 è eletto nel collegio plurinominale Lombardia 01.
Alessio Butti e le telecomunicazioni: “L’Italia torni protagonista”
Per Butti il preoccupante calo dei ricavi nel settore delle telecomunicazioni richiede azioni urgenti di natura tecnica, economica e di politica industriale. La crisi non riguarda soltanto le aziende di settore, ma mette a rischio lo sviluppo delle reti ultrabroadband, fondamentali per la ripresa e la competitività del sistema paese.
In questo contributo per Agenda Digitale, pubblicato a settembre 2022, Butti spiega perché Fratelli d’Italia considera centrale la questione nel suo programma di Governo, compreso il tema della rete unica.
Scende nel dettaglio in un’intervista a Key4Biz. “Vogliamo semplicemente che l’Italia torni ad essere un protagonista europeo nelle telecomunicazioni, come lo sono la Francia e la Germania, dove gli incumbent sono ancora sotto il controllo dei rispettivi governi” ha detto Butti in ad agosto 2022. A suo dire “la nuova rete in fibra, fino alle case” deve essere “una rete unica, nazionale, a controllo pubblico (quindi italiana) e wholesale only” in base al “modello che separa la rete dai servizi”.
“Open Fiber purtroppo, e lo dico con sincero rammarico – prosegue Butti nell’intervista – non ha più la credibilità né la capacità di essere il perno dell’operazione “rete unica”, cosi come pensata sino ad oggi da CDP”. Quindi sostiene che “la rete non va separata, deve rimanere invece in capo a TIM e deve essere semmai TIM ad aggregare sotto di sé la rete di Open Fiber” . Ma deve essere controllata da CDP. In pratica una rete in capo a CDP e controllata da TIM: “Se TIM mantenesse il controllo della rete, ma con maggioranza pubblica di CDP – chiarisce -l’azienda tornerebbe ad essere un asset industriale italiano (come Enel o come ENI o Leonardo)”.
Cosa pensa Butti del Cloud
A luglio 2021 Butti ha presentato un’interrogazione al governo Draghi. Così recitava: “Sul Cloud si gioca una partita di 900 milioni da assegnare a chi? Il Governo dice un soggetto a controllo pubblico. Ma scelto come? Mancano le linee guida che dovevano esser fatte da Agid che per 9 anni è rimasta inoperosa e ora spetta all’Agenzia per la Cybersicurezza che ancora non esiste. Se ne parlerà con l’inizio dell’anno nuovo e poi servirà un bando. E con quali linee tecniche, dal momento che dovrà farle la costituenda Agenzia per la Cybersicurezza che ancora non esiste? Il Governo dice di aspettare proposte progettuali. Ma come potranno essere fatte proposte progettuali se non vi sono le solite linee tecniche a cui attenersi?”
Risposta del governo: “Per l’investimento ‘Infrastrutture digitali’ del Pnrr sono stati stanziati 900 milioni di euro a supporto dei costi di migrazione delle amministrazioni verso il Polo strategico nazionale”, la nuova infrastruttura dedicata al cloud. L’obiettivo di tale investimento è quello di garantire che i sistemi, le banche dati e le applicazioni della Pubblica amministrazione siano ospitati in centri dati affidabili, con elevati standard di qualità per la sicurezza, le prestazioni, la scalabilità, l’interoperabilità europea e l’efficienza energetica, secondo il principio del cloud first. L’intervento è destinato a circa 200 amministrazioni centrali e a 80 autorità sanitarie locali. Entro il terzo trimestre 2022 si prevede il completamento del Pns e, nel secondo trimestre 2026, 280 enti pubblici – tra PA centrali e Asl – saranno migrati su tale infrastruttura”.
Sul modello da seguire per il cloud italiano, Alessio Butti così si è espresso in questa intervista rilasciata a Formiche.net. “Sul cloud (…) le soluzioni adottate dovrebbero essere sempre improntate ad obiettivi di interesse nazionale: tutela dei dati personali, avvio di politiche industriali di sviluppo dell’innovazione, sostegno alle imprese nazionali, supporto alle università perché sviluppino ricerca applicata alle esigenze delle aziende che operano sul mercato nazionale”. “Quanto ai data center (…) la loro presenza su territorio italiano non garantisce alcunché, se la proprietà del data center è straniera”.
La “sovranità digitale dell’Europa”
La regolamentazione delle Big Tech non è materia del parlamento italiano. Ma come deve porsi l’Italia davanti ai provvedimenti della Commissione europea quali Dma, Dsa, Data protection Act, Data Act, AI Act:? Secondo Butti, innanzitutto l’Italia deve applicare tutte queste norme “Sono norme studiate – ha avuto modo di spiegare nell‘intervista a Formiche.net – per dare ruolo e autonomia all’Europa e la renderanno non soggiogabile da altre potenze, siano esse americane o cinesi. Noi tutti dobbiamo difendere le prerogative di sovranità digitale e industriale dell’Europa e, per coerenza, del nostro Paese. Pensare che queste norme europee colpiscano le società americane e non quelle cinesi è fuorviante. Gli europei sono da anni perfettamente profilati anche nelle emozioni di grandi Big Tech americani. Non farei distinzioni in un mondo multipolare. L’Europa deve cercare la sua strada. Né vale la considerazione se dobbiamo essere più amici degli uni o degli altri o se dobbiamo fidarci di più degli uni o degli altri. La sovranità vuol dire sviluppare proprie imprese, sostenere la ricerca, creare occupazione e competenze sull’innovazione. Non servono gli schieramenti ideologici”.
Proteggere i dati degli italiani e degli europei
A proposito della protezione dei dati, Alessio Butti dice: “I social servono a profilare gli utenti, sono nati per questo. Non mi pare ci sia alcuna sorpresa sul ruolo di TikTok. È un ruolo simile a quello dei GAFAM americani. Chiediamoci invece come proteggere i dati personali degli italiani e degli europei. Dati che fanno gola a tutti. Quanto ai rischi di sorveglianza di massa, mi pare che il problema si ponga pedissequamente per una serie di Paesi anche della nostra area occidentale e democratica.(…) Dobbiamo affrontare queste tematiche sapendo che vanno difese le prerogative dello Stato, con la consapevolezza che molte società multinazionali sono ben più potenti dei singoli Stati e i loro interessi spesso confliggono con gli interessi dei cittadini”.
“Non fermiamo il 5G”
Infine sul 5G, Alessio Butti sostiene che è “scattato un muro contro muro che lo ha affossato. Si è fermata la corsa tecnologica internazionale, si sono fermate le cooperazioni tra università e ricercatori dei vari Paesi. Molte parti del mondo hanno fermato le macchine sul 5G, che vuol dire innanzitutto internet industriale ovvero Industry 4.0. Vedremo che contraccolpi ci saranno su industrie grandi e piccole. Ne va della crescita economica e dell’occupazione e l’Italia deve riflettere su un tema così complesso”.