L'INTERVISTA

Roberto Tundo: l’innovazione in Ferrovie dello Stato ora è una missione di Gruppo

“Procediamo verso una complessiva armonizzazione su tecnologia, innovazione e digitale”, dice Roberto Tundo, Chief Technology, Innovation & Digital Officer di Ferrovie dello Stato. La creazione di un’area “demilitarizzata” per le startup e lo sviluppo degli Innovation Hub, anche all’estero

Pubblicato il 01 Lug 2022

Roberto Tundo, Chief Technology, Innovation & Digital Officer del Gruppo FS Italiane

In Ferrovie dello Stato adesso l’innovazione è una missione di gruppo, con sinergie tra società e ambiti che in passato non ci sono mai state. È l’effetto del nuovo piano industriale presentato in maggio dall’amministratore delegato Luigi Ferraris. “Quello che il Gruppo può fare per il Paese grazie alla leva delle tecnologie è un unicum. Se sarà sviluppato e messo in campo così come è stato definito nel piano industriale sarà una svolta importante”. Roberto Tundo, Chief Technology, Innovation & Digital Officer del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, parla per la prima volta dopo la presentazione del piano industriale 2022-2031 in cui la digitalizzazione è un elemento trasversale ai quattro nuovi poli previsti dalla riorganizzazione: Infrastrutture, Passeggeri, Logistica, Urbano.

Ferrovie dello Stato, il piano Ferraris per l’innovazione: le sfide per il Gruppo

Un piano ambizioso, il “manifesto”, come lo definisce Tundo, di un’azione che prevede per la prima volta un approccio sinergico alle varie anime del Gruppo, che spazia dal trasporto ferroviarie alla gestione della rete stradale, dalla gestione alle pratiche di innovazione. Una sfida non da poco per un’organizzazione complessa con 80mila dipendenti e una legacy importante.

Laureato in statistica economica sulla teoria del caos e le reti neurali, Tundo, 52 anni, è stato CIO in Enel Green Power, Terna ed Alitalia e CEO di Olivetti prima di assumere l’incarico in Ferrovie dello Stato nell’ottobre 2021. “Sono onorato di avere questo ruolo, che rappresenta anche una grande responsabilità. Dovremo lavorare per rendere concreto quello che abbiamo scritto nel Piano”.

Nel nuovo piano decennale di Ferrovie dello Stato c’è tanta tecnologia, innovazione digitale, sostenibilità. Qual è l’ambizione che lo anima?
Questo piano è ambizioso sotto tanti punti di vista, intanto per la sua durata: 10 anni prevedono una visione di lungo termine con l’obiettivo di dare una spinta decisiva al Paese in un’ottica di sistema. Il Gruppo ha deciso di fare il gruppo in maniera più convinta e assertiva rispetto al passato con la creazione e il coordinamento di poli che aggregano le aziende per domini. Per questo consideriamo il Piano un manifesto con cui il Gruppo si mette a disposizione del Paese individuando in modo chiaro i fattori che servono per sviluppare progetti che per la prima volta siano sinergici. Quindi lavorando non solo sulla componenente ferroviaria ma sull’asse stradale (Anas, ndr), sulle infrastrutture (RFI e Italferr, ndr.) e sui servizi”.

Che cosa cambia per le attività di innovazione?
Procediamo verso una complessiva armonizzazione su tecnologia, innovazione e digitale. Prima ogni società del gruppo sviluppava verticalmente quello che riteneva opportuno e questo in molti caso finiva per generare dissinergie interne e comunque non valorizzava quello che si poteva ottenere mettendo insieme i tre ambiti. Adesso l’hub di innovazione ha un ruolo trasversale a tutte le società del Gruppo secondo il modello hub&spoke per creare sinergie all’interno di una strategia comune.

Che cosa fa la funzione Innovazione da lei guidata?
Ha un compito di indirizzo e coordinamento, perché ogni società ha un suo spoke (raggio) di quest’area che riferisce funzionalemtne all’hub. Questo modello a regime coinvolgerà centinaia di persone a livello di gruppo perché l’hub non svolgerà attività operative che saranno affidate alle società.

Quante persone lavoreranno nell’hub?
A regime non saranno più di 100 persone. L’hub avrà un ruolo sempre più lean e dovrà avere la capacità di governare la complessità, lasciando poi le ricadute operative alle società e alle unità di business.

L’amministratore delegato Ferraris in un’intervista al Coriere della Sera ha parlato di cinque nuove piattaforme digitali. Da dove comincerete?
Le piattaforme saranno più di cinque che saranno poi raccolte in diversi aggregatori. Uno dei primi su cui stiamo lavorando con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità  riguarda la mobilità di passeggeri e merci. Non ragioniamo più solo come operatori di trasporto ma in un’ottica aperta che permetterà anche ad altri operatori della mobility as a service di usare questa piattaforma. Insomma, sarà aperta al mercato perché vogliamo giocare una partita di sistema.Chi altri potrebbe farlo nella mobilità?

Stiamo quindi parlando di dati…
Certo. Un gruppo come FS ne produce quotidianamente una quantità enorme destinata ad aumentare con la digitalizzazione dei processi e dei servizi. Questi dati ci permettono di fare un lavoro importantissimo di monitoraggio non solo per garantire la sicurezza ma anche per la prevenzione dei disservizi. Non dimentichiamo che il PNRR impone uno sviluppo rapido di interventi e opere che porteranno disruption nei servizi. Noi come Gruppo possiamo attenuare questo impatto sulle infrasttuture, ragionando in un’ottica di integrata, quindi bilanciando traffico ferroviario e stradale.

New call-to-action

È per far viaggiare bene questi dati che avete previsto di portare la fibra lungo tutta la rete ferroviaria?
Sì. Avere un’infrastruttura attiva e sotto il controllo del Gruppo ci permetterà di valorizzare i dati nel modo più opportuno. Certo, potremo anche garantire un servizio di connessione affidabile sui treni passeggeri ma la nostra rete ci consentirà di avere quel monitoraggio continuo necessario per migliorare l’efficienza della rete per arrivare ad avere un maggior numero di treni in servizio a parità di infrastrutture.

Parliamo di innovazione. Che cos’è per lei e per il suo team?
Intanto dividerei la questione in due. Un conto è l’evoluzione digitale, un conto è la vera innovazione. La prima è un processo progressivo di adattamento, la seconda deve essere per noi disruptive. Fare innovazione per noi significa pensare fuori dagli schemi, introdurre un problema per risolvere i nostri problemi.

E l’open innovation?
Non è solo quella con le startup. Noi, ad esempio, stiamo cominciando a lavorare con i distretti industriali d’eccellenza del nostro Paese e non solo per avere uno sguardo sul futuro.

D’accordo ma le startup restano o no uno stimolo di innovazione?
Le startup sono sempre interessanti perché provocano un pensiero diverso.  Ma c’è un problema. Non è facile trovare startup che possano integrarsi con i processi e il ciclo di vita di un’azienda grande e matura come la nostra. Il rischio è fare violenza a una startup, fino a portarla alla morte,  Quindi bisogna creare un’area riservata, una sorta di zona demillitarizzata.

Bella questa immagine della zona demilitarizzata. Come la immaginate?
Deve essere un’area dove le startup non vengano triturate dai processi di una grande azienda. Non pensiamo a una corsia di accesso privilegiata ma di uno spazio privilegiato, una zona franca dove la startup possa svilupparsi con il sostegno dell’azienda ma senza il suo peso.

Avete in programma un incubatore aziendale?
Non stiamo pensando a un incubatore. Dobbiamo credere nel progetto della startup, fornire il sostegno necessario per farla crescere e poi portare i risultati del suo lavoro a disposizione dell’azienda per fare scalare la sua creazione di valore.

Per sostenere le startup prevedete anche un veicolo di investimento, un fondo di corporate venture capital?
No, al momento non è nei nostri programmi, perché il venture capital non è il nostro mestiere.

Chiudiamo con l’open innovation interna. Come intendete sviluppare la corporate entrepreneurship?
Il lavoro sull’imprenditorialità interna è già cominciato e crescerà con lo sviluppo di una rete di Innovation Hub a cui il Gruppo sta lavorando. Non saranno spazi per eventi, ma luoghi dove creare sinergie con i territori e aggregare i nostri colleghi. Ne abbiamo già tre attivi e ne prevediamo altri quattro entro il 2o23 e non saranno solo in Italia. Ricordiamo la nostra linea Milano-Parigi e la società spagnola che presto lancerà servizi interni ad alta velocità. L’innovazione non avrà ceerto confini.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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