IL PERSONAGGIO

Leonardo Del Vecchio: un modello di imprenditore che fa, non si lamenta e cresce

A 87 anni è scomparso il più grande imprenditore italiano del Novecento. Leonardo Del Vecchio resta un modello per il senso di responsabilità dell’impresa. Non ha mai fatto ricorso a sostegni pubblici, è andato per la sua strada con un un grande senso di responsabilità e di innovazione. Fino ai Rayban con Facebook

Pubblicato il 27 Giu 2022

Leonardo Del Vecchio

Appena ho letto della scomparsa di Leonardo Del Vecchio sono andato subito a prendere i Ray-Ban Stories. Ecco l’ultima prova di un imprenditore che a oltre 80 anni ha portato la sua azienda a dialogare con Marck Zuckerberg per trovare lo strumento più comodo per entrare nel metaverso: il Signore degli Occhiali e il Mago dei Social insieme. La conferma di un grande intuito imprenditoriale che, quando c’è, non conosce età. Un bel caso che conferma quanto potrebbe e dovrebbe fare il Made in Italy per un mondo sempre più tecnologico.

Leonardo Del Vecchio lascia le sue imprese e le sue famiglie a 87 anni dopo una vita a dir poco straordinaria: dall’orfanotrofio a Luxottica, leader mondiale nell’occhialeria, che oggi si chiama EssiLux (dopo l’acquisizione dell’azienda francese Essilor nel 2018). Grande è il cordoglio per la scomparsa del fondatore, ma le imprese (e le famiglie) restano.

Uno dei tanti Martinitt, come venivano chiamati i bambini cresciuti nello storico orfanotrofio in pieno centro a Milano per via del vicino oratorio di San Martino, che è riuscito a conquistare gli occhi del mondo con tenacia, capacità di innovazione e soprattutto una grande senso della responsabilità dell’impresa e dell’imprenditore che raramente si trova in Italia. Al di là del successo, per questa resta un modello in un Paese dove storicamente prevale una cultura imprenditoriale segnata dalla mancanza di concorrenza con una forte tendenza all’assistenzialismo e alle furbizie.

La cosa che mi ha più colpita nel corso degli anni è non aver mai sentito o letto Leonardo Del Vecchio lamentarsi della pressione fiscale, del costo del lavoro, della pubblica amministrazione inefficiente o della giustizia lenta, tutte argomentazioni vere, per carità, ma dietro le quali spesso vengono mascherate i limiti e le incapacità di tanti manager e imprenditori. Luxottica non ha mai fatto ricorso a cassa integrazioni, contributi dello Stato o altro, come altre grandi aziende italiane che dopo anni di sostegni pubblici poi hanno confuso l’internazionalizzazione con l’allontanamento dal Paese. Leonardo Del Vecchio, invece, è andata avanti per la sua strada, dalla piccola bottega aperta in uno sperduto paese del bellunese alla grande scena internazionale del business, senza mai dimenticare il punto di partenza.

Leonardo Del Vecchio è il più grande imprenditore italiano del Novecento, con le virtù e i limiti di un uomo nato nel 1035, che non ha avuto nulla per appartenenza familiare e ha costruito un pezzo dopo l’altro un impero da circa 15 miliardi con 80mila abitanti. E dico abitanti perché in qualche modo con Luxottica Del Vecchio ha costruito la sua azienda-Stato, con un welfare diventato un modello e invidiato da molti ma forse necessario per attrarre e poi trattenere i collaboratori ad Agordo e con una governance più simile a quella di una dinastia regnante che non di una multinazionale. La forza e la debolezza di tanto made in Italy dove anche le più grandi aziende mantengono spesso una gestione familiare. Le aziende restano, dicevamo, e adesso tocca a mogli e figli garantire a Luxottica il futuro che merita.

“Se ti distrai o ti culli sugli allori, come ho visto dare a diversi imprenditori che hanno cominciato insieme a me, senza che neanche te ne accorgi arriva qualcuno a portarti via il mercato”. Era uno dei modi di parlare di innovazione per Leonardo Del Vecchio che la prima grande innovazione la fa trasformando l’occhiale da un dispositivo medico, brutto, fastidioso e quindi da tollerare, a un prodotto di design e quindi di moda. Un cambiamento epocale che poi diede vita alle innumerevoli partnership con stilisti di tutto il mondo (a proposito di stilisti, vale la pena andare a rileggere questo colloquio con Giorgio Armani: due Grandi Vecchi che sostengono la “convenienza” di aiutare i più deboli).

La curiosità senza limiti in un grande imprenditore si spegne solo con l’ultimo sospiro. Gli smart glasses sono una grande dimostrazione di capacità industriale: mettere dentro la montatura di un Ray-Ban Wayfarer (quelli dei Blues Brothers John Belushi e Dan Aykroyd) due casse, due videocamere e un sistema di trasmissione bluetooth è un’opera di miniaturizzazione non da poco, che fa passare in secondo piano la scarsa qualità del suono e delle immagini. Ma è solo il primo passo verso un nuovo mondo e un nuovo mercato. “Stiamo ancora inseguendo le vendite online e non ci accorgiamo che quello che per noi sembra un traguardo è già il passato”, aveva detto Leonardo Del Vecchio al Corriere della Sera a fine 2021 in una delle sue ultime interviste, in cui aggiungeva: “Abbiamo bisogno di scelte rivoluzionarie che scardinino tutti i vincoli che vengono dal passato. Tutte le forze positive del Paese devono contribuire a costruire questo nuovo mondo, rinunciando a comode rendite di posizione”. Sentiva l’urgenza del cambiamento: “Viene più dall’evoluzione delle tecnologie e dalla velocità della globalizzazione che non dalla mia età”. Parole che oggi suonano come un testamento che è di guida e conforto per tanti giovani e meno giovani imprenditori e manager che hanno sposato la causa dell’innovazione.

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Giovanni Iozzia
Giovanni Iozzia

Ho studiato sociologia ma da sempre faccio il giornalista e seguo la tecnologia . Sono stato direttore di Capital, vicedirettore di Chi e condirettore di PanoramaEconomy.

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