Fare innovazione senza avere lo stress dei risultati a breve, di fare business. È il privilegio di Leonardo Massa, responsabile dei Leonardo Labs, la rete di laboratori creati in poco più di un anno dal gruppo industriale attivo in aerospazio, difesa e sicurezza con un obiettivo: diventare una digital intensive company. Un modo per “lavorare sul futuro prossimo”, ha detto a EconomyUp il senior vicepresident Innovation and IP Pierpaolo Gambini.
E allora vediamo com si lavora per il futuro in un grande azienda che ha sempre fatto attività di ricerca (nel 2021 ha investito 1,8 miliardi in R&D). Che cosa c’è di diverso adesso? Da qui comincia l’intervista con Alessandro Massa, ingegnere di formazione computer science con indirizzo robotica, una carriera in spazio e difesa, che da qualche anno ha incontrato l’innovazione.
“Le tecnologie spingono e spingono velocemente. Basti pensare ad AI e supercalcolo. Se aspetti troppo, ti travolgono. Serve un connubio innovazione – sviluppo prodotti. Leonardo labs è il metodo interno per rispondere a questa esigenza”, attacca Massa. “Quindi rispetto a prima adesso è diverso il processo ma anche l’obiettivo. Bisogna fare differenza fra Ricerca e Sviluppo e Ricerca e Tecnologie. Adesso stiamo rafforzando questa seconda area, con un focus su quelle digitali. Le tecnologie quantistiche, ad esempio, non sono ancora nei prodotti. Noi stiamo studiano come applicarle a comunicazione, sensing, computing. Ha senso, non ha senso? Fra tre anni decideremo se è si o no”.
Perché tra tre anni?
Perché è il nostro ciclo minimo di ricerca.
Che cosa è cambiato rispetto alla “tradizionale” ricerca?
Prima il rapporto con l’Università passava da una task: si assegnava un compito e in modalità best effort si cercava di portare i risultati della ricerca nei prodotti, con tutte le difficoltà del caso, usando tecnologie già pronte.
Adesso invece come funziona la relazione con le Università?
Abbiamo creato un rapporto strutturato, di partnership, creando posizioni di dottorato industriale, 23 nel 2022. Così ci creiamo la nuova generazione di ricercatori.
Quanti sono i Leonardo Labs?
Adesso 11, dopo l’ultima apertura dedicata alla logistica avanzata con Leonardo Logistics.
Resteranno 11?
Il numero è abbastanza fluido: dipende dalle esigenze che si andranno a creare. Rafforzeremo i laboratori esistenti e periodicamente rivedremo la road map.
Come selezionate i ricercatori?
Abbiamo una call aperta, a livello internazionale, per selezioanre 53 nuovi ricercatori e stiamo ricevendo cv da tanti Paesi, soprattutto dall’Europa.
Come vengono ingaggiati?
Con un contratto di ricerca che prevede task specifici in base all’area di ricerca. Il primo gate formale di valutazione è dopo i primi tre anni, per verificare l’andamento della ricerca.
E dopo che cosa succede?
Il next step è diventare senior researcher o entrare in azienda. La nostra mission è creare competenze e sviluppare un flusso di ricercatori che possano entrare in ruoli aziendali. I Labs arrivano fino al TRL 4 (il technology readiness level che si ferma allo sviluppo, ndr.). Poi bisogna passare all’adozione, che è la fase più difficile, e affiancare i reparti R&D con i ricercatori può renderla più semplice.
Quanti ricercatori ci sono nei Leonardo Labs?
Adesso sono circa 90, diventeranno 136 entro fine 2022 e contiamo di arrivare a 200 entro il 2023.
Dove lavorano?
Da Torino a Grottaglie (provincia di Taranto, ndr.), da Varese a Pomigliano ma la maggiore presenza è a Genova dove c’è l’attività corporate: i ricercatori lavorano su ambiti trasversali a tutte le divisioni del gruppo, dall’intelligenza artificiale all’HPC (High performance computing, ndr.). Poi ci sono quelli divisionali che lavorano vicino alle unità di business. Abbiamo un laboratorio anche negli Stati Uniti, in California, presso un’azienda controllata, e stiamo valutando la presenza in società controllate in Europa.
Qual è l’obiettivo dei Leonardo Labs?
Far diventare Leonardo una digital intensive company. Che cosa significa? Applicare concretamente intelligenza artificiale, big data, supercalcolo. Solo il 10% delle aziende che investono sull’intelligenza artificiale la usano poi in maniera produttiva. Quindi c’è molto da fare per costruire la struttura che dovrà sorreggerci nel futuro
Dove vede i maggiori livelli di maturità digitale?
Sull’analisi di grande mole di dati siamo già a buon punto grazie al supercalcolatore DaVinci-.1: abbiamo due data lake con dati strutturati per elicotteri e altri veicoli e stiamo creando nuovi servizi. Sulla simulazione siamo a buon punto se si guardano le singole attività ma manca ancora un buon livello di integrazione per arrivare ai digital twins.
Sull’artificial intelligence siamo più indietro?
Siamo a un livello di maturità internedia. La tecnologia è stata provata in sperimentazioni e prototipi ma manca il passaggio in ambiente produttivo, soprattutto per quanto riguarda tutto il fronte certificazioni.
A cosa si riferisce?
Pensi alla certificazione di un vagone ferroviario o di un device medicale. Detto in altri termini: affideresti una diagnosi a un algoritmo? C’è ancora molta strada da fare.