A volte mi capita il “turno di notte”. Si tratta dei programmi di intrapreneurship, che coprono solo una parte del progetto di innovazione. Per questo la metafora del “turno di notte” è più letterale di quanto si pensi. Oltre a lavorare dopo l’orario in cui la maggior parte dei colleghi smontano, le reclute che coprono il “turno di notte ” hanno tre condanne, che mi fanno soffriggere il sangue nelle vene.
Numero uno: non possono seguire tutta l’indagine dall’inizio alla fine, perché la notte prima o poi finisce. Numero due: il loro compito è intervenire, aprire il caso, raccogliere le prime evidenze, assicurarsi che la scena del crimine non venga corrotta irrimediabilmente dalla solita manica di incapaci, compilare il fascicolo e infine separarsene, per consegnarlo a chissà chi concluderà l’indagine.
Numero tre: si occupano della fase più delicata del lavoro, in cui il rischio di depistaggio è più elevato e raramente qualcuno dice loro grazie.
Hanno anche tre fortune: anche se sudano il doppio, fanno invidia ai colleghi che mandano avanti la baracca di giorno, perché la notte ha tutto un altro fascino; hanno potere di vita e di morte sui casi di innovazione (occupandosi delle fasi più delicate della loro soluzione, mentre gli altri dormono); infine, la notte a volte è lunga abbastanza da dare senso alle loro giornate. Perciò quando mi affiancano al turno di notte io ho il doppio della motivazione: voglio giustizia e riscatto allo stesso tempo. È una corsa contro il tempo!
La richiesta di intervento
Le reclute in questo caso sono tre e lavorano per un grande gruppo bancario. Ecco cos’è successo: la banca sospetta ci sia stato un delitto nel campo della custodia, trattamento, e valorizzazione dei dati dei clienti. Un indirizzo? Un fatto specifico? Niente, solo questo.
“Beh non si fa che parlare di dati, si dice che siano il nuovo oro, il petrolio del futuro, bisogna estrarli, raffinarli, trattarli…” inizia l’agente Salvi, che lavora ai crediti.
“Si ma quali dati? Di chi? Per cosa? Non si può aprire un caso sul “si dice”, sulle mode del momento, qui abbiamo poco tempo, occorre un fatto, nudo e crudo, che possa aprire una pista, una fessura, un pertugio”. Io penso che di casi aperti sui trend del momento ne ho gestiti una tonnellata, ma non voglio soffocare lo slancio dell’agente Cortese, responsabile di filiale. Ben detto!
Il primo indizio
L’agente Tassi, una lei, prendeva appunti di tutto quello che veniva detto dai colleghi. Le dico: “Prenditi un po’ di tempo solo per ascoltare. Prendere appunti è utile, ma è importante che tu ti faccia una buona immagine mentale del contesto”. Lei alza lo sguardo e dice:“Io ce l’ho un fatto, piccolo, ma ce l’ho. ” Tassi lavora al call centre. Continua: “Ho ricevuto un po’ di lamentele ultimamente da parte di persone che perdono scontrini, e non possono esigere poi la garanzia, o fare resi, o anche solo consegnare la contabilità al commercialista. Sono dati anche questi, no? Sono dei clienti, no? Potremmo aiutare i nostri clienti a conservarli e gestirli, in modo riservato e utile”.
Tutto tace, per cinque lunghi secondi.
Poi esplode un chiacchiericcio fitto fitto sul come fare questa app. “Ma sarà un app?”. “Magari una piattaforma!”. “A me una volta è capitato di non poter cambiare l’iPhone! ”.“Per me ogni volta che c’è la dichiarazione dei redditi è un incubo.”
“Non funziona così. Ragazzi!” Irrompo io. “È importante. Non voglio fare l’arrogante, la mia esperienza deriva solo da un sacco di fallimenti, tutti impariamo dai nostri errori e io in tanti anni di carriera ne ho fatti tanti. Perciò ascoltate: per quanto l’idea sembri favolosa, occorre metterla alla sbarra. Servono testimoni, serve un movente, serve un caso che tenga insomma. Queste sono le regole: avete tempo fino a fine turno, o mi portate qualcosa o affidarono il caso ad un’altra squadra“
Il primo passo, falso
Il fatto esisteva, e abbiamo cominciato da quello. Dopo un giro di verifiche però ho una brutta sensazione. Più che un problema, questa cosa degli scontrini si è rivelata una piccola scocciatura, a cui tutti sembravano aver trovato un rimedio. Certo potremmo inventarci anche un rimedio migliore per la scocciatura, penso, ma non mi piace questa piega.
Non riesco a togliermi dalla testa un piccolo dettaglio, che l’agente Cortese ci ha riferito all’inizio, e che nessuno ha commentato. Il dettaglio è che nelle filiali c’è la lista d’attesa per avere una cassetta di sicurezza. Quella in cui si mettono i Rolex e i contratti importanti. All’inizio avevo pensato che l’analogia dei dati col Rolex fosse sbagliata, ma nel momento in cui tutti hanno messo sul tavolo i propri dubbi, l’ho risollevata.
“Certo se i dati fossero preziosi come i Rolex…”. L’agente Salvi socchiude gli occhi e si guarda attorno con aria circospetta: “Non dovrei dirlo” comincia, “ma io una volta ho visto mettere un hard-disk in una cassetta di sicurezza. E mi è tornata in mente questa cosa, perché una delle persone che abbiamo ascoltato mi ha raccontato un fatto simile, faceva il medico e ci ha messo i dati dei pazienti, quelli digitali intendo: li ha messi in banca, letteralmente”.
Sul filo di lana
Il tempo scorreva veloce, ma si era appena aperta un’altra pista e l’istinto mi diceva che poteva essere quella buona. Prima della fine del “turno di notte” sono saltati fuori avvocati che mettevano letteralmente in cassaforte le chiavette USB con le loro arringhe, piccoli imprenditori che chiudevano nel cassetto i CD con i dati amministrativi e architetti che sigillavano in buste gialle ceralaccate piccoli hard disk con proposte di rilievo per gare internazionali.
Per liberi professionisti e piccoli imprenditori i dati sono asset professionali in grado di fare la differenza nelle situazioni importanti, esattamente come un Rolex, o come un investimento finanziario. Sono passati i tempi in cui i soldi si mettevano sotto il materasso, ma per quei tipi di dati, per quel tipo di persone, il repertorio di soluzioni era molto diversificato, artigianale, e di fatto fragile e goffo come un materasso.
Happy ending: la Banca, collaborando con un fornitore esterno di tecnologia, ha sviluppato e messo sul mercato un servizio di Cassetta di Sicurezza Virtuale, un sistema di archiviazione in cloud iperspecializzato nella protezione, gestione e valorizzazione di tutti i dati professionali. L’unicità dell’offerta ha fatto aggiudicare al team un importante premio innovazione, e alla banca un posizionamento a 360° come custode del valore dei propri clienti. Onore al “turno di notte”!