UBIQUE

Shopping Tourism: quale futuro per i retailer in un mondo con meno viaggiatori?

Con la pandemia sono nate modalità di vendita a distanza dei prodotti presenti in boutique. Ora la guerra in Ucraina rischia di avere un ulteriore, pesante impatto sullo Shopping Tourism, i turisti che vengono in Italia anche per fare acquisti. Quali strategie di breve e medio? Qui alcune indicazioni

Pubblicato il 25 Apr 2022

shopping experience

È opinione diffusa che i flussi turistici mondiali torneranno ai livelli del 2019 non prima del 2024, al netto di possibili ulteriori crisi sanitarie o politiche. Questa prospettiva costringe chiaramente gli operatori del settore a cambiare le loro strategie e la loro offerta, in particolare verso i clienti extra Unione Europea, che godono dell’esenzione IVA sui loro acquisti fatti in punti vendita tradizionali.

Il fenomeno degli acquisti tax free è stato fino a inizio 2020 una voce importante per il retail in Europa e in particolare in Italia, con una crescita costante negli ultimi anni e con un balzo nel 2019 (fonte Global Blue 2020) del +16% rispetto al 2018, a fronte di una media europea (+10%), crescita trainata principalmente dai viaggiatori USA (+25%) seguiti dai turisti del Sud-est asiatico (+15%) e dei Paesi del Golfo (+13%).

Sempre nel 2019 Milano era una delle mete predilette dai turisti internazionali: cinesi (33%), russi (11%) e americani (8%) in testa. Analizzando i dati dello scontrino medio i viaggiatori che hanno speso di più sono i turisti da Hong Kong (1.841 euro), seguiti da cinesi (1.458 euro) e statunitensi (1.224 euro).

Poi è arrivato il Covid e tutto si è bloccato, con danni ingenti ai fatturati dei retailer delle città italiane dove era maggiore l’afflusso di turisti extra-europei, cioè Milano, Roma, Firenze e Venezia. Secondo quanto dichiarato dal sindaco Sala, nella sola città di Milano i turisti cinesi generavano un fatturato di circa 300 milioni di euro al mese, includendo hotel, ristoranti e shopping.

Come hanno reagito i retailer alle chiusure dei negozi e al blocco dei viaggi?

Inizialmente si sono registrate alcune risposte estemporanee, su iniziativa dei singoli store manager che, ad esempio hanno organizzato degli appuntamenti video su WhatsApp con i loro clienti più fedeli e alto spendenti, come ha fatto Pinko con alcune sue boutique con risultati commerciali molto interessanti. In pratica lo store manager preparava una selezione di capi pensata per una specifica cliente, dopodiché organizzava una video chiamata one to one nel corso della quale mostrava le diverse referenze. In alcuni casi è stato anche possibile fissare un appuntamento privato nel negozio chiuso, per poter vedere di persona i capi e provarli. In sostanza l’emergenza ha spinto la digitalizzazione del clienteling, cioè quell’insieme di tecniche e procedure utilizzate dai sales assistant per stabilire con i clienti relazioni di lungo periodo sulla base delle loro preferenze, comportamenti e acquisti.

Dopo una prima fase basata molto sul fai da te, alcuni brand hanno avviato dei progetti più strutturati, come ad esempio Brunello Cucinelli che ha creato un vero e proprio studio multimediale nella sua sede di Solomeo, da dove ha fatto collegamenti in live streaming con clienti business ma anche consumer, presentando le sue collezioni in diretta video, con la possibilità per i clienti di dialogare in tempo reale con un personal shopper e poi di ricevere i prodotti a casa. Anche un altro brand del lusso come Gucci ha attivato la possibilità di fissare un appuntamento in boutique non solo di persona (quando possibile in base alle restrizioni Covid) ma anche online o solo telefonico.

Sono quindi nate delle modalità di vendita a distanza dei prodotti presenti in boutique, in parallelo all’accelerazione delle vendite via e-commerce, che già crescevano a due cifre anno su anno, ma che sono poi decollate nel 2020 e hanno fatto un ulteriore balzo nel 2021.

Tutte queste iniziative erano state pensate per tamponare una fase emergenziale, confidando in un ritorno abbastanza rapido alla normalità. Invece abbiamo avuto altri lockdown e infine la guerra in Ucraina, con il conseguente azzeramento del flusso dalla Russia, che nel 2019 aveva visto 1,7 milioni di turisti con 5,8 milioni di presenze (fonte Istat) e con una spesa di 984 milioni di euro (secondo Bankitalia), che si somma alla mancanza di viaggiatori dall’Asia e la fortissima riduzione di arrivi dagli USA.

Quali sono quindi le attività chiave che i retailer devono sviluppare nel breve e medio periodo per gestire questa situazione?

La prima è sicuramente il già citato clienteling, che deve essere efficace e performante in presenza, cioè quando il cliente è di persona nel punto vendita e tutti i suoi dati sono immediatamente disponibili ai sales assistant mediante un device digitale, ma anche a distanza, via chat o video chiamata, facendo sempre sentire il cliente servito e assistito. Un’attività di clienteling può permettere di raggiungere consumatori che in passato venivano a fare shopping in Italia, recuperando quindi la relazione e almeno parte delle vendite.

Collegato al clienteling c’è l’e-commerce, gestito naturalmente in maniera assolutamente integrata con il retail tradizionale, secondo una logica veramente omnicanale, con l’obiettivo di portare il prodotto a clienti lontani, valorizzando comunque le boutique e gli showroom dei brand, che possono diventare l’ambiente per le dirette del Live Commerce, fenomeno di straordinario successo in Cina e quindi particolarmente adatto per raggiungere i consumatori di quel paese, che come ricordato erano una parte molto importante delle vendite dello shopping tourism in Italia e in Europa.

Il terzo è la digitalizzazione del punto vendita fisico, da cui il retailer deve poter elaborare dati di comportamento dei consumatori come su web. Ad esempio, se un cliente mette un prodotto in un carrello online e poi non conclude l’acquisto, può essere ricontattato con azioni mirate di retargeting, per recuperare la vendita. Se questo avviene in una boutique invece non c’è nessun tracciamento e nessuna informazione che mi possa permettere di farlo. E visto che i clienti entrano sempre di meno in negozio (-60% nel primo trimestre 2022 rispetto al 2021) è vitale aumentare il tasso di conversione utilizzando le informazioni digitali relative al comportamento dei consumatori, in presenza o a distanza.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Giulio Finzi
Giulio Finzi

Giulio Finzi lavora da più di 20 anni al fianco delle imprese italiane in attività di comunicazione e vendita omnicanale. Nel 2005 ha co-fondato Netcomm, mentre dal 2012 gestisce progetti digitali in Cina, in collaborazione con Alibaba, JD, WeChat e Secoo. Dal 2022 è il Retail Leader di intarget.

Articoli correlati