Tante sono le cause che conducono al fallimento delle iniziative e dei progetti di trasformazione digitale e, in questo percorso, ne abbiamo già affrontate alcune: la mancanza di una chiara strategia digitale, una cultura aziendale non adeguata, l’assenza di competenze, organizzazioni rigide e a silos, ecc.
Purtroppo, non si esauriscono in questa lista le ragioni del mancato successo delle iniziative di Digital Transformation. Alcuni insuccessi, infatti, vanno attribuiti all’utilizzo di approcci e metodologie tradizionali per portare avanti le proprie iniziative. Pensiamo, ad esempio, agli approcci waterfall o stage-gate allo sviluppo di nuove soluzioni o i framework di analisi strategica classica, come quelli di origine porteriana per la valutazione di nuove opportunità. In un passato non troppo lontano – e, purtroppo, in molti contesti ancora – imprenditori, aspiranti startupper, product manager e innovatori in generale, hanno investito tempo e risorse a partire da business plan basati su ipotesi che non sono mai state validate. Eppure, fortunatamente, oggi esiste un ampio set di approcci e strumenti già adottati con successo da chi si occupa di innovazione e che è possibile, se non doveroso, sfruttare nel percorso di trasformazione digitale di ciascuna realtà.
Quali approcci e quali metodologie è possibile sfruttare per sviluppare le iniziative di trasformazione digitale? Domanda alla quale proveremo a rispondere insieme a Matteo Mingardi, Corporate Innovation & RD Manager di Pelliconi, nel prossimo incontro del percorso Digital Transformation Tool in programma mercoledì 20 aprile alle ore 17, condotto da Giovanni Iozzia, direttore di EconomyUp, dal titolo “Approcci e metodologie per la Trasformazione Digitale” (clicca qui per registrarti al videotalk).
Quali approcci e metodologie “prendere in prestito” dal mondo innovazione
Riconoscere le caratteristiche di un progetto di trasformazione digitale, e cogliere le sue differenze rispetto a un progetto tradizionale, permette di adottare le metodologie e i processi corretti, e utilizzare approcci e strumenti che ne agevolino lo sviluppo.
Dalla comprensione delle esigenze dei clienti fino alla sperimentazione per validare le ipotesi alla base di un’idea, disponiamo ormai di una vera e propria “cassetta degli attrezzi” ben fornita. Strumenti che è importante saper selezionare e utilizzare sulla base di una serie di fattori di contesti come, ad esempio, il livello di innovatività o il grado di maturità del progetto, oppure ancora le caratteristiche specifiche dell’organizzazione che lo sta portando avanti.
Infatti, sono tanti gli approcci che negli ultimi anni hanno trovato ampia diffusione. In rigoroso ordine alfabetico, e senza pretesa di esaustività, possiamo citare: Agile Development, Blue Ocean Strategy, Business Model Innovation, Design Sprint, Design Thinking e Lean Startup. Le metodologie sono molteplici e ancor di più sono gli strumenti, i framework e i template che ciascun approccio mette a disposizione. Districarsi in questa “giungla” di opzioni non è effettivamente semplice, ragione per la quale diventa necessario conoscere ed individuare il campo d’azione di ciascuna metodologia e soprattutto far propri i principi da adottare per rendere efficace il loro utilizzo.
Come scegliere le metodologie più efficaci nelle diverse fasi di un percorso di Digital Transformation
Molti degli approcci precedentemente citati presentano molti punti in comune – ad esempio Design Thinking, Lean Startup e Agile Development fanno tutte parte della famiglia degli approcci “human-centered” e forniscono un vero e proprio supporto nello sviluppo concreto di progetti e idee digitali – ma ciascuna di esse trova migliore applicazione a seconda del grado di maturità dello sviluppo del progetto o della soluzione. Al contrario, metodologie come la Blue Ocean Strategy e la Business Model Innovation risultano più utili per tracciare e descrivere l’arena competitiva e le dinamiche di un mercato, favorendo l’individuazione di nuove opportunità.
Gli strumenti e i principi del Design Thinking sono più adatti a uno stadio embrionale del processo, quello che parte dalla fase di “Problem Exploration”, perché permettono di evitare, o perlomeno ridurre al minimo, il rischio di sviluppare soluzioni per risolvere un “problema sbagliato”, che non risponde ad alcuna reale esigenza di mercato. Infatti, questa metodologia è incentrata su uno degli aspetti più critici da affrontare: la comprensione del problema da risolvere. Significa individuare chi è il proprio cliente di riferimento, esterno ma anche interno all’organizzazione, quali sono i suoi problemi, le sue esigenze (i famosi need), se e come attualmente vengono risolti questi problemi o soddisfatte le esigenze. Invece la Lean Startup e i suoi strumenti risultano più adatti ad una fase successiva, quando esiste già una potenziale soluzione che risponde al problema evidenziato in precedenza, ma che ancora deve esser validata. L’obiettivo principale è quello di ridurre il rischio di portare avanti idee che non rispondono adeguatamente alle esigenze del mercato, attraverso l’acquisizione di tutte le evidenze necessarie a prendere decisioni– proseguire nello sviluppo, cambiare uno o più ipotesi di business, concludere le attività – nella maniera più informata e oggettiva possibile. Mentre l’Agile Development e i framework appartenenti a questa famiglia (ad esempio SCRUM) risultano più adatti in una fase più avanzata del processo, quando il modello di business risulta validato e l’obiettivo è sviluppare concretamente le iniziative digitali.