L'INTERVISTA

Bret Taylor, Co-CEO Salesforce: “Il futuro del lavoro sarà flessibile, investite in piattaforme”

“Nel nuovo mondo del lavoro flessibile si andrà in ufficio solo per condividere momenti di collaborazione e creatività”, dice in esclusiva a EconomyUp il Co-CEO di Salesforce Bret Taylor. Per questo nel 2021 è stata acquisita Slack per 27,7 miliardi di dollari. Ma resta fondamentale la “connessione umana”

Pubblicato il 31 Mar 2022

Bret Taylor

“Quando la crisi sanitaria sarà definitivamente finita vedremo molta innovazione nell’approccio delle aziende alle nuove modalità di lavoro. Si va verso il flexible work, il lavoro flessibile: le tecnologie digitali resteranno fondamentali ma torneremo a un elemento essenziale, il contatto umano”. E se a parlare di “human connection” è Bret Taylor, CEO di una multinazionale di cloud computing come Salesforce che propone in tutto il mondo strumenti per digitalizzare il lavoro, bisogna proprio crederci.

41 anni, laurea in Informatica e Master a Stanford, Taylor è stato co-creatore di Google Maps e CTO di Facebook, dopo aver venduto al gigante fondato da Mark Zuckerberg la sua startup di social network FriendFeed (di cui Facebook ha imitato il ‘like’ a forma di pollice rivolto verso l’alto). Siede anche nel consiglio di amministrazione di Twitter e nel novembre 2021 Bret è stato nominato Co-CEO di Salesforce al fianco dello storico co-fondatore Marc Benioff, di cui è stretto amico e collaboratore.

Bret Taylor in realtà non è un volto nuovo per Salesforce. Il suo ingresso nell’azienda risale al 2016, anno dell’acquisizione da 412 milioni di dollari della sua startup di software di produttività Quip, che aveva co-fondato quattro anni prima. Da allora Taylor ha rapidamente scalato i ranghi ricoprendo il ruolo di Chief Operating Officer e Chief Product Officer.

EconomyUp è stata l’unica testata italiana a partecipare a un incontro internazionale con Bret Taylor incentrato sulla visione di Salesforce riguardo al futuro del lavoro. Una visione alla quale contribuisce fortemente l’unione di Salesforce e Slack, la piattaforma digitale pioniera del lavoro da remoto acquisita dall’azienda a luglio 2021 per 27,7 miliardi di dollari.

Gli abbiamo dunque chiesto cosa ne sarà del nostro vecchio modo di lavorare dopo una pandemia che ha stravolto equilibri e incentivato ulteriormente la digitalizzazione.

“In questi due anni – dice Bret Taylor di Salesforce – ho avuto centinaia di conversazioni con aziende clienti per cercare di capire cosa succederà. Ho visto e analizzato ogni singola idea, dal tornare tutti in ufficio al non tornarci proprio. Molte società stanno iniziando così, senza alcun ufficio. D’altra parte si sta verificando il fenomeno della Great Resignation, le dimissioni in massa delle persone dai luoghi di lavoro: una delle motivazioni è la mancanza di connessioni a livello umano. È importante tornare a connettersi e incentivare le relazioni umane, ovviamente vaccinandosi e sottoponendosi a regolari test.

Stiamo dunque entrando in un futuro in cui la modalità di lavoro sarà sempre e solo ibrida?

Preferisco dire che stiamo entrando nel mondo del flexible work, il lavoro flessibile. Le persone non hanno più bisogno di andare in ufficio per mandare un’email. Invece necessitano di momenti di collaborazione e creatività, momenti in cui, quando uno parla, c’è la percezione che lo scambio sia proficuo. Per esempio, in base al nostro concetto di “Slack Team Agreement”, ogni team organizza orari e incontri per conto proprio come vuole. Il flexible work è una decisione di gruppo: se tutti vanno il mercoledì in ufficio, e io vado il martedì, ho perso un’occasione. L’approccio al lavoro flessibile è tutto incentrato su capacità di fare squadra, collaborazione e creatività. E serve una conversazione proattiva.

È più utile ai dipendenti o ai datori di lavoro?

In base a survey elaborate in questi anni, si è visto che sono gli stessi dipendenti, in grande maggioranza, a chiedere flessibilità. Lo confermano le aziende: tutte quelle che sento mi confermano che è questa la richiesta dei talenti che intendono assumere. E, se non trovano lavoro flessibile, si rivolgono altrove.

Quale ruolo hanno giocato e giocano le tecnologie digitali per le nuove modalità di lavoro?

Durante la pandemia la maggior parte degli uffici sono rimasti chiusi, ma numerosi settori hanno retto all’urto della crisi proprio grazie alle tecnologie digitali. Ormai sono funzionali al modo in cui lavoriamo. Per questo sono importanti tools come Slack o Customer 360. Tuttavia, quando noi parliamo della nostra visione del lavoro digitale, non siamo in competizione con gli uffici in mattoni. Semplicemente stiamo pensando alla digital experience. Ma il rapporto umano resta essenziale. Personalmente sono eccitato all’idea che, grazie alla scienza, stiamo tornando a relazionarci di persona. Ho partecipato a riunioni con migliaia di dipendenti a Giava e a New York, e domani parto per l’Europa. Io vado sul lavoro per le relazioni.

Come si stanno muovendo i CIO in questo nuovo scenario?

Per un lungo tempo i progetti tecnologici sono stati soltanto tecnologici. Negli ultimi due anni la pandemia, ma anche elementi quali la crescita dell’inflazione e la digitalizzazione dell’economia, hanno cambiato la prospettiva. Quello che sento dai CIO in questo periodo non sono più ragionamenti sui progetti ma sulle piattaforme. È un modo molto maturo di guardare alle tecnologie. Le società saranno molto più agili e dovranno chiedersi: come possiamo gestire le aspettative dei consumatori? Perché adesso che il mondo sta, per così dire, riaprendo, crescono le aspettative. Rimarrà la flessibilità del lavoro. Rimarrà la tecnologia. Dunque, anche le aziende che stanno pensando al ritorno in ufficio, dovranno costruire una tecnologia che consenta ai dipendenti di lavorare da casa, così come dalla metropolitana o dal treno. Per questo occorre incrementare gli investimenti nelle tecnologie e servono collaboratori nativi digitali. Per i prossimi 10 anni vedo molta innovazione in questo campo e come imprenditore, devo ammetterlo, è eccitante.

Il Metaverso di cui si parla insistentemente ormai da mesi sarà un elemento chiave del nuovo modo di lavorare?

Quando penso a una definizione di Metaverso mi viene in mente questa: ogni consumer identity diventa importante esattamente come la digital identity. Già i ragazzi frequentano piattaforme come Roblox, l’universo virtuale che consente di creare, condividere esperienze con gli amici. Giovani e meno giovani trascorrono gran parte del loro tempo sui social media. L’idea che investiremo sempre più tempo nei mondi virtuali ha moltissimo senso. Talvolta i fenomeni come questo hanno a che fare più con gli hype che con la realtà dei fatti, ma questo è un periodo di rapida sperimentazione. Stanno tutti sperimentando. Come piattaforma vogliamo aiutare davvero i nostri clienti a fare questa esperienza. C’è parecchio interesse da parte di grandi brand che ci chiedono: come il Metaverso aumenta l’interazione con i clienti? Per questo buona parte del nostro team sta lavorando alla sperimentazione del Metaverso. Perché il nostro obiettivo è e resta sempre lo stesso: essere un digital advisor di fiducia per i nostri clienti.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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