TECNOLOGIA SOLIDALE

Le “Buone notizie” che raccontano l’Italia impegnata nello sviluppo di tutti

Terzo settore e digitale faticano ancora ad andare d’accordo. “Per questo appoggiamo sempre le iniziative di realtà naturalmente affini al digitale”, dice Elisabetta Soglio fondatrice e responsabile di “Buone notizie” del Corriere della Sera. “Solidale vuol dire contribuire allo sviluppo di tutti”

Pubblicato il 19 Nov 2021

Photo by Shubham Dhage on Unsplash

Il 2 novembre, a chiusura del suo editoriale sul Quotidiano Nazionale, Davide Rondoni si chiedeva: “C’è una sola alternativa alla violenza: la luce. Quella che illumina i cuori e le civiltà. Ma chi ne parla?”.

“Che ci sia bisogno di luce e quindi anche di un’informazione che ci racconti anche le cose che funzionano e le soluzioni ai problemi e non soltanto i problemi è fuori discussione…”

Con queste parole Elisabetta Soglio, giornalista del Corriere della Sera fondatrice e responsabile del supplemento del martedì “Buone notizie”, inizia il nostro dialogo. Buone Notizie è una prima risposta alla domanda del poeta Rondoni?

“Direi che Buone Notizie non è una prima risposta ma è una risposta, come già ce ne sono”.

Non sia modesta…

“Non è questione di modestia: la cosa importante è cambiare l’approccio alla propria vita quotidiana, riuscendo a dare luce lì e alla propria esperienza professionale e collaborare perché tutti insieme riusciamo a rendere meno buio il buio. Cerco ogni settimana di raccontare l’impresa del bene, cioè di non raccontare “i buoni” soltanto perché sono buoni. Il buonismo è proprio il rischio che noi corriamo e che dobbiamo evitare”

Rimane però il fatto che Buone Notizie è un prodotto comunicativo che dà luce, per rimanere nella metafora dell’editoriale. A proposito: come le è venuta questa illuminazione?

“Lei gioca con le parole…”

…ma sempre per un sorriso a fine di bene. Riformulo: come le è venuta l’idea di un settimanale impostato con questo taglio di notiziabilità, alternativo a quello prettamente negativo prevalente nei quotidiani e, in generale, nei media?

“L’idea di Buone Notizie fa parte di un mio percorso di attenzione al terzo settore e ha a che fare con l’educazione che ho ricevuto, soprattutto da mia mamma, e che ho respirato nella mia comunità. A un certo punto ho realizzato che si poteva dare voce al mondo del terzo settore: abbiamo avuto un’esperienza in cronaca di Milano con la pagina “La città del bene”…

Me la ricordo bene…

“…era una pagina che funzionava. Nel 2015 a Expo ho incontrato tantissime esperienze del terzo settore a Cascina Triulza e da lì, confrontandomi con molte persone più competenti di me incontrate in trent’anni di professione, ho preparato il progetto di Buone Notizie”

Elisabetta Soglio, responsabile di Buone Notizie del Corriere della Sera

Tutto qui? Non è poco, sia chiaro, perché ritengo che essere in ascolto della realtà sia la prima modalità per fare bene quello che si è chiamati a fare. Tuttavia, ho idea che ci sia anche dell’altro…

“In effetti, una delle motivazioni che mi hanno portato a elaborare questo progetto è stata anche l’indicazione che Papa Francesco ha dato qualche anno fa, in occasione della festività di San Francesco di Sales, patrono dei comunicatori e dei giornalisti. Il Papa disse che noi giornalisti non dovevamo oscurare il male, però non dovevamo dimenticare che esiste anche il bene.”

Una indicazione preziosa. Però immagino che non sia stato semplice tradurla in un progetto editoriale, che per definizione deve essere sostenibile anche economicamente. Oppure Buone Notizie vive in forza del buon cuore del direttore?

“Luciano Fontana, il mio direttore, ci ha creduto subito, ha creduto nella necessità di dare voce, di raccontare anche buone notizie.”

Il nome chi lo ha deciso?

“Lo ha voluto proprio lui. Insomma il mio direttore ha convinto la proprietà di questa necessità e abbiamo pensato che ci potesse essere uno spazio di mercato perché un quotidiano che dedicasse un intero inserto a questi mondi e a questi racconti non esisteva.”

Quindi?

“Quindi è partito questo esperimento, che ha funzionato e ha dimostrato di saper durare nel tempo perché è sostenibile anche economicamente. Noi non siamo una onlus, Buone Notizie deve garantire la sostenibilità economica. Inizialmente è stato molto più semplice, forse anche per la novità molti partner ci hanno sostenuto. Adesso ce ne sono un po’ meno, però diciamo che è anche un periodo di crisi. Invece l’attenzione dei lettori e delle reti del terzo settore è rimasta alta e quindi noi al martedì abbiamo un delta di diverse migliaia di copie in più vendute. Inoltre abbiamo anche gli “Amici di Buone Notizie” con abbonamenti fatti soltanto al giornale del martedì.”

Avete iniziato la pubblicazione nel settembre del 2017 e quindi avete da poco compiuto i quattro anni. Immagino che per far funzionare un inserto con queste caratteristiche ci sia bisogno di un discreto gruppo di lavoro. Come è composta la vostra redazione?

“Siamo in cinque. Oltre a me, c’è Rossella Verga, la mia vice. Con noi lavorano Paolo Foschini, Paola D’Amico e Davide Gorni. Devo aggiungere Antonella Gesualdo, responsabile della parte grafica. Però a me piace dire che Buone Notizie è un prodotto di tutto il Corriere: collaborano tutte le firme, da Ferruccio de Bortoli e Federico Fubini a Dario di Vico e Gian Antonio Stella e Carlo Verdelli…”

…Se mi passa la metafora calcistica in salsa Real Madrid, lei ha arruolato i “galacticos” del Corriere, tutti insieme in campo per le buone notizie…

“Sì! Tutti hanno scritto per noi e tutti i colleghi ci propongono articoli. Credo che tutti abbiamo un po’ voglia di raccontare anche le cose che funzionano. Inoltre da questo desiderio partono anche iniziative come la Civil Week. L’idea di fondo è sempre quella: mettere in rete e in modo visibile, le realtà del bene.”

Però sul digitale mi sembrate un po’ deboli, sia come contenuti che raccontate sia come uso dello stesso per diffondere Buone Notizie. Il tema e lo strumento mi sembrano messi in secondo piano.

“Il digitale potrebbe contare di più all’interno della nostra foliazione, è vero. Come uso del digitale invece abbiamo una presenza quotidiana digitale, uno spazio che tecnicamente si chiama “fascione”, sulla homepage di Corriere.it. Abbiamo anche la newsletter e poi decliniamo in digitale i nostri eventi. Inoltre da febbraio a giugno ogni mercoledì abbiamo mandato online un format televisivo chiamato “Senso civico”…”

…però?

“Però sinceramente il nostro canale digitale non è ancora riuscito a farsi conoscere e ad affermarsi come speravo. Per paradosso va molto meglio la nostra newsletter, attiva da un anno e che continua ad allargare la nostra platea.”

Ciò non può anche essere dovuto al fatto che digitale e terzo settore faticano ancora ad andare d’accordo? Vi sono anche ricerche al riguardo e ho approfondito il tema in questo post.

“Credo sia così. Il terzo settore fatica a evolvere e la pandemia l’ha dimostrato. È rimasto con meno fatica a galla chi aveva già una parte digitale organizzata, quindi la capacità di saper comunicare con le persone attraverso il digitale, “spostando” le iniziative dalla sede fisica a quella digitale.”

Già… riguarda il terzo settore ma anche gli altri. Il tema rimane la capacità di utilizzare questi strumenti e saper approfittare appieno delle tante possibilità e opportunità che il digitale mette a disposizione.

“È così anche dal mio osservatorio. Per questo cerchiamo di appoggiare sempre le iniziative di realtà naturalmente affini al digitale come Techsoup o Italia digitale, ma anche tutti quelli che stanno cercando di aiutare a trascinare nel digitale un po’ tutto il terzo settore.”

Come dice il direttore di economyup.it Giovanni Iozzia, la tecnologia é solidale oppure non è. Vale solo per il digitale?

“Direi che il tema non è quello della tecnologia solidale in sé, ma la vita, nel senso che l’economia è solidale o non è, la cultura o è solidale o non è, e via dicendo. Dovremmo avere questo diverso sguardo in ogni ambito della vita quotidiana. Solidale non vuol dire appunto che i buoni fanno del bene, fanno della beneficenza: solidale vuol dire, come dice sempre il professor Zamagni, contribuire a uno sviluppo collettivo e coeso, perché in ogni ambito lo sviluppo o è di tutti o non è sviluppo.”

Di questo approccio abbiamo parlato pochi giorni fa in un affollato (più di 300 persone connesse in streaming) convegno sulle società benefit. Tornando a Buone Notizie, il vostro è anche un modello di progetto editoriale che “esce” dal giornale, come la Civil Week…

“Proprio così. “Uscendo” dal giornale facciamo nuovi incontri, conosciamo nuove realtà che ci vengono poi a contattare e troviamo nuovi lettori, che si affezionano. Peraltro siamo sempre affiancati dal marketing della RCS (come ognuno degli altri inserti) che valuta la sostenibilità delle idee e propone il nostro progetto a partner potenzialmente interessati. A volte ce ne sono molti a volte si fa più fatica, a volte sono loro che ci vengono a proporre delle cose perché Buone Notizie è considerato un partner e una testata autorevole e credibile.

È vero che vi ha cercati anche la Presidenza della Repubblica?

“Beh, diciamo che tra i premiati tra gli Alfieri della Repubblica o i Cavalieri della Repubblica ci sono anche personaggi che noi abbiamo raccontato e sui quali ci vengono chieste informazioni. Si fidano di noi e questo ci fa tantissimo piacere e onore, anche perché il messaggio sull’importanza del senso civico che da sempre propone il presidente Mattarella è del tutto affine al nostro lavoro.”

Ci avviciniamo alla fine dell’anno. Che nuovi progetti avete per il 2022?

“Faremo dal 5 all’8 maggio la Civil Week in presenza a Milano. Avremmo dovuto farla dal 5 all’8 marzo 2020, c’erano più di 420 eventi già preparati, una grandissima attenzione da parte di tutto il terzo settore e invece…Poi continueremo a parlare di giovani protagonisti del cambiamento, come abbiamo fatto al Civil Week Lab di ottobre. Più in generale, vogliamo continuare parlare di senso civico. Terremo come bussola le parole dell’intervento di Mario Draghi al Civil Week Lab, che ha definito così il terzo settore e i volontari: “generosi, operosi, indispensabili”. Noi continueremo a lavorare a partire da queste tre parole.”

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Antonio Palmieri
Antonio Palmieri

Antonio Palmieri, fondatore e presidente di Fondazione Pensiero Solido. Sposato, due figli, milanese, interista. Dal 1988 si occupa di comunicazione, comunicazione politica, formazione, innovazione digitale e sociale. Già deputato di Forza Italia

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