Abituiamoci al nuovo, per sempre. Questo è il mio mantra, da sempre. Non nego che avere a che fare con chi, come me, ha l’innovazione nel sangue e vive di “visioni” in una sorta di continuo working progress sia sempre facile. Lo dico da imprenditrice, quando devo condividere i piani con il team. Lo vedo quando cercano gli appunti di mesi prima per trovare il modo di fermare le cose o addirittura, se mai fosse possibile, di portarle al punto T con 0 che non esiste più. Lo dico da consulente quando affianco le imprese, quando condivido con i miei “clienti” le analisi e le proiezioni del loro business, spesso poco conservative. Lo dico da marketing manager quando molti preferiscono ritrovarsi in cluster già consolidati. Il nuovo tuttavia non ha nulla a che fare con la mancanza di pianificazione. Invece quello che possiamo osservare, alla luce soprattutto di questi ultimi due anni, è che il “nuovo” non è quasi mai considerato nei piani aziendali o industriali. E questo è davvero un peccato e un pericolo!
Il futuro? Si può prevedere con i dati, come il meteo
Spesso quando si introduce un progetto si è abituati a condividere il cosiddetto scenario cioè gli ultimi 24 mesi fino al presente. Certo, nessuno ha la sfera di cristallo. Il futuro resta quell’affaire intrigante proprio perchè ignoto. Ne siamo sicuri? Perché in un’epoca come quella in cui viviamo, dove abbiamo a disposizione milioni di dati, il futuro è più disponibile e in molti casi persino prevedibile. Saper utilizzare i dati, leggerli, interpretarli in modo oggettivo permetterebbe agli amministratori di un grande paese e di un piccolo villaggio, alle multinazionali come all’artigiano, di evitare sprechi e costi inutili, di gestire in modo efficiente i flussi inbound e outbound, di affrontare meno imprevisti.
Esattamente come per le previsioni metereologiche, che ci permettono di uscire con l’ombrello o di posticipare una gara podistica o di annullare per tempo un concerto avvisando il pubblico e dando ai fan la possibilità di riorganizzarsi, se fossimo capaci di interpretare i dati potremmo risolvere tante cose e comunque potremmo non essere sempre in emergenza. Interpretarli con anticipo, non leggerli a posteriori.
Il Nuovo che si è determinato
Avremmo potuto prevedere il Covid? Forse si e sicuramente si avremmo potuto prevedere le conseguenze. Invece siamo stati colti di sorpresa tutti, in tutto il mondo, da un imprevisto (ma non imprevedibile) tsunami socio politico scientifico e non in ultimo economico. Avremmo potuto prevedere una pandemia virale e anche diagnosticare per tempo se e quanto le varie organizzazioni di cui siamo parte attiva o passiva, avrebbero retto allo shock. E magari avremmo evitato anche il termine “shock”. Avremmo potuto predire i danni e molte delle conseguenze.
Ora occorre fatalmente analizzare il Nuovo che si è determinato:
– nuovi comportamenti
– nuovi bisogni
– nuovi prodotti e servizi
Alle ormai svariate P del marketing (qui conto fino a 6 come da ultime indicazioni del Kotler: product, price, place, promotion, people and process) chi fa impresa deve aggiungere la P di PostPandemia.
Tornare come prima del Covid? No!
Dopo due anni di lockdown, di social distancing, di isolamento forzato, di mobilità ridotta, di mascherine e dispenser di disinfettanti per le mani, dopo due anni di lavoro a casa, di workout in salotto e di corsi di cucina online con lo chef in diretta da Tokyo, di acquisti online e di cene scelte su deliveroo o di spesa sotto casa alla riscoperta del negozio indipendente, dopo due anni di allarmi continui per la nostra salute e di incertezza, di test e tamponi a domicilio, dopo tutto questo e tanto altro ancora, torneremo come prima?
La risposta è NO.
Siamo e saremo diversi. Anzi Nuovi!
Ad alcune nuove abitudini, come l’utilizzo dei device per la formazione o la condivisione di momenti di lavoro, non rinunceremo più. Fissare una zoom call è efficace, ci permette di dirlo e farlo hic et nunc, di risparmiare tempo e denaro, di collegarci da tanti luoghi diversi. Non rinunceremo facilmente a questa comodità.
Ricevere a domicilio la spesa, quella scomoda e pesante da portare dal supermercato a casa, detersivi e acqua minerale e’ provato essere cosi comodo che non e’ immaginabile un ritorno alla vecchia normalità.
Poter trovare in rete risposte a quesiti utili ma anche futili da una parte ha incrementato le ricerche degli how-to (fare un sugo, progettare un robot, tagliarsi i capelli da soli) dall’altra ha migliorato la qualità e la fruibilità dei contenuti (tutorial) di risposta. Quindi sono nate piattaforme di content sharing con migliaia di iscritti soddisfatti.
Tutte le domande che ci preparano al Nuovo
Abbandoneremo l’attenzione all’igiene? Quanto sarà importante assicurarci di poter frequentare un luogo sanificato? Quando smetteremo di contare fino a 60 mentre ci laviamo le mani sotto l’acqua calda? E le aziende torneranno a pagare affitti importanti dopo aver sperimentato l’home working o viceversa come affronteranno la preferenza dei propri dipendenti di restare a casa?
Quale il futuro di certi edifici deserti e di quartieri non residenziali? davvero le persone torneranno in citta’ dopo aver provato la vita in campagna?
Ma quali servizi nei piccoli centri rurali dovranno essere implementati? E alla luce di tutto questo come è cambiata la nostra mobilita’? E cosa ne sarà delle cosiddette dark kitchen nate quando non era possibile andare a cena al ristorante ma si aveva voglia di cenare come al ristorante? Sopravviveranno ora che possiamo tornare a cenare fuori? Oppure ci saremo affezionati all’esperienza food consegnata a domicilio e racchiusa in una scatola?
Cosa ne sarà delle fabbriche di scrivanie e sedie da ufficio? Riusciranno a soddisfare il mercato dell’home office nel rispetto di un’estetica residenziale e dei piccoli spazi di un normale appartamento? Oppure continueranno a temere la piu’ “agile” IKEA fino alla loro estinzione?
Sapete che durante la pandemia è aumentata del 70% l’abitudine di fare regali (online) non per occasioni importanti, ma semplicemente per il desiderio/bisogno di mandare un pensiero affettuoso a un amico? fiori, cioccolatini, palloncini colorati ma anche kit per imparare a dipingere o profumatori d’ambiente personalizzati. Resterà nel tempo quest’affettuosità diffusa?
In generale siamo stati tutti connessi per l’80% del nostro tempo e quindi informazioni, opinioni e recensioni on line hanno definitivamente superato qualsiasi altro “media”. Un influencer online è diventato più rilevante di un esperto.
Tra i nuovi comportamenti si registra anche una crescita importante dell’attenzione per i ritmi della natura o per quei prodotti disponibili in scarsa quantità. Alcuni sostengono che la Pandemia ha fatto in due anni quello che certi media o la stessa Greta non sono riusciti con investimenti e campagne mirate.
Nell’ambito food voglio parlare di shopping o modello ibrido. Non esiste più il cliente mono canale e soprattutto non potrà esistere più un negozio solo fisico o solo digitale. Il cliente ha nuovi bisogni e non solo d’acquisto.
È la grande distribuzione organizzata per soddisfare queste persone? Non ancora.
Abitare il Nuovo non significa improvvisare
E quando qualcuno dice che le cose torneranno come prima, come se il prima fosse la normalità o la cosa migliore, io dico che no, non è cosi. Dobbiamo abituarci al nuovo per sempre, e in moltissimi casi sarà anche meglio. Questo non significa che aperti i ristoranti e avendo di nuovo la possibilità di viaggiare, decideremo di restare fermi in casa, ma prenoteremo il nostro tavolo e forse anche preordineremo il menu.
Chi ha già adattato il proprio business nei mesi della pandemia non solo è un passo avanti ma sarà probabilmente capace di gestire il prossimo futuro, per i più incerto e vago. Si tratta di avere un mind set flessibile e capace di adattarsi velocemente e di sostituire la paura del nuovo per sempre con una nuova organizzazione e visione. Farne parte potrà essere una sfida avvincente e vincente. Come si fa? Osservando, raccogliendo dati, analizzando quello che è stato e che sta ancora accadendo con uno spirito da pioniere preparato. Abitare il Nuovo non significa improvvisare ma avere la capacità di gestire i flussi informativi e costruire il mondo da protagonisti. Siamo davanti a una grande opportunità, quella di fare un mondo migliore.