L’insurtech è la metafora dell’innovazione in Italia, sostiene Simone Ranucci Brandimarte, presidente di Italian Insurtech Association. Lento, incerto, in ritardo. E infatti l’Associazione per il suo secondo Summit, in programma il 20 e 21 settembre, ha scelto un titolo inequivocabile: Ora o mai più. Suona come un avvertimento ma è anche un grido d’allarme e allo stesso tempo un’incitazione. “Nel 2020 l’industria delle assicurazioni ha investito sull’innovazione (progetti digitali interni e con partner esterni più investimenti in startup) 50 milioni, che nel primo semestre 2021 sono più che raddoppiati arrivando a 110. Bene ma, attenzione, in Francia è stato raggiunto il miliardo già nel 2020 e questo deve essere l’obiettivo dell’Italia per il 2023. Un obiettivo impegnativo ma possibile e necessario”, dice Ranucci che in questa intervista anticipa alcuni dei temi che saranno esplosi in occasione del Summit.
Presidente, come si fa a passare da 110 milioni di investimenti del primo semestre, che a fine anno diventeranno 130/140, a 1 miliardo nel 2023?
Serve maggiore ambizione per poter approfittare delle opportunità che potranno arrivare da un mercato più giovane e più grande in cui però stanno entrando nuovi player, innovativi e determinati. Questo è l’anno zero: i prossimi 12 mesi saranno decisivi per poter esprimere la capacità di scaricare a terra sperimentazioni, progetti, innovazioni. Al Summit annunceremo la creazione di un Think Tank formato da aziende, startup, venture capital che elaborerà entro fine anno una serie di proposte per raggiungere l’obiettivo 1 miliardo. Per raggiungere il miliardo dovranno esserci, ad esempio, significativi incentivi alla digitalizzazione per tutti gli iscritti al Registro Unico degli Intermediari (RUI) gestito dall’Ivass, ovvero compagnie e intermediari. Ma serve anche un mercato borsistico più ricettivo verso le Insurtech e un’accelerazione nel supporto delle compagnie assicurative alle startup.
Che cosa è cambiato rispetto al 2020?
Non c’è più bisogno di divulgazione ma è necessario aumentare gli investimenti, portare un cambiamento nella catena del valore, passare da una visione locale a una globale. E poi: non restare nel recinto delle assicurazioni ma di ragionare in una logica open insurance di collaborazione fra industrie diverse.
Che cos’è oggi l’Insurtech?
Non è altro che la digitalizzazione dell’industria assicurativa, un processo già avvenuto in altri settori e che ha creato impatti diversi finendo sempre però per modificare il quadro competitivo. Nell’insurance i giochi sono ancora tutti da fare ma bisogna muoversi rapidamente per non vedere film già visti in altri ambiti. Per questo dico che l’Insurtech è metafora della tradizionale resistenza italiana nei confronti dell’innovazione che ha portato a una sostanziale stasi economica e a una progressiva perdita di competitività del Sistema Paese. Possibile che non abbiamo imparato nulla? Possibile che l’insurance, che sente l’impatto delle tecnologie dopo l’editoria o il commercio, non possa fare tesoro di quanto accaduto nelle altre industry per garantire il futuro del business? Per non perdere questa occasione è nata Italian Insurtech association: per stimolare l’industry, per accresce la cultura dell’innovazione, valorizzare le best practice e dimostrare che si può fare. Che è necessario farlo., Anzi che conviene farlo
Perché conviene?
Perché a differenza di altre industry, la digitalizzazione non restringe il mercato ma anzi lo allarga come dimostrano i dati della diffusione delle polizze digitali, soprattutto in un Paese sotto assicurato come l’Italia. Adesso si tratta di capire se lem compagnie tradizionali sapranno cogliere questa opportunità o se la fetta emergente di mercato sarà appannaggio dei new comer. Ci sarà una dialettica fra aziende consolidate e nuovi player davvero interessante. Ci sono startup.internazionali, nate pochi anni fa, che stanno acquisendo compagnie tradizionali e gioielli dell’insurty. In Italia è già successo, con la tedesca Wefox e Mansutti, ed è solo l’inizio.
Gli investimenti restano un tasto dolente. Quali rischi stiamo correndo?
Se guardiamo i dati 2020 sugli investimenti insurtech scopriamo che gli Stati Uniti restano in testa ma l’Europa segue a ruota perché ha cavalcato l’onda positiva. Ma se poi guardiamo all’interno del Vecchio Continente, l’Italia è il fanalino di coda. E questo non va bene, non può andare bene, perché in prospettiva porterà a un gap di competitività con una perdita di quote di mercato. Va detto che la consapevolezza nelle aziende è cresciuta, per il 70% dei manager l’insurtech è ora una priorità. E lo confermano i numeri record della seconda edizione del Summit e degli Awards, con più di 200 candidature contro le 35 del 2020. Purtroppo, però, l’approccio non è ancora cambiato: visione short term, pochi investimenti, poche operazioni con startup.
La seconda edizione del Summit arriva dopo la pandemia. Che effetti ha avuto sulla digitalizzazione dell’insurance?
C’è stata una grande accelerazione della domanda che non è stata seguita con la stessa velocità dall’offerta. E questo non va bene, visto che nei prossimi 24 mesi entreranno in Italia, secondo le analisi dell’Associazione, tra i 20 e i 30 nuovi player insurtech internazionali. La digitalizzazione ha sull’Insurance un effetto diverso rispetto ad altre industry visto, che come già, detto porta a un ampliamento del mercato che nel 2025 sarà diverso, digitale e più grande. Un mercato con una bassa retention, specie nelle fasce più giovani. Questa è una grande opportunità per i new comer. Ma anche per le compagnie tradizionali che sapranno affrontare la sfida. Nel Summit vedremo chi lo sta facendo, anche a livello internazionale, e come farlo. Perché il momento e adesso. Ora o mai più.