Alcune interessanti e recenti ricerche confermano la tesi che la distruzione creatrice e l’innovazione sono motori della crescita in quanto impattano direttamente sulla produttività multifattoriale.[1]
Spesso si ritiene che questi processi si blocchino o rallentino per qualche forma di resistenza culturale da parte degli individui.
In realtà, secondo la mia esperienza di più di 15 anni di attività su temi di interesse pubblico, di trasformazione di sistemi complessi e di innovazione, sono principalmente le istituzioni e le organizzazioni[2] a plasmare le azioni e le percezioni degli individui che poi tendono a reagire in modo molto reattivo a nuove regole ed incentivi.
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Cultura aziendale e resistenza al cambiamento
La resistenza al cambiamento è quindi più caratteristica intrinseca al funzionamento di istituzioni e organizzazioni, come ci ammoniva Max Weber ormai più di 100 anni orsono, che non delle persone.
La differenza in questi contesti la fanno spesso piccoli dettagli pratici e operativi, ritenuti trascurabili, che guidano invece le scelte di chi lavora e dei cittadini.
Infatti la cultura, che molti raccontano come un elemento immateriale, è quanto mai un aspetto pratico, frutto della somma di tutti questi piccoli elementi, strumenti, dettagli, procedure e dei servizi che vi ruotano attorno. Questi sono spesso gli elementi più difficili da cambiare e scardinare.
Possiamo vedere questi elementi come tante piccole bombe ad orologeria sparse nelle organizzazioni e nella società, pronte a scattare quando qualcuno imbocca la strada dell’innovazione e del cambiamento.
Sono questi elementi ad incidere molto sulle scelte, sulle percezioni e in definitiva sulla realtà. L’argomento è di strettissima attualità andando ad incidere in qualche modo sui processi di trasformazione digitale e di transizione ecologica finanziati dal PNRR.
Per cambiare servono quindi visioni chiare accompagnate da interventi con il “cacciavite e il martello” su tutti questi elementi di “cultura materiale”, se non si vuole che il cambiamento si inceppi.
Gli strumenti di comunicazione, di valutazione delle performance, i regolamenti interni, i decreti attuativi, le circolari, i protocolli, le condizioni generali, i moduli sono la trincea quotidiana per chi si occupa di innovazione.
Ognuno di questi elementi porta con sé una visione del mondo e/o degli interessi costituiti da parte di uffici, gruppi di pressione ed enti di controllo.
Come cambiare la cultura in azienda
Mentre si parla di cambiamento della cultura aziendale conviene quindi immaginare come intervenire sull’insieme di norme, incentivi e procedure sedimentati nelle organizzazioni e istituzioni.
Se cambiamo queste, cambiamo la cultura. Un solo ingranaggio che non gira blocca potenzialmente tutta la macchina e genera costantemente i semi di un “contro cambiamento” che resisterà nel tempo.
Bene quindi i video, le slide motivazionali, le relazioni, i saggi e i libri, ma meglio dotarsi poi di un adeguato supporto interno, un ufficio, un team, un consulente indipendente con poteri adeguati che verifichi, lavori e riferisca al vertice i progressi su ogni “modulo” che non “segue” la strategia di cambiamento.
Per la Pa italiana per esempio servirebbe una sorta di Anac al contrario, mentre per le multinazionali, un ufficio anti compliance a cui rivolgersi per sminare ogni controversia e resistenza su mandato diretto del vertice[3].
Se il vertice delle organizzazioni e delle istituzioni non dedica tempo e risorse a comprendere e supportare il cambiamento “un modulo alla volta“ significa che non vuole supportarlo veramente o non ha i giusti strumenti per accompagnarlo.
Naturalmente entrare nella trincea dei moduli è argomento spesso molto delicato per gli individui, tanto che la valutazione delle probabilità di chi ha più chance di spuntarla, fra chi vuole cambiare e chi difende lo “status quo”, è ormai una scienza quasi esatta e spesso la competenza più utile a sopravvivere e prosperare nelle organizzazioni e nelle istituzioni.
Il sistema, frutto di questi elementi materiali e degli individui che ne fanno parte, pare essere infatti congegnato in qualche modo per resistere al cambiamento. La resilienza che spesso viene giudicata un valore diventa così un grande ostacolo.
Costruire organizzazioni e istituzioni resistenti allo stress ma capaci di cambiare è infatti una delle sfide che la nostra società deve ancora risolvere.
Agli amici e amiche che siedono ai vertici delle istituzioni e delle organizzazioni e che scrivono importanti editoriali dico di dare un’occhiata da vicino a moduli e documenti.
Solo sporcandosi le mani con i dettagli più operativi si accompagna davvero il cambiamento della cultura aziendale e si evita di indicare una strada e vedere la realtà imboccarne una esattamente opposta. Il futuro dell’Italia e dell’Europa dipende molto da questi “piccoli dettagli”.
[1] Festschrift conference on “The Economics of Creative Destruction” to discuss the achievements and future directions of the Schumpeterian growth literature.
[2] Per istituzioni intendo quelle entità organizzate che hanno potere regolativo e fanno parte dello Stato.
[3] Mi riferisco alla possibilità di avere enti interni o esterni che non valutino la legittimità degli atti ma la loro coerenza verso un percorso di cambiamento promosso dal vertice.