Patrick Oungre ha da poco compiuto il suo primo anno in A2A: Head of Innovation del gruppo guidato dal maggio 2020 da Renato Mazzoncini che, con il nuovo piano industriale ha cambiato posizionamento: da multiutility a “life company”. I risultati preliminari 2020 dicono che, mentre l’Ebitda ordinario è stabile (1,19 miliardi di euro), gli investimenti sono in crescita a 738 milioni (+18) e sono concentrati sulla sostenibilità. Che sempre di più vuol dire anche e soprattutto innovazione in A2A: nel Piano industriale al 2030 del gruppo ci sono investimenti per 16 miliardi su economia circolare e transizione energetica.
A2A ha da poco più di un anno un fondo di Corporate Venture Capital e ha appena lanciato un portale di innovazione per individuare, selezionare e sviluppare progetti innovativi e sostenibili con startup, università e centri di ricerca.
“La nostra challenge è creare un portafoglio di progetti di innovazione bilanciato indirizzando sfide di breve, medio e lungo periodo”, dice Oungre che fino al 2019 ha lavorato nella consulenza, prima in Deloitte e poi in PwC dove da Innovation Director ha seguito le attività di innovazione di molte aziende in diversi settori, utility comprese: sa bene che cos’è l’open innovation e conosce il confine fra sviluppo tecnologico e innovazione vera. In questa intervista a EconomyUp Patrick Oungre racconta come è organizzata l’innovazione in A2A e anticipa che nel 2021 gli investimenti in startup potrebbero anche raddoppiare.
Cominciamo da Patrick Oungre e l’innovazione…
Nei miei 16 anni in consulenza me ne sono occupato tanto fino ad avere in PwC Italia la responsabilità dei servizi di Innovation Management verso il mercato e creare l’ecosistema dell’innovazione per l’allora neonata in Italia PwC New Venture, unità dedicata allo sviluppo di asset innovativi di cui facevo parte del management team.
Adesso vediamo Patrick Oungre e A2A
Dopo il lancio del fondo di Corporate Venture Capital, A2A cercava una figura che mettesse insieme tutte le attività di innovazione avviate in momenti diversi. Il mio primo obiettivo è stato di costruire una roadmap di sviluppo della funzione che, valorizzando quanto già avviato in precedenza, proiettasse il nostro Gruppo verso un approccio sempre più integrato, sinergico e multicanale nel fare innovazione. L’iniziativa di Corporate Venture Capital così come il portale di innovazione che abbiamo appena lanciato sono tasselli di una strategia di open innovation molto più ampia.
Parliamo di questa strategia, cominciando dal fondo di CVC, strumento ancora poco diffuso tra le aziende italiane. Come funziona quello di A2A?
Il programma è gestito con 360 Capital Partner, con cui abbiamo creato il nostro fondo dedicato, oltre al Politecnico di Milano con il fondo Poli360 che fa leva sulle potenzialità di ricerca dell’Università nonché sul Technology Transfer Office (TTO) e sull’incubatore PoliHub. La politica di investimento è focalizzata su startup seed e early stage operanti in Italia o Sud Europa in ambiti di business strategici per il Gruppo come l’economia circolare, la transizione energetica, la mobilità e le nuove tecnologie per realizzare le città del futuro. L’idea ovviamente è di investire sulle startup con un’ottica industriale e non per fare risultati finanziari. Nel 2020, praticamente in 6 mesi, sono stati chiusi quattro operazioni con un obiettivo principale: scaricare l’investimento su progettualità concrete.
Puoi farci un esempio?
Certo. Il primo investimento, luglio 2020, è stato fatto su Greyparrot, startup inglese che ha sviluppato una soluzione integrata che combina un sistema di visione avanzata, intelligenza artificiale e data analytics per l’ottimizzazione della gestione dei rifiuti: il software identifica automaticamente diversi tipi di rifiuti fornendo anche informazioni sulla loro composizione. Per A2A può diventare un asset per digitalizzare le linee che lavorano alla separazione dei rifiuti. Pertanto unitamente all’investimento, è stata avviata una sperimentazione sul campo.
Come avete trovato GreyParrot? Come fate scouting?
Da febbraio 2020 abbiamo avviato una partnership con Plug&Play, che ci affianca nello scouting internazionale di startup con impatto ambientale e attive nel campo della sostenibilità. Nel 2020 abbiamo visto circa 200 startup provenienti da più di 35 Paesi, in due batch di sei mesi ciascuno, e avviato già 8 progetti di sperimentazione
Dov’è collocata l’innovazione in A2A?
La mia funzione dipende dalla direzione Strategy Development and Regulatory guidata da Gianni Vittorio Armani.
Com’è organizzato il team di innovazione in A2A?
La funzione è composta da un team di 15 persone suddivise fra un nucleo centrale e gli innovation manager che operano all’interno delle differenti Business Unit/società del Gruppo.
In particolare il team centrale opera come abilitatore trasversale al Gruppo, sviluppando l’ecosistema di innovazione, gestendo le attività del programma di CVC, passando dal coordinamento dei progetti di corporate entrepreneurship e di innovazione interna, fino alla gestione del nostro portafoglio di progetti di sperimentazione dell’intero Gruppo.
Gli innovation manager invece sono punti di snodo fondamentali che lavorano con i colleghi del business alla costruzione di progettualità sperimentali che possono nascere da un apporto innovativo sia esterno sia interno, in grado di coniugare, indirizzare e comprendere le esigenze di business di breve e medio-lungo periodo.
Che cosa fate all’interno sulla corporate entrepreneurship?
Abbiamo cominciato a lavorare sull’innovazione con un approccio inclusivo. Un primo progetto, nell’autunno del 2020, ha coinvolto tutti i 12mila dipendenti del gruppo: abbiamo raccolto 540 idee con più di 2000 commenti, e 275 team auto-costituiti, il tutto attraverso una piattaforma digitale di innovazione interna Dopo la prima fase di screening, 237 team leader stanno attualmente guidando le attività di sviluppo dei concept affiancati dal nostro team di innovazione. Il percorso ci accompagnerà nei prossimi mesi fino all’identificazione delle 3-5 idee che verranno realizzate con un approccio di Venture Building.
Quindi tu guidi un team molto leggero. Come viene disseminata l’innovazione nell’azienda?
In tutte le business unit e le società del gruppo c’è un innovation manager. Adesso sono otto ma siamo in una fase di ampliamento della rete. Sono punti di snodo fondamentali, manager che lavorano con i colleghi del business alla costruzione della progettualità sperimentale che può nascere da un apporto innovativo esterno o interno ma che devono anche essere in grado di intercettare e comprendere le esigenze che nascono dal business. Dobbiamo assolutamente evitare di iniettare nel gruppo quel che il gruppo non vuole.
Qual è l’iter che porta a un progetto di sperimentazione?
Ogni tre mesi portiamo i concept allo “Shark Tank”, il comitato di innovazione costituito dal management del Gruppo e da referenti esterni che valutano e selezionano le iniziative da mettere in execution. Allo Shark Tank portiamo progetti costruiti a partire da idee e stimoli provenienti dall’interno ma soprattutto dall’ecosistema dell’innovazione. È la stessa sede in cui si valutano i risultati dei progetti già approvati e, se è il caso, se ne decide la fine se la sperimentazione non funziona.
Come sono state scelte le quattro startup sui cui sono stati fatti gli investimenti nel 2020?
Seguendo quattro traiettorie diverse. Gli investimenti sono stati fatti su una startup inglese, una italiana, una francese e una svizzera. Abbiamo investito su una tecnologia italiana brevettata da Circular Materials: un sistema per separare le acque industriali senza produrre fanghi, importante dal punto di vista ambientale Se la tecnologia funziona e si consolida, si apriranno nuove opportunità di business. Con GreyParrot, invece, acquistiamo potenza nel waste management, con un monitoraggio intelligente per il trattamento e la separazione delle plastiche, utile per il recupero della materia. Hades, la startup svizzera, fa machine vision e permette di fare ispezioni molto rapide delle reti fognarie: hanno catalogo più di 300 possibili crepe nelle tubazioni e riescono a riconoscerle e a gestire interventi di prevenzione. Questa soluzione non è stata ancora implementata. Stiamo invece sperimentando in uno use case nella nostra business unit Reti il software della francese Siteflow che ci consente di digitalizzare e controllare tutte le operazioni sul campo in un’attività molto particolare, fare i giunti elettrici. In tre mesi siamo saremo in grado di portare sul campo questa innovazione.
Quanti saranno gli investimenti del fondo nel 2021?
Potremmo arrivare a otto investimenti, anche grazie a una rifocalizzazione della strategia anche sul preseed. Non sarà quindi necessario avere un prototipo e addirittura potremo investire su un’idea che non è ancora una società. Questo comporterà un aumento del rischio ma permetterà anche una diversificazione degli investimenti. La mia sfida più grande è non fare solo progetti innovazione incrementale.
Anche per questo avete lanciato un portale dedicato all’open innovation?
Innovation.a2a.eu è una piattaforma digitale per fare crowdsourcing di idee, magari ancora da brevettare, che possono arrivare dal mondo delle startup o da quello della ricerca. A2A si propone come partner industriale mettendo a disposizione conoscenza, capacità di orientamento, confronto con il mercato. Il portale serve per fare sourcing di idee su temi specifici, e per questo lanceremo delle call, ma può essere anche l’entry point per candidarsi a essere valutati dal team di investimento del fondo di CVC.
Come cambia con questo portale il vostro rapporto con le startup?
A me piacerebbe che diventasse il CRM dell’innovazione, il canale attraverso il quale A2A attiva e gestisce le relazioni con gli innovatori, startup, ricercatori o PMI che siano. Ma anche uno strumento per valorizzare la conoscenza che si crea con queste relazioni e metterla a disposizione del Gruppo. Dietro il portale c’è un vero e proprio motore per gestire l’Open Innovation.
Com’è nata l’idea dello startup kit?
Nello scorso ottobre abbiamo fatto un workshop con il presidente Marco Patuano, il CEO Renato Mazzoncini e alcune startup a cui abbiamo chiesto: quali difficoltà avete nella relazione con una grande azienda? Dalle loro risposte è nato il set di soluzioni realizzate ad hoc per semplificare e accelerare il contatto e l’avvio dei progetti di sperimentazione.
Che cosa c’è di diverso dagli albi speciali o dalle fast track attivati da altre grandi aziende?
Qui non stiamo parlando di un albo speciale o di un processo più snello di procurement ma di un pacchetto di misure che ci consentano di essere rapidi nell’avviare una collaborazione a fini sperimentali. Parliamo di contratti di sperimentazione che chiudiamo davvero in una settimana, una volta che abbiamo selezionato e valutato la startup, garantendo un anticipo del 50% del valore del progetto, pagamento a 30 giorni ed una esperienza full digital. La qualificazione viene fatta dal nostro team di innovazione.
Quindi che tipo di contratto fate con la startup?
Abbiamo messo al tavolo procurement, legale e finance per creare un contratto standard di sperimentazione che viene firmato assieme a un patto di integrità: questi oggetti vengono scambiati velocemente in digitale, ovviamente dopo che il progetto è stato approvato e condiviso. Questo è un tipo di percorso che può fare solo l’innovazione, su progetti di sperimentazione e che ci consente di poter conoscere la realtà, operare insieme in tempi rapidi.
Quali sono gli ambiti in cui cercherete proposte innovative nel 2021?
Le attività di scouting e sperimentazione verteranno sulle traiettorie a supporto degli obiettivi strategici del piano industriale, economia circolare e transizione energetica: guarderemo pertanto con interesse a tecnologie utili alla decarbonizzazione quali la cattura e l’utilizzazione della Co2, ma anche tecnologie e soluzioni in grado di recuperare il calore di scarto nei processi industriali, le tecnologie di accumulo avanzate ed ovviamente soluzioni innovative che ci consentano di operare in modo sempre più differenziante sul tema della mobilità e delle smart city.