OPEN WORLD

Come e dove fare scouting di startup: ecco le tre decisioni chiave

Per fare scouting di startup bisogna rispondere a tre domande fondamentali: che tipo di startup cercare? Dove cercarle? Quante cercarne? Dall’esperienza delle aziende internazionali che fanno già open innovation arrivano queste risposte…

Pubblicato il 02 Feb 2021

Scouting startup

Questa settimana parliamo di scouting. Lavorare con le startup, fare open innovation, è oggi un must per ogni impresa, qualunque sia il settore e la dimensione.

Dato questo per scontato, il passo successivo è come strutturare il processo di ricerca di startup, in gergo definito “scouting” (rimando al mio post precedente circa le differenze con il procurement), affinché produca risultati. Perché sarebbe un peccato avere la visione giusta ma poi non riuscire a realizzarla.

Al riguardo, tre sono le decisioni chiave per un’impresa che voglia andare oltre il cosiddetto “innovation theater” e fare davvero scouting di startup:

  • Che tipo di startup cercare
  • Dove cercare le startup
  • Quante startup valutare

OpenWorld su ClubHouse: mercoledi 3 febbraio alle ore 13
Alberto Onetti 
e Giovanni Iozzia commentano gli ultimi dati dell’ecosistema italiano delle startup
e i trend dell’open innovation a livello internazionale

Procedo per ordine:

  1. Scouting di startup: Meglio concentrarsi sulle scaleup

La realtà è che – per le imprese – integrare soluzioni che vengono da fuori è un processo di per sé lungo. Nel caso di aziende di grandi dimensioni i tempi tendono ulteriormente a dilatarsi. Pertanto ingaggiare startup alle prime armi (“early stage”, non sufficientemente strutturate) con prodotti o servizi non “deployment ready” (a basso TRL, technology readiness level) non è una scelta in genere foriera di risultati.

Le indicazioni per lo scouting di startup, quindi – inquadrabili con il “modello del venture client” seguito dalle principali aziende internazionali – sono invece nella direzione di lavorare con società più strutturate (quelle che vengono chiamate “scaleup”), salvo rari casi ove l’allineamento strategico è molto alto.

  1. Dove cercare le startup? Partire dagli ecosistemi ad alta densità di startup

È improbabile trovare startup interessanti nel proprio giardino di casa. A meno che non si viva in Silicon Valley o Israele. I dati di seguito riportati mostrano il numero di scaleup nei principali ecosistemi (tra queste abbiamo evidenziato anche quelle molto strutturate, chiamate “scaler” – con capitale raccolto superiore a 100 milioni – e “super scaler” – oltre 1 miliardo di dollari di finanziamenti) oltre che il capitale da queste complessivamente raccolto.

Fonte: Mind the Bridge, Tech Scaleup Italy – 2020 Report

Emerge con evidenza che ci sono degli ecosistemi con una forte concentrazione di startup mature (in Silicon Valley ce sono tante quante se ne trovano in tutta Europa, Israele ha più o meno gli stessi numeri di Germania e Francia messi insieme), mentre altri presentano numeri piccoli e dimensioni medie di startup inferiori.

È quest’ultimo il caso dell’Europa al confronto degli Stati Uniti e, nel Vecchio Continente, dei paesi mediterranei rispetto a quelli continentali e scandinavi. E qui l’Italia purtroppo è nella coda del treno. Quindi, per le imprese italiane bisogna di necessità guardare fuori confine, pena non trovare niente o trovare soluzioni sub ottimali.

  1. Quante startup valutare? Guardare tanto ma focalizzarsi su pochi progetti (buoni)

Ma quante startup bisogna guardare all’anno per trovare quelle buone?

Chart, funnel chart Description automatically generated
Fonte: Mind the Bridge, The State of Art of Open Innovation – 2020 Report

Le indicazioni che ci vengono dal nostro osservatorio annuale delle “Corporate Startup Stars” (le 50 aziende più attive al mondo sull’open innovation) dicono che, di norma, una grande azienda passa in rassegna in media 2000-2500 startup all’anno. Di queste un 10% passa alla fase successiva di approfondimento, ma solo il 2% di queste inizia una collaborazione con l’impresa (di solito attraverso un pilota o POC – Proof of Concept). Un sottoinsieme di queste inizia a lavorare stabilmente con l’azienda (diciamo una ogni cento inizialmente viste).

Che cosa ci dicono questi dati? Che gli innovation leader guardano a tantissime startup – migliaia ogni anno – in prevalenza negli ecosistemi descritti in precedenza, ma scelgono di collaborare con poche – siamo nell’ordine di decine di progetti all’anno anche per Fortune 500 companies.

Se si restringe l’imbuto (tecnicamente detto “deal flow”) a monte o lo si limita geograficamente, si perde necessariamente di qualità. E quindi si compromette l’intero processo. Non ci sono purtroppo vie di mezzo o scorciatoie.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Alberto Onetti
Alberto Onetti

Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.

Articoli correlati

Articolo 1 di 3