Il piatto è ricco – 190 milioni di euro di soldi pubblici per le startup innovative del Mezzogiorno – ma non ci si sono buttati in tanti quanti ci si sarebbe aspettati: dal 4 settembre scorso ad oggi sono stati assegnati “solo” 34,7 milioni per un totale di 200 progetti finanziati. Stiamo parlando di Smart & Start, il progetto del Ministero per lo Sviluppo Economico gestito da Invitalia (Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa) che prevede, attraverso fondi europei, agevolazioni alle imprese di piccole dimensioni impegnate su innovazione, uso di tecnologie digitali e valorizzazione della ricerca, con sede in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, le regioni del cosiddetto Obiettivo Convergenza. Di recente alla quota iniziale si sono aggiunti 13 milioni di euro per i Comuni del Cratere Sismico Aquilano, quindi per gli imprenditori attivi nelle aree colpite dal sisma. Smart & Start fece molto parlare di sé per il debutto poco felice: i partecipanti potevano iscriversi esclusivamente online, così il primo giorno il portale andò in tilt e ne derivarono proteste e persino un’interrogazione parlamentare. Poi il problema è stato risolto, tutto è filato liscio e Invitalia ha cominciato ad assegnare i fondi, che però sono ancora lontani dall’essersi esauriti. Di fatto ne restano 168,3 da assegnare (aquilani compresi). Tanto che Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, intende rivederne la destinazione.
Molti soldi, 200 startup finanziate. Ma resta ancora tanto da spendere. Come mai?
Noi siamo soddisfatti: a 5 mesi dall’avvio del programma sono state presentate 890 domande di ammissione alle agevolazioni, oltre 200 hanno già ottenuto un esito positivo, 294 sono in fase di valutazione, 396 sono state bocciate. In pratica ne abbiamo approvate una sue tre. E non era necessario avere già costituito una società per richiedere i finanziamenti: a nostro parere un elemento importante, perché semplifica la vita all’aspirante startupper, pur “impoverendola” per notai, commercialisti e burocrati. Il procedimento va avanti ed è un bel segnale: in questo modo si sfata la leggenda che il Sud sia in ritardo rispetto al resto del Paese anche per capacità creativa e di innovazione. Per il resto gestiamo con oculatezza, come sempre, i soldi pubblici: se c’è il modo utile di investirli lo facciamo, sennò no.
Ripeto: perché i finanziamenti non si sono già esauriti? Scarsa attitudine all’imprenditorialità o cos’altro?
Perché sono utilizzabili solo al Sud. Proprio per questo stiamo lavorando con il governo su una possibile estensione della misura anche al Centro-Nord, sia pure lasciando un vantaggio relativo alle imprese meridionali. E sono in cantiere altri miglioramenti. Per esempio il tetto massimo del finanziamento per le aspiranti imprese è 500mila euro a progetto, sarebbe stata migliore una diversa erogazione. Stiamo già lavorando allo fase due: non limitarci a dare denaro al primo round, ma contribuire con forme di sostegno anche negli step successivi. Inoltre voglio dire che in Italia non siamo attrezzati a spendere bene i soldi pubblici. A mio parere urge una riforma sull’erogazione dei contributi Ue: le regioni del Sud non dovrebbero più avere accessi separati ai finanziamenti, l’erogazione dei fondi europei andrebbe ri-centralizzata: in questo modo nel Mezzogiorno si costruirebbero meno fontane (per poi magari scoprire che non sono abilitate ad erogare acqua) e più linee dell’alta velocità. Facciamo un passo indietro: nel 1986 fu emanata la legge 44 per lo sviluppo della nuova imprenditoria, poi abrogata l’anno scorso: prevedeva che, chi aveva meno di 29 anni, viveva al Sud e aveva costituito una società, poteva chiedere fino a 5 miliardi delle vecchie lire di finanziamento dallo Stato, in parte a fondo perduto in parte in forma di mutuo, e lo Stato lo avrebbe sostenuto per i successivi tre anni. Ha avuto effetti positivi, ma anche effetti distorsivi: per esempio i figli degli imprenditori usavano questi fondi per ri-finanziare le imprese dei padri. Perciò auspico un cambio di passo.
In ogni caso i finanziamenti non erogati di Smart & Start non andranno persi, giusto?
I soldi non investiti non si perdono mai, si perdono sempre i soldi investiti male.
A proposito di investire bene, le startup di Smart & Start devono avere sede legale in una delle regioni dell’Obiettivo Convergenza. Come evitare che qualcuno apra a Bari e poi lavori a Parma?
Noi “osserviamo” l’impresa e la finanziamo nel tempo, non le diamo tutto il denaro nel momento in cui nasce. Perciò se qualcuno mette la targa sul campanello a Bisceglie e poi lavora a Brescia – e qualche volta nel passato è successo, e troppo spesso nel lontano passato succedeva – non prenderà i soldi. Effettuiamo costanti controlli e controlli preventivi rispetto ai finanziamenti successivi.
E sui meccanismi di selezione? Ogni volta che ci sono di mezzo soldi pubblici c’è qualcuno che teme che saltino fuori i soliti raccomandati. Come evitarlo?
Da una parte il meccanismo di candidatura è stato stato paperless, cioè del tutto trasparente in Rete, dall’altra c’è un Comitato di esperti indipendenti che affianca l’istruttoria dei nostri uffici: mi sembrano garanzie più che sufficienti.
Ma come è stato selezionato questo Comitato?
I componenti sono stati designati in base a un decreto del Mise, noi abbiamo dato un contributo e siamo soddisfatti della scelta.
Oggi avete presentato 10 startup selezionate. Quando andranno online i nominativi di tutte quelle che hanno ottenuto i finanziamenti?
Nel momento in cui verranno sottoscritti i contratti di finanziamento saranno ovviamente pubblicati i nomi dei beneficiari. Al momento i finanziamenti sono assegnati, ma gli startupper non hanno ancora ricevuto concretamente i soldi. Prima serve espletare qualche pratica e le conseguenti verifiche sul territorio.