Il coronavirus ferma anche il mercato dell’auto. Con la quarantena calano gli acquisti, e fabbriche e concessionari chiudono fino a data da definirsi. Si aprono, però, anche nuove prospettive, soprattutto nel settore delle auto driverless, che permettono di continuare a spostarsi riducendo i contatti all’interno dell’abitacolo.
Auto e coronavirus: stabilimenti chiusi
Prima lo stop per la sanificazione degli ambienti, poi la chiusura totale: la maggior parte delle aziende europee dell’auto ha chiuso i battenti di fronte all’epidemia di coronavirus per preservare la salute dei lavoratori.
Fiat-Chrysler ha deciso di sospendere la produzione nella maggior parte degli stabilimenti europei – tra cui Melfi, Pomigliano, Cassino, Mirafiori, Grugliasco e Modena – e nordamericani.
Sulla stessa linea Ferrari, che ha bloccato le operazioni negli impianti di Modena e Maranello, affermando però che “le attività aziendali non legate direttamente alla produzione continueranno regolarmente grazie alle soluzioni di lavoro agile (smart working)”.
Stop anche per lo stabilimento Lamborghini di Sant’Agata bolognese: la chiusura è al momento prevista fino al 3 aprile.
In Europa, il colosso Psa — che raggruppa Peugeot, Citroen, DS e Opel — ha deciso la chiusura di tutte le sue fabbriche, insieme a Renault e Volkswagen.
Il problema dell’import/export
L’industria dell’auto, a livello mondiale, è fortemente collegata e interdipendente. La chiusura di un singolo stabilimento può quindi avere conseguenze di ampia portata su tutta la catena produttiva.
La prima dimostrazione si è avuta con la Cina, focolaio del coronavirus e Paese nevralgico per il settore automotive, che alimenta un mercato mondiale dell’auto da 35 miliardi di dollari di esportazioni l’anno. La chiusura degli stabilimenti cinesi ha bloccato l’arrivo di decine di migliaia di componenti nelle fabbriche di tutto il mondo, tanto che già il 18 febbraio scorso Jaguar Land Rover ha affermato che presto gli impianti inglesi sarebbero presto rimasti a corto di materiale: “Abbiamo dovuto spedire alcune parti dalla Cina al Regno Unito usando le valigie” ha detto l’Amministratore Delegato Ralf Speth al Guardian.
Situazione simile anche per Fiat Chrysler, Toyota e Peugeot, fortemente dipendenti dal mercato cinese tanto da aver alcuni dei principali siti produttivi proprio a Wuhan.
Auto e coronavirus: la crisi della MTA di Codogno
Il problema si pone nella stessa misura dalla prospettiva opposta, e a soffrire del blocco forzato alla produzione sono anche le aziende italiane che non possono più esportare le loro merci. Una tra tutte è la MTA di Codogno (LO), sita nel cuore della prima “zona rossa” lombarda perché primo focolaio del coronavirus. Leader nel nella produzione di componenti elettronici ed elettromeccanici per l’auto e il mercato Automotive, Agriculture e Off-Highway, lo stabilimento è chiuso già dal 24 febbraio. Stop alle forniture, quindi, con conseguenze per Fca, Bmw, Peugeot e tutte le aziende partner europee.
Mercato in rosso
Già prima dello scoppio della pandemia, il settore europeo dell’auto si trovava in un momento di crisi strutturale, con tutti i principali mercati in negativo. I dati Acea di febbraio 2020, ancora immuni dalle conseguenze del coronavirus, segnano infatti un calo nelle immatricolazioni in Europa del 7,4% rispetto allo stesso periodo del 2019. In Italia, la flessione registrata è stata dell’8,8%.
Ora, con la quarantena forzata e lo stop alla produzione, gli acquisti nel settore automobilistico sono drasticamente diminuiti.
“Da quando sono state applicate all’intero territorio nazionale le misure di contenimento dell’epidemia – spiega Andrea Cardinali, Direttore generale dell’Unrae – il mercato delle autovetture in Italia ha registrato un vero e proprio tracollo, con ormai poche decine di immatricolazioni al giorno e una previsione per l’intero mese di Marzo di meno di 30 mila unità contro le 194 mila di Marzo 2019”.
Il presidente Unrae Michele Crisci spiega che, se il blocco alla produzione e le chiusure dei concessionari dovessero continuare per tutto il mese di aprile, è prevedibile “un crollo delle immatricolazioni del 32%, pari a 1,3 milioni di immatricolazioni nell’arco dell’anno”, che riporterebbe il mercato ai livelli peggiori della crisi del 2009 e, addirittura, a quelli dei primi anni 70: si teme infatti un calo di 300 mila veicoli rispetto al 2019 nel solo comparto autovetture, senza contare i veicoli commerciali.
Una situazione, dunque, che mette a rischio le concessionarie. Il presidente di Federauto Cosentino De Stefani afferma che “l’impatto del coronavirus potrebbe compromettere, in media, il 40-50% del conto economico del 2020”. Proprio per questo Federauto, – che riunisce 1.100 imprese di piccola, media e grande dimensione – ha chiesto al governo di modificare il decreto “Cura Italia” per supportare le concessionarie nel periodo critico di blocco dell’attività.
Preoccupazione anche nel settore noleggio: Massimiliano Archiapatti, numero uno dell’Associazione delle imprese di noleggio Aniasa, mette in guardia: “c’è il timore che alcune delle società̀ di noleggio più̀ piccole non siano in grado di superare questo momento”.
Auto e coronavirus: gli acquisti rimandati
La pandemia ha modificato abitudini, necessità e priorità dei cittadini, causando il rinvio di molti acquisti ritenuti “non indispensabili” o, comunque, non urgenti.
Uno studio di MotorK, azienda leader in Europa nel settore automotive, rileva che il 97,5% del campione intervistato si dice disposto ad aspettare la fine della quarantena per recarsi in concessionaria e chiudere la trattativa.
Il maggiore tempo libero a disposizione dei potenziali nuovi clienti, però, aumenta le attività di ricerca e informazione online: si sceglie con più cura, visitando “virtualmente” i concessionari, facendo confronti e preventivi. Un bacino promettente, quindi, da non sottovalutare e su cui puntare con operazioni di marketing mirate al “dopo-crisi”.
La situazione di emergenza può essere sfruttata anche come trampolino per guardare a nuove possibilità: nonostante il momento di forte incertezza, infatti, MotorK rileva una fetta di clienti che si dice disposta ad acquistare una vettura oggi e valuta pratiche innovative come la selezione del veicolo tramite virtual showroom, il blocco dell’auto con una caparra pagata online e la firma digitale dei documenti di acquisto e finanziamento.
L’auto elettrica
Il futuro dell’auto elettrica appare incerto. Gran parte della produzione, infatti, è localizzata in Cina, e lo stop alle fabbriche ha messo in crisi le aziende di tutto il mondo: Tesla, ad esempio, ha dovuto mettere in commercio alcuni esemplari della nuova Model 3 – che costa $35,000 – con componenti ormai superati, data l’impossibilità di procurarsi nuovi hardware.
Con il diffondersi dell’epidemia negli Stati Uniti, poi, l’azienda di Elon Musk MotorK tutti i suoi negozi e fermato la produzione nell’impianto di MotorK, in California.
Ci sono dubbi anche sulle possibilità di ripresa del settore nel dopo-coronavirus: molte famiglie stanno soffrendo il contraccolpo economico del Covid-19, con salari ridotti e licenziamenti. Il prezzo delle auto elettriche è superiore rispetto a quello del benzina, che per molti potrebbe quindi diventare una scelta obbligata.
Il rinvio dei Saloni
L’emergenza coronavirus ha fatto slittare i principali appuntamenti per aziende e appassionati del settore dell’automobile.
Rinviata al 2021 la 90esima edizione del Salone di Ginevra, che era in programma tra il 5 il 15 marzo. Decisione inevitabile dopo il blocco, disposto dalle autorità elvetiche, alle manifestazioni con più di 1.000 persone: il Salone richiama ogni anno almeno 500 mila visitatori.
Annullato anche il Beijing Auto Show, il più grande evento dell’anno per il settore. Era in programma dal 21 al 30 aprile, con manifestazioni tra Pechino e Shanghai.
L’appello: eliminare la tassa sulla CO2
In un momento di emergenza, tra stop alla produzione e calo delle vendite, le case automobilistiche tremano davanti alla possibilità concreta di non riuscire a rispettare le nuove regole europee relative alle emissioni di CO2, e dover quindi pagare multe salatissime.
La Commissione Europa ha infatti fissato a 95 grammi il limite massimo di anidride carbonica emessa per chilometro. Oltre questa soglia, sanzioni per 95 euro al grammo, da moltiplicare per il numero di auto vendute in Europa. Misure severe, per le quali PA Consulting stima che nel 2021 i produttori europei pagheranno multe fino a 14,5 miliardi.
L’appello di Gian Luca Pellegrini, direttore di Quattroruote, è di fermare le sanzioni: “Ci vogliono scelte coraggiose e per me questo significa, come primo provvedimento di Bruxelles, congelare immediatamente le sanzioni della CO2 entrate in vigore a gennaio: il processo di decarbonizzazione può aspettare, se sull’altro piatto della bilancia c’è non la semplice competitività, bensì la sopravvivenza dell’automobile europea”.
Nuove prospettive
In una situazione dove evitare i contatti sociali diventa fondamentale per salvaguardare la salute pubblica, si fa spazio il mondo delle auto a guida autonoma, che permettono di spostare merci e persone senza alcuna interazione umana.
Paradigmatico è il successo della startup cinese Neolix, che produce camioncini per le consegne urbane completamente automatizzati. Complici le strade rimaste vuote, tra febbraio e marzo Neolix ha ricevuto più di 200 prenotazioni, quando negli otto mesi precedenti aveva venduto solo 125 mezzi.
Stesso trend per Starship Technologies, azienda americana che produce robot per il delivery e ha notato un aumento della domanda nei grandi centri urbani come New York e San Francisco.
La tecnologia driverless può essere sfruttata per rifornire farmacie e ospedali, per disinfettare le strade e consegnare beni di prima necessità ai lavoratori. Tutto senza rischiare di aumentare i contagi.
La speranza è che l’entusiasmo per questo settore innovativo rimanga vivo anche dopo la fine dell’emergenza, spronando le aziende del settore a sviluppare rapidamente prodotti sicuri e immediatamente utilizzabili. Il coronavirus potrebbe dunque vincere le attuali resistenze di alcuni alle auto a guida autonoma.
Nonostante le potenzialità del driverless, però, molte aziende hanno comunque dovuto sospendere le loro attività per far fronte all’epidemia, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro.