Gli italiani e il difensore civico digitale: solo 142 segnalazioni e un amore che non sboccia…

È ancora esiguo il numero di segnalazioni da parte di cittadini e imprese per violazioni delle norme sull’innovazione della pubblica amministrazione quali, per esempio, la mancata accessibilità dei siti. Alla base, spiega l’avvocato Ernesto Belisario, scarsa conoscenza di cosa fa il difensore civico digitale

Pubblicato il 31 Gen 2020

Sace e il CarrerGPs
“Vuole sapere i numeri dell’attività del Difensore civico per il digitale nel biennio 2018-19?”
Sì. Mi dica, avvocato Ernesto Belisario.
“Le segnalazioni da parte di cittadini e imprese per violazioni delle norme sull’innovazione della pubblica amministrazione sono state 142. Gli inadempimenti accertati 18”.
Poco più del dieci per cento, dunque. Lei che è stato uno dei primi a specializzarsi nel “diritto digitale come giudica questi dati?”.
“Sicuramente si tratta di numeri ancora poco significativi, utili però per comprendere quali sono le priorità di lavoro delle amministrazioni o e le  esigenze di cittadini e imprese. La pubblicità dell’attività del difensore civico – costituito presso Agid, Agenzia per l’Italia Digitale – è comunque importante perché aiuta tutti a comprendere che le norme sulla trasformazione digitale sono realmente cogenti e vincolanti per tutti gli uffici pubblici. Si tratta di un segnale importante  per tutte le amministrazioni (e sono molte) che non sono in regola e magari confidano nell’assenza di controlli.”
Difensore civico digitale
Così, con tutto il rispetto, il difensore civico digitale certo non corre il rischio di ammazzarsi di lavoro…
“…So che lei ama le battute…”
….anche se mi rendo pienamente conto che il numero dei ricorsi non dipende dal difensore civico.
” Non c’è dubbio che i numeri siano davvero bassi. Quello su cui è necessario riflettere è proprio il numero così esiguo di segnalazioni, dalle quali si evince la scarsa conoscenza da parte di cittadini e imprese dell’esistenza e delle competenze del difensore civico. Sono in media 71 all’anno, vale a dire poco meno di sei al mese. Rispetto ai numeri della popolazione e delle amministrazioni sono numeri davvero minimi. Nonostante le pubbliche amministrazioni siano spesso  lontane dal pieno adempimento degli obblighi in materia di digitalizzazione dei servizi, i cittadini non inviano contestazioni.”
Da cosa dipende, secondo lei? Ho una mia idea ma vorrei prima sentire la sua.
“Credo dipenda principalmente da due fattori. Il primo è legato alla scarsa consapevolezza che spesso i cittadini e le imprese hanno dei propri diritti digitali riconosciuti dalle norme (innanzitutto il Codice dell’Amministrazione Digitale). Il secondo invece, come dicevo prima,  è connesso alla scarsa conoscenza della figura del difensore civico.”
Rimedi possibili?
“In entrambi i casi è sicuramente necessario che gli attori istituzionali coinvolti lavorino affinché possa aumentare la consapevolezza degli utenti rispetto ai propri diritti e rispetto agli strumenti a loro disposizione in caso di mancato rispetto dei diritti stessi.
È necessaria anche una capillare operazione dei alfabetizzazione dei diritti digitali di cittadini e imprese e degli strumenti che già esistono per difenderli.”
Ritiene quindi che i cittadini non abbiano fiducia nel processo di trasformazione digitale della pubblica amministrazione?
“Proprio così. Ritengo che molti – pur riscontrando una lacuna del livello di digitalizzazione delle amministrazioni – scelgano di non investire tempo e fatica in una segnalazione, non credendo che questa possa davvero cambiare qualcosa. La rassegnazione è un formidabile nemico della modernizzazione della pubblica amministrazione e, più in generale, dei diritti di cittadinanza.”
Credo che lei abbia ragione. Tornando ai dati, quali sono le violazioni accertate?
“Tra le violazioni più contestate, quasi il 90% sono quelle in materia di accessibilità di siti e documenti. Le altre riguardano invece il protocollo informatico e la mancata nomina del Responsabile per la transizione al digitale.”
Immaginavo che l’accessibilità sarebbe stata in testa alla classifica, purtroppo. Per la sua esperienza, cosa possiamo fare per migliorare la situazione?
“Al netto degli interventi legislativi che prevedano sanzioni  per chi non rispetta le regole (che esistono già), il primo ambito su cui investire é legato alla necessità di  far crescere la consapevolezza e le competenze digitali del personale pubblico. Nel mio piccolo, da ottobre 2017, ho avviato un progetto che va in questa direzione: lapadigitale.it.”
Di che si tratta? Come funziona?
“LaPAdigitale.it è un progetto che curo per Maggioli e al quale tengo molto. È nato proprio con l’obiettivo di rappresentare un punto di raccolta e di  informazione costante sulla digitalizzazione della Pubblica amministrazione.  Offriamo di una serie di contenuti editoriali gratuiti –  newsletter, podcast, blog –  per fornire a dirigenti e dipendenti pubblici, ma anche ai fornitori di beni e servizi informatici della PA e ai professionisti della digitalizzazione, gli aggiornamenti necessari ad accompagnare il percorso di digitalizzazione della pubblica amministrazione.”
Il “fronte interno” è decisivo, formare il personale, aprire loro la mente è fondamentale. 
“La priorità è investire nelle competenze digitali dei dipendenti della pubblica amministrazione. Serve un piano straordinario di formazione che abbia due finalità: accelerare la rivoluzione culturale sottesa alla trasformazione digitale e consentire un uso consapevole ed efficiente degli strumenti digitali. In questo campo, il Dipartimento della funzione pubblica ha avviato un interessante progetto che occorre rendere ancora più centrale e ambizioso. Senza una formazione adeguata di chi lavora nelle amministrazioni pubbliche gli investimenti in tecnologia corrono il rischio di essere inutili.”
In conclusione, per la sua esperienza di digitale per le pubbliche amministrazioni, lei è ottimista o pessimista?
“Sono decisamente ottimista. Negli ultimi anni sono stati fatti, sicuramente, molti passi avanti sia dal punto di vista normativo che tecnologico. La recente istituzione del Ministero dell’innovazione – se ben sfruttata – può rappresentare un’ulteriore occasione. Non c’è dubbio comunque che c’è tantissimo lavoro da fare e che si tratta di un lavoro di lungo periodo, che vive di passi in avanti quotidiani, di traguardi “di tappa”, che messi insieme, possono consentire  di arrivare a vincere la corsa. Un processo complesso in cui ciascuno è chiamato a fare la sua parte.”
Traduco: come dice il proverbio, “tanti poco fanno un assai”.  Giusto?
“Giusto. Come scriveva Machado “è camminando che si fa il cammino”.

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Antonio Palmieri
Antonio Palmieri

Antonio Palmieri, fondatore e presidente di Fondazione Pensiero Solido. Sposato, due figli, milanese, interista. Dal 1988 si occupa di comunicazione, comunicazione politica, formazione, innovazione digitale e sociale. Già deputato di Forza Italia

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