SMART ROAD

Il 2020 sarà l’anno della mobilità cooperativa: dall’auto connessa pioggia di dati per sé e per gli altri

Molti degli incidenti e delle inefficienze in strada sono dovuti a scarsa comunicazione e mancato coordinamento tra i vari utenti. Secondo Abi Research, nel 2020 emergerà una mobilità più cooperativa, con 107 milioni di connected car che inizieranno a condividere dati sulle condizioni stradali. Ecco come

Pubblicato il 15 Gen 2020

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Il 2020 sarà l’anno della mobilità cooperativa tramite l’auto connessa. A sostenerlo è il Technology Trends Report 2020 di ABI Research, che identifica le principali tendenze della smart mobility e del mercato automobilistico dei prossimi mesi.

L’avvento della mobilità cooperativa

La mobilità cooperativa è possibile grazie alla continua e crescente affermazione delle auto connesse – le connected car in grado di condividere informazioni – che nel 2020 raggiungeranno la cifra di 10,46 milioni di veicoli in tutto il mondo. “La guida è un problema multi-agente: molti degli incidenti e delle inefficienze odierni sono dovuti alla scarsa comunicazione e allo scarso coordinamento tra i vari utenti della strada. Il 2020 vedrà l’avvento di forme di mobilità più cooperative, con 107 milioni di auto connesse sulla strada che inizieranno a condividere messaggi di dati sulle condizioni stradali e sul traffico. In questo modo consentiranno ad altri veicoli connessi di anticipare i pericoli e in generale contribuiranno a migliorare il flusso del traffico”, afferma Maite Bezerra, Smart Mobility & Automotive Analyst presso ABI Research.

Come funzionerà la mobilità cooperativa

La prima fase della mobilità cooperativa assumerà la forma di una comunicazione a bassa larghezza di banda e latenza attraverso la rete LTE (Long-Term Evolution) tra auto connesse e piattaforme di inserimento dati. Questo consentirà l’implementazione di applicazioni come gli avvisi di rischio ghiaccio, o dell’abbassamento del livello dell’olio nel motore, oppure l’assistenza al traffico a livello di corsia. Nel 2020 milioni di auto connesse svolgeranno una duplice azione: contribuiranno all’arricchimento dei dati di queste piattaforme e allo stesso tempo sfrutteranno i servizi abilitati dalle piattaforme stesse.

L’anno 2020 vedrà anche la prima implementazione su larga scala della tecnologia 802.11p V2X sulla Volkswagen Golf in Europa, un modello di cui in genere vengono venduti 450.000 esemplari ogni anno. Questa tecnologia consentirà comunicazioni broadcast a bassa larghezza di banda e a bassa latenza tra un numero crescente di auto connesse. L’obiettivo è sempre lo stesso: permettere di prevenire collisioni e altri episodi critici per la sicurezza delle persone.

Mobilità cooperativa: “Generare informazioni dalle quali si possono estrarre informazioni”

Come ha spiegato Fabio Pressi, CEO di InfoBlu, in questo articolo su EconomyUp, “ormai tutto è diventato un sensore, cioè un oggetto che genera informazioni e dal quale si possono estrarre informazioni. I dati sono un loop, un circolo. Vengono letti, analizzati e l’analisi serve per migliorare ulteriormente il sistema. Questo accade in tutti i settori tecnologici: il singolo oggetto sul mercato è anche un oggetto che genera informazioni. Prendiamo la smart home: il sensore per controllare la temperatura ci fornisce informazioni, ma è usato a sua volta per capire chi siamo, i nostri bisogni e per proporci ulteriori servizi. Accade anche nella mobilità, sebbene il settore dei trasporti sia caratterizzato da una complessità maggiore. (…) La tecnologia ci sta portando ad avere informazioni più complete e integrate. Non ci preoccuperemo più di sapere se in una certa zona c’è traffico, ma ci sarà chi ci suggerisce in automatico il percorso migliore personalizzato e diverso per ognuno di noi. (…) Se un operatore ha una gran quantità di informazioni sulla traffic mobility, cioè su come sta andando il traffico veicolare, è chiaro che può utilizzarle in modo più esteso. Pensiamo alla sensoristica del veicolo: la velocità del tergicristallo è già oggi un indicatore di pioggia, così come i fari anti-nebbia possono segnalare dove ci sono banchi di nebbia e contribuire così a creare una mappa estremamente precisa e in tempo reale di una determinata area a costi bassissimi”.

Il decollo della micromobilità

Un altro trend del 2020 sarà, sempre secondo l’indagine di ABI Research, la  micromobilità, che peraltro si è già ben posizionata come fenomeno emergente nel 2019. “Nel 2020 si vedrà un aumento dei diversi metodi di trasporto della micromobilità, anche se il mercato del bike sharing è crollato nel 2018″, afferma James Hodgson, Smart Mobility & Automotive Principal Analyst di ABI Research. La caduta dei grandi operatori cinesi del mercato, Mobike, Obike e Ofo, ha incoraggiato i fornitori di servizi europei e americani a ratificare i loro modelli di mercato senza ditribuirli ad un ritmo troppo aggressivo.

Il crollo dei vendors cinesi ha anche visto un aumento del numero di altre forme di trasporto utilizzate per analoghi servizi. “I metodi di micro-mobilità dei trasporti, come le e-bike e gli scooter, sono ora commercializzati soprattutto nei mercati europei e nordamericani, e si stanno dimostrando un grande successo, al punto che i fornitori intendono aumentare le dimensioni delle loro flotte.”

Per quest’anno, dunque, ABi Research prevede, nel mercato della micromobilità, l’introduzione di modalità di trasporto sempre più diverse, anche se il bike sharing potrà vantare ancora oltre 26 milioni di corse condivise nel 2020 in tutto il mondo.

Cosa non accadrà nel 2020

“A un certo punto, il 2020 sembrava il momento in cui le tendenze tecnologiche che hanno dominato la scena automobilistica negli ultimi 10 anni – elettrificazione, connettività, guida autonoma – si sarebbero armonizzate per fornire un trasporto efficiente per tutti. Non succederà nel 2020, né molto prima del 2025″ dice James Hodgson. C’erano buone ragioni per sperarlo. Le videocamere complementari Metal-Oxide-Semiconductor (CMOS) hanno reso accessibili i sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS). Il deep learning e le sempre più potenti capacità computazionali hanno reso possibile lo sviluppo dei software per i veicoli a guida autonoma (AV). Tesla ha dimostrato che la connettività significava di più per il settore automotive che per i servizi di traffico, e Uber ha fatto intravedere un futuro libero dalla proprietà diffusa dell’auto.

Nonostante ciò, il 2020 è iniziato con l’aumento delle vittime di incidenti stradali a livello mondiale, la contrazione della spesa OEM (original equipment manufacturer) per tecnologie autonome e con le attività di ride-hailing caricate di forti dubbi sulla loro effettiva redditività. La visione complessiva sul Connected, Autonomous, Shared and Electric (CASE) resta positiva. Ma si dovrà aspettare il 2025 o il 2030, sostiene ABi Research, per la transizione completa alla mobilità connessa, autonoma ed elettrificata.

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