La scorsa settimana il governo ha prodotto il Documento programmatico di bilancio con il quale ha formalizzato per la prima volta il tanto contestato piano “Italia cashless”, una serie di azioni volte ad incentivare i pagamenti elettronici nel nostro paese. Tale piano si inserisce nel più ampio quadro di lotta all’evasione fiscale, cardine strategico e principale obiettivo che si intende perseguire.
Italia cashless: le azioni proposte
Quali sono le misure previste dal Documento programmatico di bilancio per incentivare i pagamenti con moneta elettronica?
Il piano “Italia cashless” risulta si muove su due target (consumatori ed esercenti), con differenti iniziative (incentivi e obblighi).
Il piano Italia cashless per i consumatori
Lato consumatore, a partire da gennaio 2020, verrà introdotta una lotteria degli scontrini emessi in negozio, per la quale si ipotizza lo stanziamento di 70 milioni di euro. Per partecipare i cittadini dovranno comunicare il proprio codice fiscale in cassa, effettuare il pagamento e richiedere lo scontrino dell’acquisto. Per i pagamenti cashless le probabilità di vincita saranno maggiori, poiché saranno istituiti premi ed estrazioni speciali.
Sempre lato consumatore, si sta ragionando sull’istituzione di un incentivo per le spese effettuate con strumenti elettronici relative a settori considerati a maggior rischio di evasione e nei quali il contante è ancora largamente utilizzato: si guarda con particolare interesse a servizi per la casa (es. idraulici o elettricisti), al mondo della ristorazione ed ai servizi alla persona (es. parrucchieri o estetisti). La modalità di funzionamento potrebbe essere quella del cashback, ossia una restituzione sulla carta di credito del consumatore, verosimilmente alla fine dell’anno.
Gli incentivi lato consumatore saranno affiancati da una stretta sul limite massimo di utilizzo del contante: da 3.000 euro si passerà a 2.000 euro nel 2020 e 2021, con un’ulteriore riduzione a 1.000 euro negli anni successivi.
Il piano Italia cashless per negozianti e professionisti
Lato negozianti e professionisti, sarà innanzitutto introdotto un regime sanzionatorio per chi non accetta pagamenti con carta dai consumatori. Dal 2013 esiste già l’obbligo di detenere un POS e accettare le transazioni cashless, ma non vi è alcuna sanzione in caso di violazione della norma. Con la nuova finanziaria, si prevede una multa di 30 euro + 4% del valore della transazione per la quale non è stato accettato il pagamento elettronico.
Non è chiaro invece se verranno imposti dei limiti per le commissioni applicate dalle banche sulle transazioni con carta, anche se il premier Giuseppe Conte ha dichiarato che il governo sta lavorando affinché vi sia una riduzione drastica di tali costi che gravano sugli esercenti e che ostacolano quindi l’accettazione di moneta elettronica da parte di essi.
La situazione dei pagamenti in Italia
Il contante rimane lo strumento di pagamento preferito dagli italiani: nel 2017 pesa il 52% dei 654 miliardi di euro di totale transato per consumi, per un valore di 337 miliardi di euro. Il valore dello scontrino medio di 16 euro, modesto se confrontato con i circa 60 euro dello scontrino medio dei pagamenti con carta, indica chiaramente che il contante viene utilizzato per le spese più frequenti, quotidiane e di importo più basso.
Il ritardo dell’Italia è dimostrato dai numeri recentemente pubblicati dalla BCE. Gli italiani non utilizzano ancora le carte di pagamento al livello delle proprie controparti europee, nonostante l’Italia, insieme alla Grecia, abbia la più alta diffusione di terminali POS (circa 52 mila per milione di abitanti). Il nostro Paese, infatti, seppur con una crescita dei pagamenti con carta pro-capite del 16% rispetto al 2017, risulta ancora uno dei fanalini di coda tra i 27 paesi dell’Unione Europea: si parla di circa 65 pagamenti all’anno a testa, che ci valgono solo il 23° posto (di 27), proprio come lo scorso anno. E la situazione non sembra migliorare se pensiamo che chi ci sta dietro viaggia a tutt’altra velocità: la Romania cresce del 39%, la Grecia del 27% e la Bulgaria del 26%. L’unica consolazione è quella di rimanere a braccetto della Germania, paese però che ha una grossa fetta di pagamenti effettuati direttamente da home banking e da bonifico, e nel quale il contante è comunque usato molto meno che in Italia. Il gap con i Paesi più sviluppati in termini di pagamenti digitali è enorme. Nei Paesi scandinavi dell’Unione (Danimarca, Svezia e Finlandia), oltre ad essere molto in auge alcuni servizi di Mobile Payment locali come Swish e MobilePay, la carta è utilizzata quotidianamente, con un numero di transazioni annuali pro-capite che si aggira intorno ai 350 con una crescita rispetto al 2017 del “solo” 4%, che dimostra come i pagamenti digitali siano ormai diventati pervasivi nella vita delle persone.
Italia cashless: gli obiettivi di modernizzazione e lotta all’evasione
La spinta politica verso “Italia cashless” è finalmente un segnale positivo che può avere importanti effetti sia sul livello di modernità del nostro Paese sia sul contrasto all’evasione fiscale, un problema ormai radicato nel tessuto socio-economico e affrontato sempre con troppa timidezza dalle azioni politiche degli ultimi anni.
I pagamenti digitali sono un fattore in grado di abilitare servizi digitali e innovativi. I pagamenti digitali consentono di effettuare acquisti online, di pagare il parcheggio a distanza o l’autostrada senza fermarsi al casello e di accedere a servizi innovativi come il car sharing o il bike sharing.
Sebbene la letteratura in merito sia ancora esigua, dove vi è molto contante vi è maggior evasione fiscale: secondo le stime dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano svolte in collaborazione con Agenzia delle Entrate, nel 2016 il transato dei consumatori italiani evaso da parte degli esercenti (sul quale quindi non è stata versata l’IVA e tutte le altre tasse) valeva tra i 120 e i 150 miliardi di euro, per un mancato gettito per le casse dello Stato italiano di circa 27 miliardi di euro. Tale evasione è imputabile principalmente alla quota di transato effettuata in contanti: 1 euro su 3 viene evaso quando è pagato con carta moneta, contro 1 euro su 8 di evaso relativo ai pagamenti con carta. I 27 miliardi di mancato gettito vedono quindi il contante responsabile della quota maggiore, pari a 24 miliardi di euro, contro i 3 miliardi di euro relativi al transato elettronico.
Le strategie cashless nel mondo
L’Italia non è il primo Paese a proporre incentivi di Governo per i pagamenti elettronici. Sono moltissimi i Paesi che hanno lavorato in questa direzione: Svezia, Paesi Bassi, Sud Corea, Grecia, Portogallo, etc.
Sul tema della lotteria hanno lavorato Portogallo, Slovacchia, Croazia, Grecia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Malta, Lituania, Polonia, Slovenia e Romania.
Sul tema degli incentivi hanno intrapreso azioni Portogallo, Grecia, Bulgaria, Corea del Sud, Uruguay e Colombia.
Nella maggior parte dei casi i piani sono stati continuativi e di lungo termine indipendentemente dall’alternanza politica dei governi. In Paesi come la Svezia, dove gli strumenti elettronici erano già ampiamente utilizzati, tali iniziative si sono poste l’obiettivo di consolidare le buone pratiche e avvicinare lo Stato verso una vera e propria cashless society. In Paesi come la Grecia, dove gli strumenti elettronici erano poco utilizzati, si pongono l’obiettivo di accelerare la crescita e colmare il gap. Rimane tutto da dimostrare ancora se tali iniziative stanno realmente incidendo sull’evasione fiscale, tuttavia questi Paesi stanno monitorando alcuni indicatori e pubblicando i primi risultati.
Italia cashless, alcune considerazioni
Azioni decise verso un paese cashless possono cambiare le abitudini di pagamento dei consumatori italiani e aiutare al recupero del gettito fiscale perso: la possibilità di tracciare le transazioni e di collegare le movimentazioni a un soggetto specifico rappresentano un forte deterrente per chi vuole fare nero.
Dall’altra parte però, l’introduzione di limiti e obblighi non rappresenta da sola un ostacolo efficace per chi vuole evadere: la possibilità di aggirare i controlli e la lentezza degli iter processuali rappresentano grosse debolezze del nostro sistema giuridico sulle quali gli evasori fanno spesso affidamento.
L’efficacia della manovra quindi dipende essenzialmente dall’azione congiunta delle diverse iniziative previste. Una manovra parziale che rinunci ad agire su tutti i soggetti coinvolti, dai consumatori agli esercenti, dalle Pubbliche Amministrazioni all’Agenzia delle Entrate e gli altri enti preposti ai controlli, rischierebbe di rappresentare un costo inutile ed infruttuoso: un costo che oggi il nostro paese non può e non deve permettersi di sostenere, a fronte dell’arretratezza che stiamo accumulando rispetto al resto dell’Europa.