“Accessibilità digitale: il nuovo governo batta un colpo”. Incontro con Roberto Scano

“Serve una alfabetizzazione spinta nelle amministrazioni”, dice il presidente IWA. “L’accessibilità digitale è una questione culturale”. E lancia una proposta concreta: “inserire dichiarazioni di conformità nel mercato elettronico, in modo che la PA sappia che cosa sta comprando”

Pubblicato il 20 Set 2019

scano
Accessibilità digitale: che cosa aspettarsi dal nuovo Governo? Ne parlo con Roberto Scano, presidente IWA, il maggior esperto italiano sul tema, che comincia così: “Non conosco personalmente la ministra dell’innovazione Pisano, quindi non posso dare alcun parere sulle sue capacità, ma ho sempre pensato che l’innovazione debba essere qualcosa di trasversale, presente in tutti i ministeri.”

Allora che il nuovo governo abbia rimesso il ministero dell’innovazione per te non è una buona notizia?
“Un ministro dedicato dovrebbe avere la possibilità di incidere in modo puntuale sulle azioni degli altri ministri, aiutando a riportare la barra di navigazione sulla retta via in caso di iniziative “non innovative”. Non è un lavoro facile.”

Comunque, che cosa dovrebbe fare la ministra Pisano nei suoi primi, fatidici, cento giorni?
“Leggo decine di suggerimenti alla ministra, ma penso che se le hanno assegnato questa carica saprà bene cosa deve fare. Io posso solo dare un suggerimento sul tema accessibilità digitale. Serve una alfabetizzazione spinta nelle amministrazioni, azione prevista tra l’altro dall’aggiornamento della legge Stanca.”

Questo tuo suggerimento mi conferma che, come diciamo dal 2002, l’accessibilità digitale è un tema prima di tutto culturale, di conoscenza.
“Esatto! Ti faccio un esempio. Il Codice della amministrazione digitale sancisce che il documento digitale prodotto dalla pubblica amministrazione deve essere accessibile e invece ancora oggi abbiamo pubbliche amministrazioni che a ogni livello continuano a produrre documenti scansionati. Questo quindi chiedo, solo questo: che si prenda carico di garantire che la PA nel suo insieme lavori in modo inclusivo. Per dirne una: é umiliante che un referto medico scansionato o non accessibile obblighi una persona non vedente a chiedere ad una terza persona di leggere la propria diagnosi”

In tema di accessibilità, cosa possiamo chiedere in generale al nuovo governo?
“Il tema è scottante. Il premier ha deciso di tenere per sé le deleghe in materia anziché affidarle ad un sottosegretario che lo supportasse con specifiche conoscenze e competenze. L’accessibilità, sia ben chiaro, riguarda tutte le attività. Non vi possono essere iniziative nel campo – ad esempio – della mobilità, della cultura, del turismo, dell’istruzione o della pubblica amministrazione che non contemplino l’inclusione di tutti i potenziali utenti, a prescindere dalle loro “abilità”.

Come possiamo promuovere questo comportamento?
“Una proposta per partire. La nuova versione della legge Stanca sull’accessibilità garantisce il principio per cui tutti gli acquisti della PA in ambito ICT devono essere accessibili, con sole poche deroghe. Iniziamo, ad esempio, ad inserire delle dichiarazioni di conformità nel mercato elettronico, in modo che la pubblica amministrazione sappia cosa sta acquistando e non si ritrovi mesi dopo a dover sostituire prodotti e servizi in quanto inadeguati alle esigenze di tutti i cittadini.”

Per te che partecipi anche ai tavoli internazionali nella stesura delle regole in materia, cosa ci attende nell’immediato futuro?
“Abbiamo alle porte l’accessibility ACT, ossia l’obbligo di garantire che la digitalizzazione dei servizi e dei prodotti sia inclusiva e non esclusiva. Pertanto è ora di iniziare a comprendere che l’accessibilità non deve essere un “plus” ma è un requisito essenziale sin dalla progettazione di prodotti e servizi.

In altre nazioni l’hanno capito. Noi invece, che siamo stati nel 2004 i primi in Europa ad avere una legge in materia, siamo ancora indietro.
“Sì! In Italia si chiede ancora quali siano le sanzioni in caso di non applicazione di una norma. Ricordo che con la legge 67/2006 chiunque si senta discriminato da atti, comportamenti (anche involontari), prodotti o servizi può rivolgersi al giudice monocratico, che interverrà tempestivamente per la rimozione del problema e per l’eventuale indennizzo della persona con disabilità. Serve una linea dura contro le discriminazioni, a partire dal digitale progettato male. Oramai siamo nel 2020, non abbiamo più tempo da perdere.”.

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