Open innovation, come fare SmartAgrifood con le startup

Connessione, cybersecurity e strumenti digitali: è la miscela proposta da Cisco Italia per portare Internet of Things e wearable device nell’industria agro-alimentare. «Offriamo servizi ma cogliamo anche gli stimoli che arrivano da acceleratori, hub, incubatori e sviluppatori», spiega Michele Festuccia

Pubblicato il 29 Mag 2017

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Michele Festuccia, responsabile dei progetti per l'agroalimentare nel piano Digitaliani di Cisco Italia

Open innovation e collaborazione con le startup possono giocare un ruolo importantissimo nello sviluppo dello SmartAgrifood. A dirlo in questa intervista a Internet4Things è Michele Festuccia, rispettivamente direttore dell’ingegneria e responsabile dei progetti rivolti al settore agroalimentare nel piano Digitaliani di Cisco Italia.

Lo SmartAgrifood, ricorda il manager, significa in concreto rendere collegabili sensori, Internet of Things, apparati e wearable nel campo della zootecnia e apparati ad esempio per l‘irrigazione intelligente o per il monitoraggio di piante, per il controllo delle condizioni ambientali, per la verifica della posizione lo studio e l’analisi del comportamento degli animali.

Cisco è direttamente impegnata nell’Agrifood, affiancando l’industria alimentare nel percorso intrapreso da tempo nell’ambito della tecnologia e del digitale. Questo perché, per qualsiasi tecnologia che viene utilizzata dall’imprenditore agricolo, la base di partenza è rappresentata dalla capacità di connessione e dalla sicurezza della connessione (dalla quale deriva l’importanza della cybersecurity). Qui entra in gioco la multinazionale statunitense dell’Information Technology (IT), in grado di garantire specifica innovazione sia negli ambiti del food, sia sull’Industria 4.0.

L’attività di Cisco punta ad essere “open”, ovvero si realizza anche attraverso la collaborazione con realtà innovative esterne all’azienda, come spiega Michele Festuccia: “Cisco si muove su due ambiti: da una parte punta a creare le condizioni per far sviluppare questi processi portando innovazione e sostenendo l’innovazione di nuovi attori con startup e open innovation, dall’altro mette a disposizione una proposta tecnologia e una offering con una verticalizzazione spinta ad alta specializzazione”.

Ma qual è l’approccio di Cisco all’open innovation nell’Agrifood? “Si sviluppa – spiega il dirigente – con lo stesso approccio con cui le aziende consolidano il portafoglio prodotti esistente e investono in ricerca e sviluppo per generare nuovi prodotti e per rinnovare l’offerta. Con la stessa modalità – precisa Festuccia – cerchiamo di seguire quei canali che permettono di creare innovazione, come acceleratori, hub, incubatori e cerchiamo di sostenere gli sviluppatori nel settore dell’agroalimentare”.

Le attività di open innovation di Cisco sull’agrifood corrono su un doppio binario. “Da una parte – spiega Festuccia – siamo interessati ai processi di innovazione sia a livello di procedure e metodologie sia a livello di prodotto vero e proprio. Per esempio ci stiamo concentrando su nuove tecniche di produzione agricola o nuove “cultivar”. Dall’altra parte guardiamo al filone dell’innovazione digitale applicata alla produzione agricola o zootecnica, per sviluppare un sistema a controllo numerico, per l’automazione e la programmabilità delle filiere”.

Festuccia rimarca che, per queste attività Cisco si confronta con tutti gli stakeholder, dai tecnici del mondo delle scienze agricole e zootecniche a coloro che fanno sviluppo digitale nella parte della filiera food più sbilanciata sul consumatore, ad esempio a livello di marketing, supporto al retail, o nella creazione di sentiment analysis, ovvero su tutti gli strumenti che servono per trasformare la produzione in business.

L’Italia, però, sembra ancora indietro sul fronte della digitalizzazione e automazione del settore agricolo e alimentare. Festuccia ne elenca i principali motivi: le tante imprese agricole di piccole dimensioni a conduzione familiare che spesso fanno fatica a permettersi investimenti in tecnologie; un mercato interno molto evoluto dal punto di vista della cultura e conoscenza dei prodotti, che quindi sente meno il bisogno di investire in comunicazione; la concorrenza dei mercati in via di evoluzione che hanno bisogno del digitale per accreditare le proprie produzioni verso l’industria di trasformazione, mentre i mercati maturi vogliono il digitale per raccontare il prodotto finito. “Eppure – conclude Festuccia – l’Italia è il terreno ideale per fare innovazione nell’agrifood a tutti i livelli, anche se ancora non è un mercato forte in termini di numeri”.

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