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2018, l’anno di Starbucks in Italia: un modello di omnicanalità che va oltre il caffé

Quest’anno Starbucks ha aperto 4 locali a Milano, nel 2019 conta di arrivare a Roma e poi in altre grandi città italiane. Il colosso americano del Frappuccino temeva la concorrenza dei bar e le esigenze della clientela, ma ora ha deciso di lanciarsi nel nostro mercato. Come? Con una strategia che mescola online e offline

Pubblicato il 17 Dic 2018

starbucks

Starbucks, la grande catena internazionale con sede a Seattle specializzata nella ristorazione, è sbarcata per la prima volta in Italia nel 2018 con alcuni locali a Milano. Il gruppo fondato da Howard Schultz nel 1983 ha conquistato un territorio ancora inesplorato (e per certi versi temuto) grazie anche all’omnicanalità, di cui è uno degli esempi più interessanti. Si tratta della strategia attraverso la quale l’utente può non solo interagire con l’azienda con una molteplicità di opzioni, ma anche vivere la medesima esperienza su tutti i touchpoint e non incappare in interruzioni nel percorso dall’uno all’altro.

Negozi del futuro, che cos’è la omnicanalità e perché è strategica per il retail

La Starbucks Rewards App (potremmo chiamarla carta fedeltà) è uno dei migliori esempi di esperienza omnichannel. Vediamo dunque come il colosso internazionale è approdato in Italia e quali sono i suoi strumenti e le tecnologie con cui ha intenzione di penetrare efficacemente nel nostro mercato.

2018: STARBUCKS IN ITALIA

Sono già almeno quattro i negozi Starbucks aperti in Italia, per ora tutti a Milano. La prima apertura è stata la Reserve Roastery (torrefazione) di piazza Cordusio, poi la caffetteria in corso Garibaldi, quindi il locale di piazza San Babila, all’angolo con via Durini, e il punto vendita al Terminal 1 di Malpensa.  A inizio 2019 Starbucks arriverà anche in Stazione Centrale. In tutto, nel capoluogo lombardo, dovrebbero spalancare i battenti tra i 10 e i 12 nuovi Starbucks. Nel secondo semestre 2019 sono previste le prime inaugurazioni a Roma.  L’obiettivo a lungo termine è aprire tra i 10 e i 15 punti vendita all’anno nella maggiori città italiane (Roma, Venezia, Bologna, Firenze, Verona,Torino), ma a Milano l’obiettivo dichiarato è superare le 20 unità.

Finora l’Italia era stata una sorta di tabù per Starbucks, che vanta 29mila caffetterie in tutto il mondo. La multinazionale temeva la concorrenza dei bar tradizionali e le esigenze dei consumatori italiani. Eppure proprio dall’Italia era venuta l’idea di business: durante un viaggio a Milano nel 1983 Howard Schultz, l’amministratore delegato, si innamora dei bar italiani, del loro caffè e del senso di comunità che riescono a trasmettere, e decide di riproporli negli Usa, seppure “riletti” in chiave americana.

Il debutto di Starbucks in Italia avviene dopo aver contattato il partner italiano, l’azienda bergamasca Percassi, e attraverso un format diverso: la Reserve Roastery, una sorta di cattedrale del caffè.  Con i suoi oltre 2.400 metri quadrati, è nel suo genere il locale più grande d’Europa ma, pur avendo il marchio Starbucks, non si tratta della versione tradizionale: nel menu non è previsto il celebre Frappuccino né le tazze (iconiche) verdi e bianche.

LA DISRUPTION DI STARBUCKS NON È NEL CAFFÈ

Non è facile ammetterlo per i “puristi del caffè” italiani, ma Starbucks è riuscito a portare la rivoluzione in questo business partendo da un prodotto che veniva confezionato e servito in modo tradizionale da secoli e modificandolo attraverso l’esperienza dello store e delle nuove tecnologie. Il principale ingrediente di questa rivoluzione è stata la perfetta sintesi tra strategia offline e online. Come è stata sviluppata?

La location: comoda e ospitale

La filosofia di Starbucks è sempre stata quella di far sentire il cliente come a casa propria. Nei locali non ci sono sedie, ma poltrone e divani, il nome del cliente è scritto sul bicchiere alla cassa, il wi-fi è libero e gratuito per i consumatori, che possono restare all’interno tutto il tempo che desiderano.

La mobile experience: Starbucks è la prima app di pagamento negli Usa

Starbucks è in grado di offrire una straordinaria mobile experience. La sua applicazione Starbucks Coffe Company per Android e iOs può essere utilizzata per pagare, per cercare altri locali Starbucks nelle vicinanze e per verificare lo stato del proprio programma fedeltà (vedi sotto). L’applicazione genera circa 6 milioni di vendite al mese, il 22% di tutte le vendite negli Stati Uniti per quanto riguarda il franchising. Starbucks è leader (anche) nei pagamenti digitali negli Usa al punto che supera perfino Apple Pay per numero di utenti. I consumatori di età pari o superiore a 14 anni hanno effettuato almeno un pagamento dall’app mobile di Starbucks negli ultimi sei mesi e, entro il 2018, la quota sarà intorno ai 23,4 milioni di utenti. Apple Pay, invece, sarà usato entro l’anno da circa 22 milioni di persone. Seguono, in questa classifica, Google Pay e Samsung Pay rispettivamente con 11,1 milioni e 9,9 milioni di utenti. Nel 2017 Starbucks ha stretto una partnership con WeChat Cina per consentire agli utenti di pagare attraverso l’estensione WeChat Pay e ricevere premi fedeltà e social gift se si è membri del clan Starbucks.

IL PROGRAMMA DI FIDELIZZAZIONE

Starbucks Rewards è considerato uno dei migliori programmi di fidelizzazione nel mondo del retail ed è diventato uno dei driver principali per l’aumento delle entrate: i clienti non sono fedeli solo al brand, ma anche al programma a premi. Quali sono i segreti di questo successo? Tramite l’app ci si può iscrivere, per ora non in Italia, al My Starbucks Rewards, un programma fedeltà che premia l’utente con una stella d’oro ogni volta che acquista un prodotto Starbucks. I premi sono organizzati in tre livelli: livello di benvenuto con buoni di compleanno e offerte personalizzate via mail, livello verde con ricariche gratuite per bevande nello store e livello oro con consumazioni gratis e gold card personalizzata. Starbucks ha poi ampliato la portata del suo programma fedeltà con l’introduzione di punti per gli acquisti anche fuori dai punti vendita. Tazze, caffè in grani, tè – in pratica qualsiasi acquisto effettuato in qualsiasi forma dei prodotti a marchio – dà diritto a punti e ogni acquisto trova così una motivazione aggiuntiva.

All’inizio il cliente ottiene la carta, da usare ogni volta che fa un acquisto, ma, a differenza dei tradizionali programmi fedeltà, Starbucks ha reso possibile il controllo e la ricarica della carta via telefono, sito Internet o attraverso l’app dedicata. Qualsiasi cambiamento avvenga nella carta o nel profilo dell’utente, viene aggiornato su tutti questi canali in tempo reale. È questa l’implementazione concreta della omnicanalità.

REALTÀ AUMENTATA

Alla riscoperta della tradizione Starbucks unisce l’innovazione tecnologica, per esempio nell’uso della realtà aumentata. A rendere unica la Roastery milanese è la parete lunga 18 metri posta attorno all’ingresso, una rappresentazione visiva a tutto campo della storia di Starbucks e del suo caffè, che mostra una particolare mappa del globo, incisa nell’ottone da artigiani locali. La parete offre l’opportunità di accedere ad una esperienza di Realtà Aumentata che permette agli ospiti di puntare il proprio telefono cellulare verso l’immagine per approfondire la storia dell’azienda. Sviluppata da Think Digital unit della Think Cattleya sotto la supervisione artistica di Accurat, l’app sfrutta la tecnologia della Realtà Aumentata e permette all’utente di esplorare una serie di contenuti in maniera interattiva immergendosi in una vera e propria experience: puntando la camera del proprio cellulare sulla parete, il visitatore ha così accesso ad un vero e proprio viaggio alla scoperta del brand Starbucks, della sua storia, dell’arte e della scienza del caffè e le miscele prodotte nonché una serie di curiosità legate alla Roastery di Milano. L’app è scaricabile da App Store e Play store per iOS e Android.

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Luciana Maci
Luciana Maci

Giornalista professionista dal 1999, scrivo di innovazione, economia digitale, digital transformation e di come sta cambiando il mondo con le nuove tecnologie. Sono dal 2013 in Digital360 Group, prima in CorCom, poi in EconomyUp. In passato ho partecipato al primo esperimento di giornalismo collaborativo online in Italia (Misna).

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